BARI – Un contratto di collaborazione come «consigliere esperto» presuppone il possesso di specifici requisiti, dal titolo di studio alla conoscenza della materia, elementi che non sono ravvisabili nel curriculum di Caterina «Titti» De Simone, dal 2015 nominata consigliere esperto – appunto – «in materia di attuazione dei programmi di governo con particolare riferimento all’agenda di genere, alla riforma del terzo settore, alle misure per il rientro in Puglia».
Ed è dopo aver rilevato questa discrasia che il procuratore regionale della Corte dei Conti, Carmela de Gennaro, ha ipotizzato un danno erariale da oltre mezzo milione di euro: a risponderne potrebbero essere chiamati tanto il governatore Michele Emiliano, che ha firmato negli anni i due decreti di nomina, tanto i suoi due capi di gabinetto, Claudio Stefanazzi e Giuseppe Catalano.
La scorsa settimana la Procura erariale ha fatto notificare a Emiliano e ai due collaboratori apicali (Stefanazzi nel frattempo è diventato parlamentare del Pd) un invito a dedurre, l’equivalente dell’avviso di conclusione delle indagini: i tre incolpati avranno 45 giorni per presentare le proprie controdeduzioni, dopodiché l’accusa deciderà se procedere con l’atto di citazione che dà il via al processo vero e proprio.
Il fascicolo è partito con l’acquisizione dei due articoli della «Gazzetta», del 1° maggio e del 1° giugno 2024, in cui era stato appunto raccontato il caso della consigliera De Simone di cui la Regione non ha inizialmente voluto fornire la documentazione relativa all’attività svolta, sostenendo che fosse «riservata».
È dunque intervenuta la Corte dei conti, che – dopo una prima richiesta aggirata dagli uffici – a luglio ha imposto di consegnare una precisa lista di documenti, come ad esempio eventuali «pareri» e «relazioni» predisposti dalla consulente.
Lo riporta lagazzettadelmezzogiorno.it