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AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
25 Settembre 2010
Cultura //
Omar Di Monopoli, La legge di Fonzi, ISBN, 2010

FOGGIA – LA LEGGE DI OMAR – DICIAMOLO subito: Omar Di Monopoli è un genio. Con quella fissa per Faulkner, quell’aria trasandata, quella sua scrittura barocca più prolifica di un dizionario di sinonimi e contrari. Per chi ha letto “Uomini e cani” ed ha pensato ad una meteora. Per chi ha spolpato “Ferro e fuoco” ed ha ritenuto che, in fondo in fondo, anche Paganini, una volta sola, nella sua vita, si sarà pur ripetuto. Per tutti loro, “La legge di Fonzi” è la risposta più pura, netta e fottutamente sporca che ci potesse essere. Il nuovo libro del trentanovenne autore di Manduria ha chiuso la trilogia western partita quattro anni fa. “Orecchiette western”, si potrebbero tutti definire. Con la sua scrittura di genere, Omar Di Monopoli non ha (gioco di parole più che voluto) inventato un genere. L’ha semplicemente applicato all’unica entità geografica italiana dove indiani e cow boy non sfigurerebbero: la Puglia.

IL SALENTO – Questa volta torna in Salento, in un piccolo paese tanto inventato quanto possibile: Monte Svevo. Per stessa ammissione dell’autore, “epitome di tutti i paeselli invisibili” che puntellano la regione. E lo popola di un’antropologia rustica, esacerbandone i vizi fino, talora, a ridicolizzarli, a fumettizzarli. I protagonisti de “La legge di Fonzi” sono la copia fotostatica di quello cui i pugliesi anelano e che non possono essere, sputata concretizzazione di una morfologia affermatasi come antonomasia. Un po’ “Aspettando Godot”, un po’ “Mezzogiorno di fuoco”, è “La legge di Fonzi”. Sullo sfondo di una Puglia a colori si srotola la vicenda di un paese in cui è atteso il ritorno di Nando Pentecoste, alias Manicomio, ex boss della Sacra Corona Unita. Con sé, Manicomio ha portato via, in prigione, tutti i segreti di una comunità collusa fino al midollo con la malavita, che sul malaffare ha incentrato potere e (quel poco) di ricchezza ma che altro non è che una sommatoria arida di omuncoli. Tutti, adesso, intenti ad aspettarlo. Una cricca di disonesti, gretti, ignoranti, spietati prosecutori di una mentalità retrograda. Di Monopoli ne fa degli emblemi, li erge ad esempi. Crea attorno a loro e su di loro una simbologia archetipica: lo sfasciacarrozze, il ladruncolo, i bulli di paese, il boss ed il suo codazzo, l’ingegnere, la “maciara”, la gioventù spenta ed arresa, i politici corrotti, il prete di paese. L’autore ci gioca, li plasma, li muove. Li rende umani e spietati a suo piacimento, gli dà vizi (tanti) e virtù (poche, pochissime, quasi nessuna).

NESSUNA SPERANZA – Ma sfugge, Di Monopoli, alla retorica della speranza. Le sue creature non ne hanno. Se sbagliano non hanno possibilità di redenzione. È il sistema che non lo permette. E, per conto suo, lui, l’autore, resiste alla tentazione di disegnare per ognuna di loro una via di fuga; e non le illude circondandole di un ambiente più amichevole. Al contrario, sono sospese in un contesto ostico, di perenne controra. I richiami sono quelli della letteratura di genere del Sud degli Stati Uniti, vero. Ma è impossibile non ravvisare traccia dell’avversità contestuale dei luoghi di Garcia Marquez. Il caldo permanente, il frullare dello scirocco che spazza e brucia e affanna gli uomini come formiche caotiche al di sotto di un’enorme lente impugnata da Dio. C’è tutta l’afa dell’estate salentina, nelle pagine di Omar Di Monopoli, la cattiveria rabbiosa di un calore senza uscita. C’è il Salento crudo, il Salento altro, il Salento dialetto e pistole. Quello dove non si balla e non si canta. Quello dove non si beve vino per frullare ancor più vorticosamente al ritmo di una consunta pizzica, dove non si contano i giorni di mare, ma quelli che mancano acchè si plachi la bocca infuocata della stagione secca. Il Salento western. Dove però non ci sono i buoni che arrivano a salvare gli assediati, ma solo tanti, tanti cattivi. Ulivi in vece dei cactus, bar in vece dei saloon, biliardo in vece di poker, muretti a secco in vece delle staccionate dei ranch, pecore e cani in vece di bufali e cavalli.
Da leggere. Tutto insieme, tutto d’un fiato. E da consigliare a tutti, regalare, far girare. (Piero Ferrante)

