FOGGIA – Le cronache degli ultimi giorni, anche quelle terribili della Grecia, propongono l’uomo e le sue attività vittime dei cambiamenti climatici.
È istintivo chiedersi come difenderci da processi che mettono a rischio vite, insediamenti, attività economiche e turismo?
Il clima sta cambiando e il tempo meteorologico, sua espressione quotidiana, anche: ogni giorno è diverso; il 10 agosto del 2024 è diverso dal 10 agosto del 1923, o del 1795. In Puglia sicuramente faceva caldo; in qualche parte forse pioveva, ma sempre caldo era; ma faceva meno caldo di quanto ne faccia adesso.
Negli ultimi circa 180 anni l’uomo ha innescato un effetto domino di cui subiremo effetti nei prossimi decenni.
Al sollevamento del livello del mare seguono due fatti: 1) Sommersione ed erosione della fascia costiera; 2) Inondazione in corrispondenza degli eventi meteomarini principali.
Lungo 163 piane costiere del Mediterraneo entro il 2100 ci verificherà la sommersione di circa 38,529 kmq (c.ca 5.5 millioni di campi di calcio).
Fra Manfredonia e Barletta l’abbassamento della superficie topografica dovuta all’uomo ha determinato la sostanziale sommersione di un’area estesa sino a circa 100 m dalla linea di riva; durante le mareggiate l’inondazione normalmente penetra sino a 400m.
Temperature fino a 30°C delle acque superficiali registrate quest’anno sono assolutamente anomale rispetto ai «naturali» 22/24°C di qualche anno fa. Il riscaldamento della superficie del mare corrisponde all’immagazzinamento di enormi quantità di energia termica; essa prima o poi viene ceduto all’atmosfera.
Quando masse d’aria fredde provenienti dalle alte latitudini scivolano sulle masse calde riscaldata dal mare le richiamano vorticosamente verso l’alto. In casi estremi si possono generare ciclonici molto veloci che degenerano in fenomeni atmosferici quali i medicanes o i tropical like cyclones.
Zorbas nel 2018 ha prodotto milioni di danni sulle strutture costiere italiana affacciate sullo Jonio.
La fascia costiera è oggi un corpo oramai stressato con poche possibilità di essere resiliente, con un bilancio di sedimenti che ne determina avanzata erosione.
L’effetto della pressione antropica diretta (p.e.: turismo di massa e la generalizzata antropizzazione, demolizione delle dune, pulizia pesante delle spiagge) e indiretta (cambiamento climatico) portano alla perdita dei caratteri naturalistici, archeologici, storici della costa, quelli che ne fanno una risorsa economica.
Il turismo intensivo ed estensivo sta diventando la causa della sua distruzione.
Le prossime spiagge saranno sempre più piccole e sempre più affollate sino a che non ce ne saranno più.
Il mondo scientifico è convinto che si debba parlare di predisposizione all’uso e di capacità di carico del territorio; proteggere un patrimonio naturalistico significa difendere l’economia turistica possibile, ricordiamolo, solo a monte di una filiera produttiva che va dall’industria metallurgica, alla metalmeccanica, alla chimica, ai trasporti, all’edilizia.
È il caso che l’Amministrazione imponga metodi di gestione sistemici perché se le spiagge sono tante, tutte fanno parte della costa ed essa è parte del demanio: è di tutti. Non può essere gestita a macchia di leopardo.
Diceva Capo Toro Seduto dei Sioux Lakota: «Solo quando l’ultimo fiume sarà prosciugato, quando l’ultimo albero sarà abbattuto, quando l’ultimo animale sarà ucciso, solo allora capirete che il denaro non si mangia». Occhio all’ultimo granello di sabbia.
Lo riporta lagazzettadelmezzogiorno.it
Per questo sarebbe meglio offrirle in usufrutto a gestori seri, non ancora ai mangiaiorz’ che ci fanno quello che vogliono da un secolo a danno dei clienti.
Però c’amma fé, finché c’è “Giorgiah!11111!11!111” al potere, non putim’ fé nind’
Da quando vi preoccupate per le spiagge?