Continua l’impegno dell’Anpis, associazione nazionale per l’Inclusione sociale, sezione di Foggia, a favore delle persone con disabilità.
Questa volta, Giovedì 11, nel comune di Monte Sant’Angelo, in collaborazione con l’Amministrazione comunale e l’Accademia Calcio di Monte, Anpis terrà la prima edizione di “Un calcio alla normalità”, evento che, già a partire dal tema, vuole essere importante occasione di sensibilizzazione, con il coinvolgimento della società civile, per contrastare la cultura dell’indifferenza e della discriminazione nei confronti delle persone affette da disturbi o disagi psichici.
L’Anpis, fin dalle sue origini a livello nazionale e locale in territorio di Puglia e Capitanata, ha sempre perseguito l’obiettivo di occuparsi dei malati mentali non solo come malati, appunto, ma soprattutto come persone da riconoscere e valorizzare nella società.
A parlarne, Antonio Lo Conte, presidente della sezione Foggiana dell’associazione, in un’intervista con Statoquotidiano.it.
“Noi sposiamo la definizione che l’Organizzazione Mondiale della Sanità dà della parola salute, vale a dire salute come equilibrio bio-psico-sociale che non corrisponde solo ad un’assenza di malattia ma anche in presenza di malattia per garantire la migliore qualità di vita possibile.
Da 25 anni quindi, attraverso l’organizzazione di una serie di eventi, come Anpis vogliamo proprio dare ai disabili la possibilità di sentirsi persone protagoniste nella vita e non escluse, come purtroppo accade ancora oggi in diversi contesti sociali dove sembra prevalere la logica del numero e della produzione a spese di coloro che, oltre al danno di una disabilità, devono anche subire la beffa di non vedersi riconoscere le stesse possibilità che hanno gli altri in generale”.
Mirate a dare un risalto particolare alle persone con disabilità mentale.
“Certamente. Il nostro intento è quello di continuare il lavoro avviato nel 1978 con la cosiddetta legge Basaglia che ha fornito una visione diversa in cui inquadrare le persone affette da tale tipo di disabilità.
Allora si registravano casi di maltrattamenti nei confronti di queste persone che, per di più, erano confinate nei manicomi. Oggi non è più così, eppure si verificano ancora situazioni di difficoltà e mancati riconoscimenti nella quotidianità.
Gli ultimi dati riportano, infatti, che si contano nel mondo circa 800 milioni di persone con disturbi mentali. Questo vuol dire che 1 persona su 8, a livello globale, soffre di un disturbo mentale, dalle depressione all’ansia, dai disturbi alimentari alla schizofrenia. E, di queste, il 50% è di età inferiore ai 14 anni.
Questo deve far riflettere. Tanto più perché un altro dato ci dice che tra il 40 e il 70% di queste persone non riesce ad accedere facilmente alle prestazioni dei vari servizi necessari quotidianamente”.
E non dimentichiamo che molte persone affette da disabilità vivono ancora i disagi derivanti dal pregiudizio che preclude loro varie possibilità.
“Esatto. Oggi dunque è urgente il bisogno di garantire a loro uno stile di vita quanto più possibile dignitoso e autonomo. E, per fare questo, è necessario che i vari protagonisti politici, sociali ed economici si rendano conto che ognuno deve fare la propria parte e che andrebbero valorizzate più le persone, il cosiddetto capitale umano, piuttosto che il capitale economico”.
Come è nata la collaborazione tra il Comune di Monte Sant’Angelo, l’Accademia Calcio e l’Anpis?
“Nasce principalmente dal fatto di considerare che i Comuni in generale hanno la responsabilità della salute dei cittadini. Inoltre, noi dell’Anpis abbiamo sempre creduto che per fare le cose sia necessario operare in sinergia.
Esiste oggi una cultura particolarmente individualista, ma le iniziative hanno ricadute più efficaci e proficue se realizzate in rete.
Anche l’OMS ha dettato linee in tale direzione invitando al coinvolgimento dei vari organismi ed enti quando si vuole organizzare azioni di prevenzione e supporto per le persone affette da disabilità. E noi vogliamo seguire queste indicazioni, anche perché le problematiche legate alla disabilità non sono un fatto che riguarda solo alcuni ma l’intera comunità”.
Perché avete denominato l’evento che si terrà l’11 aprile prossimo “Un calcio alla normalità”?
“Per sottolineare che la migliore relazione non è quella che avviene solo tra le persone cosiddette normali, ma è quella nella quale ognuno impara a convivere con i difetti dell’altro e, soprattutto, a riconoscere le qualità che ogni persona possiede”.
Nel corso dell’evento, avrà luogo un convegno dal titolo “Promozione della salute attraverso le buone pratiche e lo sviluppo della rete territoriale”.
Cosa intendete voi per buone pratiche?
“Le buone pratiche per noi consistono intanto nel coltivare quest’attitudine che è propria dell’Anpis a organizzare negli anni vari eventi sportivi rendendo protagonista la persona, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche o mentali.
Un’altra buona pratica è quella di puntare sull’associazionismo, come occasione per unire le persone intorno ad unico obiettivo, come “promuovere il benessere della comunità. Nella nostra associazione, per esempio, collaborano i genitori, i ragazzi, gli specialisti, i volontari, perché siamo convinti, come dicevo, che è nel fare insieme che si impara ad affrontare le difficoltà.
Abbiamo, inoltre, imparato nella nostra esperienza Anpis pluriennale che offrire buone relazioni fondate sulla conoscenza e sulla competenza nell’affrontare le problematiche mentali evita alle persone disabili di fare ricorso sempre a interventi prettamente sanitari o ricoveri coatti.
In più, in tutto questo, cresce l’autostima nelle persone con disabilità e la loro autodeterminazione quando queste si vedono riconosciute nella società e non rifiutate.
Non dimentichiamo che i suicidi purtroppo sono sempre più frequenti tra le persone con problemi mentali.
Durante il vostro convegno si terrà anche la presentazione del libro di Simona Lepomarda.
“Esatto. Si tratta della testimonianza di un vissuto molto traumatico .
Simona Lepomarda, infatti, è una calciatrice originaria di Mattinata, che ora vive in Spagna, la quale ha deciso di scrivere un libro dove racconta la sua vita, e le esperienze di difficoltà che ha dovuto affrontare, con l’intento di lanciare un messaggio di speranza. La sua vuole essere la testimonianza di una vita di dolore che però l’ha rafforzata”.