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MANFREDONIA Corte dei Conti condanna Marica Scarl e legale rappresentante per danno erariale. Caso fondi pubblici nella Laguna di Varano

Il procedimento ha preso avvio da una segnalazione del 22 marzo 2018, trasmessa dalla Guardia di Finanza alla Procura regionale

AUTORE:
Giuseppe de Filippo
PUBBLICATO IL:
4 Ottobre 2024
Bari // Cronaca //

Bari. Nel luglio 2024, ma sentenza di recente pubblicazione, la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Puglia, ha emesso una sentenza significativa riguardante la gestione dei fondi pubblici destinati allo sviluppo dell’acquacoltura nella Laguna di Varano. Il caso ha visto coinvolta la cooperativa Marica Scarl, con sede a Manfredonia, e il suo legale rappresentante pro tempore, Cariglia Algesiro. La Procura regionale ha avviato il procedimento dopo una segnalazione della Guardia di Finanza, che aveva rilevato irregolarità nella percezione dei contributi concessi alla società nell’ambito del Fondo Europeo per la Pesca (FEP) 2007-2013.

La vicenda, che si è conclusa con la condanna di Algesiro per responsabilità amministrativa, ha sollevato interrogativi sul controllo e l’uso dei fondi europei, oltre che sulla trasparenza nei progetti finanziati.

I fatti del caso: il progetto “Fattoria del Mare”

Il procedimento ha preso avvio da una segnalazione del 22 marzo 2018, trasmessa dalla Guardia di Finanza alla Procura regionale. La segnalazione evidenziava possibili illeciti nell’utilizzo dei fondi pubblici percepiti dalla società Marica Scarl per il progetto denominato “Fattoria del Mare”. Il progetto, presentato nel febbraio 2013, prevedeva la realizzazione di un sistema di molluschicoltura nella Laguna di Varano, con l’implementazione di innovative tecnologie di allevamento dei molluschi. Il finanziamento ammontava complessivamente a 720.579 euro, di cui 432.347 a carico dei fondi europei.

Le indagini della Guardia di Finanza, condotte anche con il supporto della Stazione Navale di Bari e della Sezione Operativa Navale di Manfredonia, hanno rivelato che gran parte delle opere previste dal progetto non erano mai state realizzate. Durante un sopralluogo subacqueo effettuato nel 2016, non sono state rilevate le strutture di molluschicoltura descritte nel progetto. In particolare, non vi era traccia dell’impianto di long-line necessario all’allevamento dei molluschi, né dell’imbarcazione denominata “Nave Fattoria”, che avrebbe dovuto essere operativa entro la fine del 2015.

Le irregolarità riscontrate

Uno degli aspetti centrali del caso riguarda l’assenza di opere e attrezzature descritte nel progetto, nonostante la società avesse dichiarato il completamento dei lavori entro la data stabilita del 10 dicembre 2015. Le indagini hanno evidenziato una serie di anomalie:

  • L’imbarcazione principale del progetto, che doveva essere utilizzata per le attività di molluschicoltura, risultava ancora in fase di ammodernamento presso un cantiere navale di Monopoli nell’aprile 2016. Nonostante ciò, la società aveva presentato alla Regione Puglia la documentazione necessaria per ottenere il saldo del contributo, dichiarando falsamente che i lavori erano stati completati.
  • Le strutture previste per l’allevamento dei molluschi, inclusi i sistemi di pali in vetroresina per sostenere l’impianto di long-line e le ceste per le ostriche, non erano presenti nell’area oggetto del finanziamento, come confermato dai rilievi subacquei della Guardia di Finanza. L’unica struttura visibile erano dei semplici “gavitelli” ancorati sul fondale, mentre alcune strutture galleggianti, prive di reti interne, si trovavano a nord dell’area concessa, ma non erano operative.
  • La documentazione fiscale analizzata dalla Guardia di Finanza ha rivelato incongruenze anche nelle spese dichiarate dalla società. Le fatture presentate per i lavori di ammodernamento dell’imbarcazione non erano congruenti con le somme effettivamente spese. Inoltre, una delle fatture riguardava un’imbarcazione non di proprietà della Marica Scarl, ma di una società terza.

La difesa e le eccezioni della società

Nel corso del processo, il legale rappresentante della Marica Scarl, Cariglia Algesiro, ha cercato di difendersi sostenendo che le attività di molluschicoltura erano effettivamente state avviate e che la mancanza di alcune strutture era dovuta a ritardi indipendenti dalla volontà della società. In particolare, la difesa ha sostenuto che:

  • I ritardi nella consegna dell’imbarcazione erano imputabili al cantiere navale, che non aveva completato i lavori entro il termine previsto a causa di problemi di spazio e di sequestro giudiziario del cantiere stesso.
  • Il mancato completamento delle opere era in parte dovuto alla necessità di ottenere autorizzazioni amministrative tardive, alcune delle quali sarebbero state richieste solo dopo la dichiarazione di fine lavori.
  • La variazione ubicazionale del progetto, che aveva spostato l’area di molluschicoltura, era stata debitamente comunicata alla Regione Puglia, anche se la Procura ha contestato la mancanza di documentazione che attestasse l’effettiva ricezione di tale comunicazione.

Nonostante queste argomentazioni, la Corte dei Conti ha ritenuto non sufficienti le giustificazioni addotte dalla difesa, evidenziando come la dichiarazione di completamento dei lavori, resa dal Cariglia alla Regione Puglia, fosse falsa e finalizzata a ottenere indebitamente i fondi pubblici.

La sentenza della Corte dei Conti

La Corte dei Conti ha quindi condannato Algesiro Cariglia al risarcimento del danno erariale, quantificato in 345.841,76 euro, oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali. La Corte ha sottolineato che il danno arrecato alla Regione Puglia deriva dall’uso improprio dei fondi pubblici, destinati a un progetto che non è mai stato realizzato nei termini e nelle modalità previsti. La società cooperativa Marica Scarl, nel frattempo cancellata dal registro delle imprese, non è stata chiamata a rispondere in quanto estinta.

La condanna è stata emessa anche sulla base della responsabilità dolosa del legale rappresentante, il quale, secondo la Corte, era pienamente consapevole della non veridicità della dichiarazione di completamento dei lavori e delle conseguenze che tale dichiarazione avrebbe comportato, in termini di indebita erogazione di fondi pubblici.”

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