Bari – INFLITTI complessivi 180 anni di carcere, dalla Corte d’Assise d’Appello di Bari, ad otto dei 10 imputati nel maxi processo (Iscaro-Saburo) sulla mafia del Gargano. I giudici baresi hanno confermato quasi per intero, dunque, le condanne di primo grado, emesse lo scorso 7 marzo 2009, con sentenza della Corte d’Assise del Tribunale di Foggia.
QUATTRO ERGASTOLI COMPLESSIVI – I giudici della corte d’assise d’appello di Bari (ufficio giudiziario italiano che svolge funzione di tribunale d’appello delle sentenze emesse in 1° grado dalla Corte d’Assise) hanno emesso la sentenza, questo pomeriggio, alle 17, dopo quasi 7 ore di camera di consiglio (presidente della Corte d’assise d’appello di Bari Giulia Pavese, a latere Francesco Sansone con l’ausilio di 6 giudici popolari) relativamente ai dieci imputati nel maxi processo alla mafia garganica (Iscaro-Saburo) accusati, a vario titolo, di 5 omicidi, mafia, traffico di droga, estorsioni ed armi. Complessivamente, i giudici baresi hanno emesso quattro ergastoli e cinque condanne per 89 anni di reclusione.
Ergastolo per Carmine Grimaldi, di Cagnano Varano, accusato dell’omicidio di Antonio Vocino, ucciso il 3 settembre del 2003 a San Nicandro Garganico. Grimaldi era stato scarcerato il 14 luglio del 2008 per decorrenza dei termini, detenuto “per altro”. Conferma dunque del verdetto di primo grado (omicidio Vocino, 6 anni per mafia, pena complessiva dell’ergastolo)
Ergastolo per il latitante Franco Li Bergolis, di Manfredonia, scarcerato per decorrenza dei termini, latitante dal 7 marzo 2009. Conferma del verdetto di primo grado, con assoluzione “solo per il possesso di 13 fucili e 9 pistole che non incide sulla pena”( in primo grado: ergastolo per omicidio Mangini, 30 anni per mafia, traffico di droga, 4 episodi di spaccio, 3 estorsioni e 7 episodi di armi, pena complessiva l’ergastolo – fonte GdM).
LA LETTERA AL GIORNALE – Franco Li Bergolis era stato recente autore di una missiva su un giornale nazionale, missiva nella quale lo stesso aveva emesso commenti proprio in relazione al processo a suo carico – commenti ‘disapprovati’ dell’onorevole Roberto Maroni, ministro degli Interni italiano, durante la conferenza stampa svoltasi a Manfredonia, per il vertice Interforze sulla sicurezza – Maroni a Manfredonia).
FRANCO LIBERGOLIS inserito nell’elenco dell’Interno tra i 100 latitanti “più pericolosi”- In una nota recente nota stampa, precedente l’arrivo di Maroni, il Capitano Cleto Bucci, vice comandante del Reparto Operativo dei Carabinieri di Foggia (comandante del reparto Tenente Colonnello Rocco Italiano, comandante dell’Arma Colonnello Antonio Diomedea ) dichiarò, apertamente, che “l’obiettivo prioritario dell’intera Arma dei Carabinieri, comando provinciale di Foggia, resta quello della cattura di Franco li Bergolis“. Elemento di “spicco della mafia garganica inserito nell’elenco dei 100 ricercati più pericolosi” – Elenco dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del “Programma Speciale di Ricerca
FOCUS – LE AZIONI DELLE FORZE DELL’ORDINE – GLI ARRESTI NELL’AMBITO DEL FAVOREGGIAMENTO DELLA LATITANZA DI PACILLI – Mala, ‘Stasi’ dopo gli agguati. Ora “caccia ai latitanti” e Dopo Maroni, i rinforzi di Losappio: “hanno sottovalutato”
FRANCO LI BERGOLIS PRESUNTO MANDANTE OMICIDIO DI MANGINI – Franco Libergolis è l’uomo accusato di essere stato il presunto mandante dell’omicidio di Matteo Mangini
Omicidio Mangini: 14 anni a Miucci, conducente mezzo e Omicidio Mangini assassinato a Manfredonia il 2 settembre del 2001 (a riguardo: recente la condanna di Enzo Miucci, 27enne originario di Manfredonia, a 14 anni di reclusione per omicidio, con l’aggravante delle finalità mafiose. Miucci, parente della famiglia Libergolis, era stato ritenuto il conducente della motocicletta utilizzata dai due killer che la sera del 2 settembre del 2001 uccisero a Manfredonia Matteo Mangini, ventenne sipontino. Il giovane fu crivellato di colpi di pistola sotto i portici di via Gargano, nei pressi di un bar).
