Foggia, 10 dicembre 2024 – La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia ha comunicato ufficialmente l’avvio di un procedimento penale nei confronti di cinque familiari di una giovane donna deceduta lo scorso 4 settembre.
Gli indagati sono accusati di aver preso parte a una violenta irruzione all’interno della zona operatoria del reparto di Chirurgia Toracica degli Ospedali Riuniti di Foggia, causando danni e aggredendo il personale sanitario in servizio.
Le indagini sono state coordinate dalla Procura di Foggia (pm Paola De Martino) dopo l’aggressione al personale medico la sera del 4 settembre scorso nel reparto di Chirurgia Toracica del policlinico Riuniti, in seguito alla morte di una ragazza di 22 anni di Cerignola, Natascia Pugliese, deceduta durante un intervento chirurgico.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il tragico episodio si è verificato subito dopo la morte della donna, quando numerosi familiari, durante un momento di grande sconforto e tensione, hanno fatto irruzione nella sala operatoria. Alcuni dei presenti avrebbero minacciato di morte i medici e il personale sanitario, aggredendo fisicamente alcuni operatori e causando lesioni a più medici. La violenza ha provocato anche danni materiali alle attrezzature sanitarie, con conseguenti turbative nella regolarità dell’attività ospedaliera.
A seguito di questi eventi, la Procura ha formulato la richiesta di rinvio a giudizio per i cinque familiari, accusati di vari reati, tra cui: interruzione di pubblico servizio, lesioni personali, minacce gravi e danneggiamento. Le accuse si riferiscono in particolare agli articoli 340, 339 co. 2, 612 co. 2, 635 co. 1 e 3, e 583-quater co. 2 del codice penale.
Nel corso delle indagini, la Procura aveva richiesto l’applicazione di misure cautelari personali nei confronti degli indagati. Per quattro di loro era stato richiesto l’arresto domiciliare, mentre per uno la misura cautelare del divieto di avvicinamento alle vittime e ai luoghi da esse frequentati. Tuttavia, la richiesta è stata respinta dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Foggia, che ha ritenuto insufficienti le motivazioni per l’applicazione delle misure cautelari.
Contro il rigetto della misura cautelare, la Procura ha presentato ricorso al Tribunale della Libertà di Bari,
dove si attende la decisione in merito. Intanto, il procedimento penale continua, con l’udienza preliminare già fissata, e gli imputati, come previsto dalla legge, sono considerati innocenti fino a una eventuale condanna definitiva.
La vicenda ha suscitato una forte emozione nella comunità locale, mettendo in evidenza la drammaticità dei momenti vissuti dai familiari della donna deceduta, ma anche la necessità di tutelare l’integrità e la sicurezza del personale medico e dell’intero sistema sanitario.
La violenza esterna è il risultato dell’assenza di un’organizzazione e direzione razionale e della scarsità di risorse. La mala gestio dell’alta dirigenza sanitaria si esprime nelle dinamiche aggressive tra chi fruisce e chi eroga prestazioni. Le aggressioni al personale sanitario discendono, a mio parere, dall’assenza di un’organizzazione e amministrazione adeguate e dalla scelta di leaders con tratti antisociali e narcisistici. Tali leaders corrompono il contesto lavorativo e deviano dagli scopi reali di un’azienda sanitaria.
L’aggressività verso gli operatori sanitari è un epifenomeno della inadeguatezza della leadership.
Andrebbe sanzionata l’alta dirigenza che produce aggressività interna (mobbing) ed esterna.
Un soggetto esce dalla rianimazione dopo un incidente chiaramente fuori pericolo. I sanitari eseguono un intervento che sapevano di non essere in grado di fare. Il soggetto muore. Nell Italia bizzarra accusato di omicidio stradale chi l’ha investito, Salta il capo d’imputazione verso i sanitari e questi che hanno eseguito ciò che non erano in grado di fare, Santi subito? La Pubblica Amministrazione a mio avviso si protegge ingiustificatamente.