Un pacchetto di 22 articoli suddivisi in due provvedimenti: un decreto legge con 7 norme e un disegno di legge con 15, formano il piano anti-liste d’attesa. Questa la sintesi delle misure approvate ieri. Nel decreto legge sono previste misure per ridurre le liste d’attesa, tra cui l’istituzione di un organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, sotto la supervisione del Ministero della Salute. È stato introdotto l’obbligo di un CUP unico regionale o infraregionale, che includa tutte le prestazioni del pubblico e del privato convenzionato.
Il CUP unico regionale, il divieto di chiusura delle agende e una stretta più efficace sugli abusi dell’attività intra-moenia sono le principali misure del piano del governo contro le liste d’attesa, che ha generato divisioni e polemiche politiche.
Il decreto legge, illustrato ieri mattina dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, potrebbe introdurre vincoli utili per il sistema sanitario pugliese.
L’ALPI, l’attività libero-professionale ospedaliera, rappresenta infatti una criticità nella sanità, soprattutto in Puglia. Spesso si dice che per prenotare una Tac serve un anno, mentre a pagamento bastano pochi giorni. Questo è dovuto (anche) all’abuso dell’intra-moenia, soprattutto nei policlinici universitari.
“Abbiamo verificato,” ha spiegato Schillaci ieri, “che in alcuni ospedali si fanno 9 ECG in regime istituzionale e 90 in intra-moenia.” Per questo motivo, il decreto prevede l’istituzione di un sistema di controllo centralizzato sulle prestazioni erogate da ogni singolo medico, chiarendo l’equivoco (probabilmente voluto) per cui oggi è proibito, sulla carta, effettuare più prestazioni a pagamento rispetto a quelle in regime istituzionale.
Allo stesso tempo, il disegno di legge approvato ieri prevede di destinare maggiori risorse alla contrattazione integrativa per riconoscere un trattamento differenziato: in sostanza, i medici che accettano di fare turni istituzionali aggiuntivi nelle specialità con arretrati potranno ottenere compensi ulteriori.
Sulle liste d’attesa, il piano di recupero prevede anche l’utilizzo di specialisti ambulatoriali, detti “sumaisti,” in aggiunta agli ospedalieri.
Il controllo del sistema sarà affidato all’Agenas, l’agenzia del Ministero della Salute, che dovrà implementare una piattaforma informatica per la verifica dei dati raccolti dalle singole Regioni. Queste ultime dovranno, a loro volta, implementare il CUP unico, come nel caso della Puglia, dove il sistema di prenotazione è diviso per provincia, pur essendo gestito dalla stessa piattaforma.
In questo contesto viene imposto il divieto di chiusura delle agende, utilizzato dagli ospedali per evitare il “consumo” degli slot troppo lontani nel tempo e, a volte, perché le agende vengono gestite dai reparti con criteri non sempre trasparenti. Tuttavia, sarà imposto l’obbligo di conferma delle prenotazioni 48 ore prima, per evitare il fenomeno della mancata presentazione.
Le Regioni hanno sollevato qualche polemica sul piano di Schillaci. Raffaele Donini, coordinatore della commissione Salute in conferenza delle Regioni e assessore dell’Emilia-Romagna, ha detto che non c’è stata alcuna concertazione: “Ci riuniremo nei prossimi giorni e faremo pervenire le nostre proposte di modifica del decreto concordate in modo unanime.” La Puglia va controcorrente.
“La mia impressione è positiva,” afferma Vito Montanaro, direttore del dipartimento salute, “perché si fa chiarezza. Il decreto ci aiuta, perché ci dà un supporto rilevante. Il divieto di agende chiuse e il CUP unico ricordano che ci sono vincoli già esistenti da osservare, e ne vengono introdotti di nuovi che vanno a nostro beneficio, come l’aumento del tetto per la spesa del personale.”
La Puglia è infatti una delle regioni più penalizzate dal criterio della spesa storica per il personale, basata sui dati del 2004. L’aumento del 10% consentirebbe, previa individuazione delle risorse, un significativo potenziamento delle assunzioni, non solo di medici, ma anche di infermieri, OSS e personale amministrativo delle ASL.
Allo stesso tempo, c’è la questione dei “gettonisti” (medici chiamati per singola prestazione, soprattutto al Nord) che danneggia la Puglia e il Mezzogiorno in generale, perché le cooperative del settore reclutano solitamente medici del Sud. Per contrastare questo fenomeno, sarà consentito reclutare personale con contratti di lavoro autonomo, una sorta di consulenti, strada già tentata durante l’emergenza pandemica.
Lo riporta La Gazzetta del Mezzogiorno.