FOGGIA – Quasi 57mila e 200 strutture registrate nella banca dati nazionale dedicata agli affitti brevi: la Puglia è la seconda regione italiana per numero di immobili destinati a locazione breve o per finalità turistiche.
E Lecce, con 26.149 unità, è la seconda provincia d’Italia dopo Venezia.
Qui in passato, dicono gli operatori, si è investito molto sul “mattone” ed oggi le seconde case rappresentano una delle principali fonti di sostegno al reddito.
Un fenomeno legato a doppio filo alla stessa evoluzione del turismo pugliese, che ha vissuto negli ultimi anni una esponenziale crescita della domanda; significativo inoltre il lavoro congiunto, svolto in questi anni da istituzioni e forze dell’ordine, finalizzato all’emersione del nero che ha portato in tanti a mettersi in regola: la Regione è stata infatti la prima a istituire un registro delle strutture extralberghiere e ad introdurre l’obbligo del codice identificativo.
I dati
I dati sono stati comunicati dal Ministero del turismo che, terminata la fase pilota per la procedura telematica di assegnazione del Codice identificativo nazionale (cin), ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale un avviso attestante l’entrata in funzione della Bdsr, Banca dati delle strutture ricettive, sull’intero territorio.
Stando al report che censisce il segmento dell’extralberghiero, al primo posto c’è il Veneto con 57.591 strutture registrate, segue la Puglia distanziata solo di 300 unità per un totale di 57.158, terzo gradino per la Toscana che ne conta 54.656; seguono Lombardia con 50.115 e Liguria con 41.617.
Scorrendo i dati per provincia spicca Lecce, in seconda posizione, che supera di circa 7.000 alloggi la provincia di Milano e di oltre 10mila quella di Firenze che ne registra 15.134.
I dati confermano la tendenza che vede il segmento degli alloggi turistici brevi e dei Bed & breakfast in Puglia in netta crescita e lo è particolarmente nel Salento dove la concentrazione di queste locazioni è di gran lunga superiore anche a quella di Bari: secondo la banca dati nazionale nel capoluogo pugliese sono 12.127, meno della metà del Leccese.
Il proliferare di alloggi a uso turistico è un fenomeno complesso che trova però fondamento nell’evoluzione stessa del turismo pugliese.
«Dal 2007, quando siamo partiti, a oggi – spiega Antonio Barbara, di Barbarhouse, property manager pugliese che gestisce oltre 1500 immobili- c’è stata un’evoluzione enorme del fenomeno. La Puglia è da sempre caratterizzata da famiglie che hanno investito sul mattone per cui è assolutamente comune il fatto che ogni nucleo possieda anche due o tre case.
Inizialmente si mettevano a reddito gli immobili esattamente com’erano, le famose “case della nonna”, a prezzi estremamente bassi, tanto che molto spesso le famiglie prendevano in affitto tali soluzioni per l’intera stagione. Da quando, poi, più o meno nel 2012-13 si è presa consapevolezza della forza del mercato turistico, complice anche la crisi immobiliare dei costruttori, tanti hanno cominciato proprio a investire sulla ricettività turistica realizzando dei terra cielo finalizzati agli affitti brevi.
Questo ha portato alla odierna situazione in cui l’offerta supera di gran lunga la domanda».
In questo quadro emerge il Salento. «Per quanto riguarda la provincia di Lecce – continua- coincide proprio con il Salento dove oggi gli alloggi extralberghieri sono il principale aiuto al reddito delle famiglie locali e che, sfruttando le tante leggi sulle ristrutturazioni, hanno aumentato ancora più la quantità attraverso il frazionamento di case grandi.
Il fenomeno a mio avviso è tuttavia destinato a ridimensionarsi, l’eccessiva offerta fa valere sempre meno le case e l’eccessiva burocrazia rende estremamente complicato fare le cose in regola oltreché renderle onerose. A mio avviso se il governo facesse una normativa di vantaggio per le locazioni abitative per le famiglie, molte persone le preferirebbero agli affitti brevi».
L’emergenza abitativa è, peraltro, una delle conseguenze socialmente più dannose di tale tendenza.
«Ci sono diverse chiavi di lettura – commenta Giancarlo De Venuto, presidente di Asshotel Assoturismo Puglia -.
Intanto gli immobili qui hanno poca appetibilità con valori immobiliari bassi, spesso si preferisce trasformarli in B&b piuttosto che svenderli.
Poi c’è l’effetto a valle: abbiamo un turismo giovane che si è sviluppato più velocemente di quanto si sia sviluppato il dimensionamento delle strutture alberghiere. E l’invasione molto concentrata di presenze turistiche, con una domanda crescente e poca offerta di alberghi, ha fatto sì che d’estate diventasse una opportunità affittare una casa non utilizzata.
Il punto però non è demonizzare i B&b o gli alloggi brevi: la causa è nei piani strategici regionali, provinciali e imprenditoriali che non hanno pensato a rinnovare gli hotel o a costruirne altri; e molto spesso queste strutture sono più nuove e attrezzate.
Questo tipo di ricettività sostanzialmente si sviluppa dove c’è una domanda molto forte e non c’è un piano alberghiero proporzionale al numero delle presenze.
La conseguenza è che tali attività, che messe insieme fanno tanti posti letto, lavorano solo in alcuni periodi e non sono adatte all’accoglienza di alcuni target come quello del turismo organizzato o della congressistica, ad esempio, che necessita di grandi alberghi per lavorare tutto l’anno».
Lo riporta quotidianodipuglia.it
Affitti brevi controllate a chi non sta in regola case in affitto non se trovano più ed uno schifo
E Mambrdónjie pórt la bandire di li chèse ai frustìre alla mecciùne, d li chèse mbrist ai parind e d li chèse ca nen g sèpe d chica sonn