FOGGIA – L’associazione Parcocittà – che dal 25 settembre è stata sfrattata dall’anfiteatro San Felice – deve pagare la Tari per un periodo che va dal 2019 al 2024, mentre per il periodo precedente la tassa si è prescritta
Il Comune di Foggia ha notificato una cartella esattoriale da circa 25 mila euro all’associazione Parcocittà, reclamando il mancato pagamento della tassa sui rifiuti per un periodo che va dal 2019 al 2024 (in realtà, inclusi gli arretrati antecedenti al 2019, l’ammontare saliva a 50mila, metà dei quali cancellati dalla «prescrizione quinquennale» dei tributi locali).
Parcocittà è l’associazione temporanea di scopo – tra i cui principali sostenitori ci sono anche l’ex presidente del Teatro Pubblico Pugliese, Peppino D’Urso, e l’attuale assessora alla cultura, Alice Amatore che dal 2019 al 2021 l’ha diretta – che per otto anni ha gestito le attività sociali e culturali organizzate all’interno dell’anfiteatro San Felice, dal nome del parco urbano che lo ospita.
La convenzione con il Comune
Dal 2016 al 2024 l’affidamento dell’anfiteatro San Felice si è basato su una convenzione sbilanciata in danno del Comune e in favore di Parcocittà, che prevedeva il versamento all’amministrazione «del 3% sull’importo degli incassi dell’attività di sbigliettamento dichiarata alla Siae», rinunciando a ogni altra entrata proveniente dall’uso privato di un bene pubblico.
Risalendo ai versamenti effettuati dal 2016 in poi, un’inchiesta del Corriere ha evidenziato come i bonifici di Parcocittà in favore del Comune ammontino a soli 367,71 euro (mediamente 46 euro l’anno, 11 centesimi al giorno), suscitando l’incredulità dell’opposizione e l’imbarazzo della maggioranza «per l’allegra gestione di un bene della collettività».
Scaduta nel 2020, le iniquità contenute nella vecchia convenzione sono transitate nelle proroghe che di fatto hanno trasformato il rapporto tra Parcocittà e Comune da sbilanciato in monopolista, finché è stata la stessa amministrazione – attraverso il dirigente dei servizi finanziari, Carlo Dicesare – a chiederne la cessazione per «le violazioni commesse in danno di un bene pubblico trattato come proprietà privata».
Lo scorso 25 settembre la dirigente alla cultura, Silvia Siciliano, ha sfrattato l’associazione Parcocittà concedendogli «un mese per la riconsegna della struttura». Ravvedimento che tuttavia non ha scongiurato le aspre critiche dell’opposizione, secondo cui la dirigente «ha fatto un favore all’assessora alla cultura, poiché quello sfratto doveva essere eseguito dopo aver inoltrato le carte in Procura e alla Corte dei Conti, chiedendo i danni erariali causati da questa vicenda».
Alla nostra inchiesta è seguito un dibattito sulle condizioni in cui Parcocittà operava professando la propria «vocazione di avamposto della cultura della legalità», condizioni ritenute più che approssimative giacché tra le tante contestazioni mosse dall’amministrazione all’associazione c’è «che la struttura anfiteatro sia stata concessa anche a terzi, per spettacoli ed eventi a fronte di un’entrata economica non autorizzata.
Di fatto una “sublocazione” della quale questo Ente non è a conoscenza». Inadempienze cui adesso si aggiunge il mancato pagamento della Tari per circa 25mila euro.
L’ultimo spettacolo andato in scena
Sentiti dal Corriere all’indomani dell’esplosione del caso, Simona Padalino – presidente di Energiovane, l’associazione capofila di Parcocittà – aveva dichiarato «nessuna violazione è stata compiuta, la nostra amministrazione si svolge secondo le prescrizioni della convenzione», mentre l’assessore alla legalità Giulio de Santis aveva assicurato «entro fine anno sarà pubblicato il nuovo bando per l’assegnazione dell’anfiteatro ad altra realtà associativa».
Sta di fatto che, ad oggi, le chiavi della struttura non sarebbero state ancora riconsegnate al Comune, come intimato dalla Siciliano ormai un mese e mezzo fa. L’ultimo spettacolo andato in scena lo scorso 5 settembre, prima della chiusura di Parcocittà, è stato Franco: liberamente ispirato a Francesco Marcone, il direttore dell’Ufficio del registro di Foggia che il 31 marzo 1995 fu ucciso sulle scale di casa per aver scoperto una maxi evasione fiscale.
Lo riporta foggia.corriere.it