L’ARRESTO DI A.G. GRILLI – Per l’omicidio di Mangini il 2 marzo scorso i carabinieri del reparto operativo hanno arrestato, su ordinanza di custodia cautelare chiesta dalla Dda, il secondo presunto killer, Angelo Gioacchino Grilli di 32 anni, ritenuto il passeggero della motocicletta. Dell’omicidio Mangini – ammazzato per contrasti nel mondo dello spaccio con il clan Libergolis (rifornitura della ‘merce’ a Cerignola, perchè quella dei Libergolis – come confermato in conferenza stampa – non sarebbe stata ritenuta sufficientemente ‘buona’ ndR) si è parlato dunque nel maxi- processo alla mafia garganica.
Doppio ergastolo per Gennaro Giovanditto, cd Scalfon, accusato il duplice omicidio di Vincenzo e Angelo Fania, padre e figlio uccisi a San Nicandro Garganico il 13 ottobre del 1999 (nella loro masseria “perchè non volevano che i loro terreni fossero utilizzati dai contrabbandioeri di sigarette” – fonte GdM) e per l’omicidio di Michele Tarantino ucciso sempre nel piccolo centro garganico il 12 aprile del 2001 “per gelosia”. Giovanditto,come si è detto in altre circostanze, è stato ritenuto “l’anello di congiunzione” (cd trait d’union) tra il clan dei Li Bergolis (area Manfredonia-Monte-Mattinata) e il clan Ciavarrella (operante nell’area di Sannicandro Garganico). Per Gennaro Giovanditto (fonte GdM) “anche la conferma della condanna a 6 anni e 2 mesi” (con lieve sconto rispetto ai 7 anni di primo grado, stabiliti dalla Corte d’Assise di Foggia) per “mafia”, reato “assorbito dalla pena dell’ergastolo”.
Tra le altre condanne quella a 27 anni per il 35enne Armando Li Bergolis . Armando era stato scarcercato il 26 giugno 2008 per decorrenza dei termini e riarrestato l’8 agosto.
26 anni e sei mesi per l’altro fratello, il 37enne Matteo Libergolis (con riduzione di sei mesi nella pena, rispetto alla sentenza di primo grado). 3 anni e sei mesi per la pentita Rosa Lidia di Fiore, di Cagnano.
PRESCRIZIONE per Luca Iannone (30 anni), di Sannicandro Garganico (in primo grado: 2 anni e 6 mesi per furto).
CONFERMA del verdetto di primo grado (26 anni per mafia, traffico di droga e spaccio) per Giovanni Prencipe, 39 anni, ‘giuvannuzz’, scarcerato il 26 giugno 2008, riarrestato nell’ottobre del 2009.
CONFERMA dei 6 anni per mafia (primo grado) per Giuseppe Tomaiuolo, 37 anni, cd ‘peppe u banchir’.
“NON LUOGO A PROCEDERE” PER IL DEFUNTO LEONARDO CLEMENTE – Imputato nel processo era anche il barista 33enne di Manfredonia Leonardo Clemente, uomo ucciso a Manfredonia, lo scorso 30 giugno, nell’ambito della Faida tra la famiglia Li Bergolis e gli ex alleati dei Romito (con agguato precedente, 27 giugno, ai danni di Michele Romito, lungo Viale Padre Pio, con ferimento di Mario Luciano Agguato a Manfredonia, muore Michele Romito, ferimento di Mario Luciano. Per Clemente i giudici hanno stabilito “il non luogo a procedere” a causa del decesso dello stesso, avvenuto come detto il 30 giugno 2010, a Manfredonia, all’interno del Bar Elisir di Via Gargano. Uccisione Leonardo Clemente . Clemente era stato condannato a 5 anni per mafia, dopo la sentenza di primo grado del marzo 2009, emessa dalla Corte d’Assise di Foggia.
L’ARRESTO IL 23 GIUGNO 2004 – Gli imputati citati erano stati arrestati il 23 giugno del 2004 nel corso del blitz Iscaro-Saburo, relativamente alla guerra tra le famiglia dei Li Bergolis contrapposti a quella degli Alfieri-Primosa di Monte Sant’Angelo. Come detto, lo scorso 7 marzo del 2009, la sentenza della Corte d’Assise presso il Tribunale di Foggia, replicata questo pomeriggio, 15 luglio, dai giudici della corte d’assise d’appello di Bari, tribunale d’appello delle sentenze emesse in 1° grado.