OMAR DI MONOPOLI, LA LEGGE DI FONZI, ISBN, 2010
Giudizio 4.5 / 5

Rani Manicka, I fiori del tempio, Mondadori



I FIORI DEL TEMPIO – I fiori del tempio, a cui si fa riferimento nel titolo, sono i protagonisti di questa storia di perdizione: le gemelle balinesi Nutan e Zeenat, il pittore Anis, la misteriosa Elisabeth, la prostituta Maggie e altri ancora. Il tempio è un locale, dedicato a una dea, eretto per condurvi le anime perdute in cambio di potere e ricchezza. Il proprietario, autore del patto stretto con la dea, è il decadente Ricky, un uomo condannato a “distruggere” ciò che lo circonda. “I fiori del tempio” è un romanzo ambizioso, riuscito solo in parte. L’impressione è che ci sia troppa carne al fuoco: si parte con belle pagine impostate sul realismo magico, in stile sudamericano, per virare poi al dramma più scontato, e arenarsi infine nel banale binomio sesso e droga (manca il rock, qui). La parte più bella è quella iniziale, ambientata a Bali.



LA SVOLTA – Quando le sorelle si trasferiscono a Londra inizia un romanzo diverso, opaco e forzatamente nero, intriso di pessimismo. I personaggi sono archetipici: la prostituta, la nonna “strega”, l’artista irrisolto, le simbiotiche gemelle, la donna misteriosa, l’uomo ricco e potente ma dannato. Manca la novità, il lampo di genio che avrebbe potuto innalzare il valore dell’opera. Unico guizzo degno di nota la presenza dell’autrice nel racconto, in un interessante cameo che inizialmente può sorprendere il lettore. Da apprezzare la facilità con cui l’autrice intesse storie e racconti legati tra loro a formare, alla fine, un corpo unitario. Altro merito è la descrizione non ordinaria di una realtà locale come quella siciliana, che denota se non altro studio e preparazione da parte dell’autrice. Non mancano, nel romanzo, pagine coinvolgenti e momenti carichi d’emozione, come non manca la noia che di tanto in tanto s’affaccia nelle reiterate descrizioni di “sballi” e tormenti vari. Il racconto de “I fiori del tempio” è corale, a turno i protagonisti prendono la parola e narrano una parte della storia, ciascuno con il suo linguaggio e il suo punto di vista. Scrive Rani Manicka: “Dobbiamo scoprire la Bellezza che, caduta in errore, ha ceduto alla tentazione ed è rimasta nuda e senza amici, eppure resiste, perché un solo sguardo di ammirazione da parte vostra potrà sollevarla dalle ceneri dell’abiezione”. E’ una chiave di lettura possibile. L’opera nasconde, però, anche una critica troppo feroce all’Occidente e ai mali inevitabili del benessere.

LA TRAMA – Le sorelle Nutan e Zeenat conducono un’esistenza serena nell’isola di Bali, sotto la protezione della nonna Nenek, che tutti al villaggio considerano una strega. Alla morte della madre le ragazze sono costrette però a partire per Londra. Qui è subito chiaro che le loro vite non saranno più le stesse. E quando, per caso, incontrano il ricco e affascinante italiano Ricky, inizia una vertiginosa discesa agli inferi che le accomunerà agli altri personaggi che orbitano intorno all’uomo. Riuscirà, qualcuno di loro, a venirne fuori e salvarsi?



L’AUTRICE – Rani Manicka è nata e cresciuta in Malaysia. E’ laureata in filosofia e attualmente vive in Inghilterra. Il suo primo romanzo è “Madre del Riso”, pubblicato in Italia nel 2003. Nel 2010 Mondadori ha pubblicato il terzo romanzo, “L’amante giapponese”. (Carmine Totaro)

RANI MANICKA, I FIORI DEL TEMPIO, MONDADORI, 2006
Giudizio: 3/5

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I LIBRI PIU’ VENDUTI A FOGGIA, LIBRERIA UBIK
1.Omar Di Monopoli, “La legge di Fonzi”, ISBN, 2010
2. Pino Aprile, “Terroni”, Piemme, 2010
3. Paolo Giordano, “La solitudine dei numeri primi”, Mondadori, 2008

I LIBRI CONSIGLIATI DA STATO
Emilio Marrese, “Rosa di Fuoco”, Pedragon, 2010
Predgar Matvejevic, “Pane Nostro”, Garzanti, 2010
Gianfranco Piemontese, “Urbanistica ed architettura nel Tavoliere delle Puglie. L’esperienza dei centri rurali (1929 – 1942)”, Crsec Fg, 2010

I LIBRI CONSIGLIATI DA UBIK FOGGIA
Diego De Silva, “Mia suocera beve”, Einaudi, 2010
Emilio Marrese, “Rosa di fuoco”, Pendragon, 2010
Michela Murgia, “Accabadora”, Einaudi, 2009

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