Lorenzo Ricucci, 37 anni, originario di Monte Sant’Angelo e coinvolto nell’operazione antimafia “Mari e Monti,” è stato scarcerato. Il Tribunale del Riesame di Bari, presieduto da Annachiara Mastrorilli, ha accolto in parte la richiesta della difesa, rappresentata dall’avvocato Michele Arena, disponendo per lui gli arresti domiciliari in sostituzione della detenzione in carcere.
Nell’ambito dell’ampia indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, Ricucci è accusato di un singolo reato tra i 48 capi d’imputazione contestati ai 39 indagati, tra cui Dino Miucci, tuttora latitante e fratello del boss Enzo. Ricucci è accusato di aver intestato fittiziamente un bar a un prestanome per evitare le misure di prevenzione patrimoniali, associandosi in questo con Pasquale Totaro, che inizialmente era latitante e successivamente si è costituito. Il reato è aggravato dall’intento di agevolare il clan mafioso Libergolis.
La difesa ha presentato memorie in cui dimostra che Ricucci sarebbe estraneo all’acquisto e alla gestione del bar. La connessione tra l’indagato e il bar si basa infatti su una sola intercettazione in cui Ricucci, usando il plurale, parla del pagamento relativo al locale. Tuttavia, tale conversazione non trova riscontri investigativi concreti e, secondo la difesa, non dimostra il coinvolgimento operativo di Ricucci.
Inoltre, la difesa contesta l’idea che Ricucci fosse “protetto” dal gruppo criminale, sottolineando come le intercettazioni suggeriscano che egli fosse, in realtà, indipendente e distante dalle logiche del clan. Secondo l’istanza, mancano sufficienti prove per confermare l’accusa di intestazione fittizia e la cosiddetta “aggravante agevolatrice,” poiché non risulta alcun collegamento dimostrabile tra Ricucci e i vertici della consorteria.
Il Tribunale del Riesame depositerà le motivazioni della decisione entro 45 giorni. Intanto, altri indagati hanno presentato istanze analoghe, ma non sono ancora pervenuti gli esiti.
Lo riporta FoggiaToday.