IL PROCESSO DELLA CORTE D’ASSISE NEL MARZO DEL 2009 – Complessivamente dieci condanne, di cui 4 ergastoli (2 alla stessa persona) e 14 assoluzioni: questa la sentenza (fonte: GazzettaMezzogiorno-Red.Cap.) emessa nei confronti delle 24 persone coinvolte nel blitz Iscaro-Saburo contro coloro che erano ritenuti i responsabili della Faida del Gargano. Il processo, iniziato nel 2005, si concluse nel marzo del 2009 dopo ben 133 udienze (vedi anche: Roma, scarcerazioni Faida Gargano per “totale inerzia di un perito e
FU DUNQUE IL BLITZ ISCARO-SABURO (che avrebbe originato pertanto “una riconfigurazione nel tempo delle logiche delle famiglie criminali del Gargano”) a determinare l’arresto, il 23 giugno del 2004 (inchiesta dei carabinieri del reparto operativo e del Pm della Dda Domenico Secci) di 99 persone presunte affiliate ai clan della Faida del Gargano, che si concluse con l’udienza del 7 marzo 2009 presso la corte di assise del Tribunale di Foggia. Il procedimento in questione fu il risultato della fusione di due indagini (la prima nota, appunto, come Iscaro, e la seconda Saburo) con scopo di fare luce sulla cosiddetta Faida del Gargano tra le famiglie dei Li Bergolis e i Primosa-Alfieri. Inizialmente erano stati 107 gli imputati del maxi- processo per i quali la Dda aveva chiesto in rinvio a giudizio nella primavera del 2005 (attualmente: 60 assolti, 46 condannati, 1 prescritto). Un imputato fu prosciolto; due patteggiarono; 80 scelsero il rito abbreviato (già celebrati i giudizi di primo e secondo grado); mentre in 24 furono rinviati a giudizio per essere processati a Foggia. Il maxi-processo iniziò in Corte d’assise il 6 novembre del 2005.
I GIUDICI FOGGIANI, lo scorso 7 marzo 2009, avevano assolto 14 imputati e condannato gli altri 10; contro quel verdetto di primo grado c’era stato solo il ricorso dei condannati.
IL 20 MARZO 2009 la Cassazione aveva rigettato i ricorsi degli imputati condannati in Corte d’Assise a Foggia.
IL 4 febbraio 2010 il processo in corte d’assise d’appello di Bari, con richiesta del Sostituto procuratore generale di “confermare” la sentenza emessa a Foggia a carico dei 10 imputati.
I tempi lunghi furono motivati dalla necessità di trascrivere migliaia di intercettazioni telefoniche e ambientali che rappresentano il cuore delle indagini: otto periti furono incaricati dalla corte delle trascrizioni. I tempi lunghi causarono la scarcerazione, tra giugno e luglio del 2009, di 10 imputati, in quanto erano trascorsi tre anni dal rinvio a giudizio senza essere giunti alla sentenza di primo grado (fonte: GazzettadelMezzogiorno)(vedi anche Emersione clan trasversali, 30 arresti nel gruppo Frattolino.
LA SENTENZA DELLA CORTE D’ASSISE DI FOGGIA -Alla conclusione del processo. il 7 marzo 2009, furono inflitti due ergastoli a Gennaro Giovanditto, considerato il killer della mafia garganica, riconosciuto colpevole di tre dei 13 omicidi di cui era accusato. L’uomo, scarcerato nell’estate 2008 con altri imputati per decorrenza dei termini di custodia cautelare, riuscì a sfuggire lo scorso 2 marzo 2009 ad un agguato sul Gargano (Sannicandro Garganico) mentre era in macchina con un’altra persona. Ergastolo anche per Carmine Grimaldi e Franco Libergolis: quest’ultimo considerato, come detto, il presunto capo dell’omonimo clan che nella contrapposizione con il clan Alfieri-Primosa ha dato vita alla Faida garganica che ha originato quasi 35 omicidi in oltre 30 anni di guerra.
(da archivio Repubblica: “Il primo seme dell’ odio tra le due famiglie di allevatori che da decenni si spartiscono il predominio illecito del territorio garganico, le famiglie Libergolis e PrimosaAlfieri, fu sparso il 30 dicembre del 1978, quando fu ucciso Lorenzo Ricucci e ferito suo figlio Salvatore. La vittima, vicina a Raffaele Primosa, aveva appena avuto un litigio con la famiglia Libergolis per un pascolo abusivo di bestiame. (…) Una storia che è un vero e proprio bollettino di guerra con un numero impressionante di sparatorie, ferimenti, denunce, omicidi ( …), cruente vendette. Come nel settembre del ‘92, quando i sicari si spostarono fino a Nova Milanese per uccidere il figlio di Raffaele Primosa, Nicolino. Fino ad allora soci in affari, da quel giorno le strade dei Libergolis e dei Primosa si sarebbero divise per sempre. Finanche il 2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti, le strade del cimitero del paese sarebbero state percorse ora dai Libergolis ora dal clan avverso, ma in momenti rigorosamente separati e concordati di volta in volta, onde evitare che le due famiglie potessero incontrarsi. Negli anni la faida assunse proporzioni gigantesche, estendendosi fino a coinvolgere almeno venti famiglie e centinaia di persone. (Archivio La Repubblica).
(Elaborazione Redazione Stato)