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Fuori dall’incubo: tutti salvi i ragazzi della grotta di Tham Luang

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
11 Luglio 2018
Regione-Territorio //

“Non sappiamo se è stata scienza o un miracolo: ma sono tutti fuori”. Sono queste le prima parole pronunciate dai Navy Seal Thai, gli eroi che hanno gestito e portato avanti le operazioni di salvataggio per tirare fuori i tredici ragazzi thailandesi che dal 23 giugno, durante una gita esplorativa nella grotta di Tham Luang, cuore di una montagna a Nord della Thailandia, sono rimasti bloccati a causa delle piogge monsoniche che li hanno sorpresi all’improvviso, allagando la caverna ed ostruendo qualsiasi via d’uscita. Fin da subito si è attivata la macchina dei soccorsi,  diventata un’operazione planetaria, tanto da coinvolgere ogni singolo che per più di due settimane, uscendo dall’individualismo imperante, specchio di questa società, si è trovato unito in un unico respiro di speranza, soccorritori e ascoltatori legati da un sottilissimo filo che dava senso comune e globalità.

I volontari, esperti speleosub, insieme ai Navy Seal thailandesi, sono arrivati dall’Europa, il medico anestesista che ha visitato i ragazzi intrappolati nella caverna ed ha dato l’ok per farli uscire in gruppi, amante delle sfide impossibili, sub da oltre trent’anni, ha  preso un volo dal Canada. Una grande catena umana di solidarietà e competenza che ha compiuto un vero e proprio miracolo. Certo la fede conta poco, perché qui è stata tutta tecnica, abilità e ponderata freddezza intellettiva che ha permesso a questa squadra “magnifica”, diciotto in totale sono i sub che hanno compiuto la parte attiva, quella importante per far uscire dalle budella della grotta i tredici componenti della squadra. Al grido di “Hooyah, Hooyah, Hooyah”, con una profonda umiltà, schivando i clamori mediatici, hanno messo anima e corpo in una situazione che con il passare delle ore, a causa della copiosità delle piogge, stava diventando disperata. In un “non c’è tempo” continuo si è giocata la partita contro il tempo.

Le operazioni di soccorso, per far sì che ognuno dei tredici componenti della  squadra uscisse sano e salvo, sono durate tre giorni, iniziate la mattina presto di domenica, il primo salvataggio è avvenuto alle 12:40 ora italiana, sono terminate con successo nella giornata di ieri.

Altoparlanti, droni subacquei, luci a led ed una corda di otto millimetri di spessore, tutto posizionato all’interno delle buie cavità. Due sub a disposizione per ogni ragazzo, a cui è stato dato un blando ansiolitico prima di iniziare la procedura di fuoriuscita dalla grotta, che a loro volta, dopo averlo imbracato saldamente, trasportavano due bombole d’ossigeno a testa.

Hanno compiuto l’impossibile i Navy Seal.

“Tutti salvi” con un pollice in alto a decretare un metaforico “ce l’abbiamo fatta” è stata l’ultima frase pronunciata da uno di loro.

Man mano che uscivano dall’ultima camera all’interno della montagna, dopo le prime cure mediche, i ragazzi sono stati trasportati in ospedale. Stanno tutti bene, in un isolamento preventivo che durerà sette giorni per scongiurare il pericolo delle infezioni, potranno poi abbracciare i familiari. L’umore sembra buono, lo dimostrano le continue richieste di cibo, hanno fame, desiderano pane e cioccolato, chi del pollo e chi spera invece di vedere la finale dei mondiali di calcio in tv. Proprio loro, i “Cinghiali”, questa squadra di calcio giovanile che per mera sfortuna si è trovata catapultata in un’odissea che sembrava non avesse fine. Nella mischia di notizie, che come un tam tam, in questi giorni, ha  raccontato la solidarietà, quello che rimane adesso sono la cura di questi dodici ragazzini più il loro allenatore, “Ek”, che come un ossimoro personale, responsabile ed eroe, adesso rischia un processo per aver accompagnato la sua squadra quel giorno di fine giugno a fare una perlustrazione nella grotta di Tham Luang. Lui, che per tantissimi giorni è stato famiglia per quei bambini, prendendosene cura e rinunciando al suo cibo per cercare di sfamarli,  è di nuovo solo. Orfano da quando era piccolo, solo una nonna da accudire, adesso, mentre è in un letto d’ospedale, aspetta composto, come ha dimostrato di essere in tutta questa vicenda, nella sua sala d’attesa interiore, sperando che ancora una volta il fato sorteggi per lui la carta della salvezza.

A cura di Francescapaola Iannaccone

11 luglio 2018 StatoQuotidiano.it

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Se le persone che amiamo ci vengono tolte, il modo per farle vivere è non smettere di amarle (James O’Barr)

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