Titolo originale: The Great Gatsby
Nazione: Stati Uniti, Australia
Genere: drammatico
INVADE le sale in 2D e 3D l’atteso lavoro di Luhrmann, quarta trasposizione dell’omonimo libro di Francis Scott Fitzgerald. Al centro la star Leonardo DiCaprio, spalleggiato dall’emancipato (da Spider-Man) Tobey Maguire.
DiCaprio è Jay Gatsby, misterioso miliardario che non lesina nell’ostentazione della propria ricchezza con sontuose feste nell’immensa dimora. Dietro il suo freddo potere si cela un segreto.
La trasposizione moderna, con accompagnamenti sonori dell’epoca ibridati con rap e melodie contemporanee, insospettisce subito, ma non costituisce reato a prescindere. Il tentativo è plausibile e coraggioso ma delicato, richiedendo una mano intelligente che sappia giustificare una scelta così azzardata. Luhrmann, purtroppo, non è un illuminato e sembra vivere nella perenne convinzione di star girando un musical con gli stessi soldi del protagonista del suo film. E così gioca a fare il Gatsby di Hollywood senza ritegno e, forse, senza neanche il nobile scopo del vero Gatsby, Luhrmann trainato solo da un botteghino che non si sa quanto clemente sarà con questo lavoro. Già, perché si farebbe seriamente fatica a credere questa volta che un prodotto di così bassa lega possa riuscire a farsi strada oltre la prima settimana di proiezione evitando un prevedibile condannante passaparola.
No, DiCaprio non c’entra.
Le performance dell’ottimo attore restano quelle già note, ma poco poteva contro un ruolo gracilmente definito da una sceneggiatura incapace di rifinire psicologie. E lo stesso dicasi per gli altri personaggi, marionette di cartapesta senza spessore, statuine ben vestite ai limiti del kitsch.
Servono altri aggettivi per definire questa baracconata?
Sontuoso, assordante, cafone, patinato, invadente, supponente, commerciale.
Il grande Gatsby di Luhrmann coincide nella forma con le feste rappresentate nella pellicola, e nel contenuto con il loro spreco offensivo. E proprio come accade nel film, quando tutti vanno via, a fine proiezione sembrano restare solo bottiglie vuote di champagne a galleggiare nella piscina.
E molta, tanta solitudine.
Valutazione: 3/10
Spoiler: 6/10
altreVisioni
Kinski, il mio nemico più caro, W. Herzog (1999) – intimo documentario di confessione e racconto del bizzarro rapporto tra Herzog e Kinski. Toccante * 7
Come un tuono, D. Cianfrance (2012) – ambizioso lavoro a cavallo tra il corale e il cinema di formazione, narrato attraverso vite sporche o perdute. A suo modo un noir * 6.5
L’industriale, G. Montaldo (2011) – fiacca storia, presuntuosa nella forma, affossata da una sceneggiatura che non cura i personaggi e le atmosfere. Interpreti un po’ calcati * 4
In Stato d’osservazione
No, P. Larrain (2012) – drammatico, dal regista di Tony Manero * 9mag
La grande bellezza, P. Sorrentino (2013) – drammatico, Cannes 2013 * 23mag
Solo Dio Perdona, N. W. Refm (2013) – drammatico, Cannes 2013 * 30mag
The Bay, B. Levinson (2013) – fantascienza * 6giu
Complimenti Alessandro!
Come al solito le tue recensioni sono impeccabili e trovo sia degna di nota la tua ampia conoscenza nel campo cinematografico.
Angela
Non avresti potuto descriverlo meglio. Una grande delusione che ti lascia l’amaro in bocca, soprattutto se hai amato il romanzo.
E’ evidente, Alessandro, la tua appassionata, elegante perizia 😉
Chapeau!!!
PS: Magari il Barocco a ben guardare(e diversamente da questo film), un fondo d’anima l’aveva pure.
Un saluto
GG