Alle 15,17 del 6 agosto 1945 il capitano Parsons lancia su Hiroshima la prima bomba atomica della storia. Il 9 agosto successivo alle 11,1 è il maggiore Sweney a replicare l’operazione sul cielo di Nagasaki. È il più grande massacro perpetrato ai danni di una popolazione civile vittima dei bombardamenti: 85.196 vittime raccolte tra le macerie di edifici, decine di migliaia, polverizzati dagli effetti d’urto e calore combinati. I due piloti certamente avrebbero realizzato più tardi che i loro lanci sarebbero diventati una data spartiacque nella cronologia delle ere terrestri. Bisognava attendere altre due o tre generazioni per valutare del tutto le conseguenze dei due bombardamenti: le particelle gamma, le più penetranti che s’irradiano dopo le esplosioni nucleari, avrebbero provocato lesioni terribili agli organi dei sopravvissuti e il loro effetto sarebbe continuato per anni, non escludendo i discendenti. Non è più il caso di ritornare alle considerazioni strategiche o politiche di quelle due azioni belliche spaventosamente uniche nella storia dell’uomo: troppo è stato scritto e detto in tutto il mondo.
Doveroso invece ricordare la frase di Hiroito pronunciata la notte successiva il secondo attacco atomico “è giunto il momento di sopportare l’insopportabile!”. Una frase rivolta al suo popolo in ginocchio ma che è ancora un ammonimento per tutta l’umanità cosciente, per tutte le colombe svolazzanti atterrite fra i falchi al potere. L’ha ripetuta l’ebreo di Auschwitz, le inermi popolazioni slave, continua a ripeterla il negro d’Africa. Continuerà a ripeterla ancora chi vuole pane e pace – ma avrà in cambio carestia, inquinamento e guerre – miseramente scacciati dalle terre ove speravano di ritrovarli, a costo della propria vita, almeno per i figli.
(Ferruccio Gemmellaro, Meolo 6 agosto 2015)