*Il Natale di Re Manfredi e la nascita del leggendario “UPanettön”*
Era una notte di dicembre, limpida e implacabile, come solo l’inverno sa essere lungo le coste della Puglia. La luna si rifletteva sulle acque scure del mare che accarezzavano le mura del castello di Manfredonia, la roccaforte del re Manfredi, figlio di Federico II, sovrano della stirpe di Svevia e signore di terre avvolte da leggende. In quella vigilia di Natale, il castello respirava un’atmosfera sospesa, mentre il sovrano, lontano dai suoi doveri, si concedeva un raro momento di gioco e libertà.
Al suo fianco, Edor Grinoza, il giardiniere del Re,l’amico fedele e combattente indomito, era pronto a sfidarlo in un duello amichevole. I due uomini si muovevano nei corridoi con passi felini, gli occhi brillanti di competizione. Le spade si incrociavano in un’armonia di metallo, e l’eco dei loro colpi riempiva l’aria come un canto antico. Risate sommesse e sguardi d’intesa: erano uomini di grandezza e destino, padroni della notte.
Ma il destino, maestro delle circostanze, aveva già in mente un disegno più grandioso. In un istante d’impeto, un colpo sfrontato di Manfredi fece ribaltare un piccolo tavolo dove era stato lasciato un semplice panetto di pane. Burro denso e profumato, in attesa di altri usi, scivolò sul pane, avvolgendolo come una carezza; mentre alcune bucce d’arancia candite,rimaste ai margini, rotolarono sul burro, quasi fossero sospinte da una mano invisibile.
E qui, come nelle più grandi storie, comparve l’artefice della magia: Pucci, la pasticciera di corte, piccola ma audace, con lo sguardo di chi conosce i segreti della cucina meglio di chiunque altro. Gli occhi chiari e attenti, notò quel curioso impasto creato dal caso, ma sentì nel profondo che lì, in quell’intreccio di burro e agrumi, c’era qualcosa di straordinario. Senza esitazione, prese il pane ormai imbevuto e, come spinta da un’ispirazione divina, aggiunse un pizzico di zucchero, modellò la pasta, lasciò che lievitasse e attese.
L’odore che emerse da quelle stanze fu come un richiamo: caldo, dolce e misterioso, un profumo che mescolava il Mediterraneo e l’Oriente, le brezze salate del mare e i raggi dorati del sole. Quando Pucci presentò la sua creazione alla tavola a Re Manfredi e al suo fedele amico Edor Grinoza , si percepì un istante di meraviglia silenziosa. Il re e Edor incantati da quel dolce che non avevano mai visto, lo assaggiarono con un lento sorriso, il sapore a metà tra leggenda e sogno. Gli occhi brillavano, e il cuore, in quell’istante, sembrava riscaldarsi.
Con solennità, Manfredi alzò il calice e dichiarò: “Che questo dolce porti il nostro nome! Lo chiameremo ‘UPanettön’ – il grande pane – e sia simbolo di abbondanza e fortuna per ogni vigilia.”
Così nacque il UPanettön , nato da una notte di dicembre, da un duello e dal caso che si fa destino, il pane sontuoso che da allora inebriò ogni Natale con il suo profumo e il suo calore, divenendo il dolce che avrebbe accompagnato, con gioia, le feste di tutto il regno di Manfredi.