“La questione, che di tanto in tanto torna a galla – spiega il Comune – è stata sollevata questa volta dall’intervento di due esperti internazionali di sicurezza marina, Trevor Gilbert e Dagmar Etkin, che hanno stilato il primo database di naufragi bellici potenzialmente inquinanti” ( Focus: notizia del 26 ottobre 2010).
“I due ricercatori infatti – spiega ancora il Comune – hanno calcolato che, in tutti i mari del mondo, i relitti ‘a rischio’ sono 8.569, di cui 361 nelle acque del Mediterraneo. Stringendo il cerchio, dal Mediterraneo all’Adriatico, anche nel Golfo di Manfredonia ci sarebbero pericolose armi chimiche, inabissate dagli alleati insieme alle navi che le trasportavano”.
FOCUS STUDIO DI GILBERT ED EKTIN – Ecosistemi mondiali a rischio causa la presenza sui fondali di “migliaia di relitti di navi militari della Seconda guerra mondiale”. Riprendendo le tesi di studi precedenti, nonché le conclusioni alle quali era giunto il giornalista de L’Espresso Gianluca De Feo nel suo testo “Veleni di Stato”, il mensile Focus aveva lanciato infatti l’allarme per gli ecosistemi marini, italiani e del mondo. Questo alcuni mesi fa per la presenza (presunta) di “residui bellici ancora pieni di petrolio” o ancora peggio di “sostanze chimiche estremamente dannose”. Lo studio sui fondali italiani e del pianeta deriva come detto da una lunga ricerca di due esperti di sicurezza marina, Trevor Gilbert e Dagmar Etkin, per i quali nei fondali marini si troverebbero attualmente “circa 8.569 relitti, di cui 361 inabissati nel Mediteranneo”. Ora a causa dei processi corrosivi, gli stessi relitti potrebbero rilasciare presto in mare “una quantita’ di carburante 20 volte superiore a quella uscita dalla piattaforma della BP nel Golfo del Messico”.
”IMPOSSIBILE PREVENIRE IL RISCHIO DI UNA MAREA DI PETROLIO” – Secondo lo studio di Gilbert ed Etkin, “il rischio che sulle coste di tutto il mondo si possa riversare una marea di petrolio, di dimensioni maggiori di quella fuoriuscita nel Golfo del Messico“, non può essere controllato data “la responsabilità sulle navi appartenente agli armatori e non ai relativi governi”. Armatori che, in base agli anni trascorsi dal rilascio in mare degli ordigni bellici (seconda guerra mondiale) oggi sono ubicati sicuramente “in un’altra sede”. Somme necessarie per ripulire i serbatoi delle navi sommerse ? “Tra i 2.300 e i 17.000 dollari, a tonnellata di petrolio”, sostengono i due studiosi.
I PERICOLI IN ITALIA TRA SERBATOI DI CARBURANTE ED ARMI CHIMICHE – CON LA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE I “CARICHI DI ORDIGNI CON IPRITE INABISSATI A LARGO DI MANFREDONIA”– Per i golfi italiani il rischio inquinamento non sarebbe dato soltanto dai serbatoi di carburante – secondo lo studio dei due esperti inglesi- ma soprattutto da un “arsenale di armi chimiche contenenti in parte iprite”, una sostanza “altamente tossica ma utilizzata dall’esercito italiano, quando era già vietata dagli accordi internazionali, nella missione in Etiopia nel 1935”. I militari italiani avrebbero usato la sostanza, nonostante i divieti imposti, in una serie di attacchi aerei e di artiglieria. Nascosto in carichi segreti sulle navi, il veleno sarebbe stato al centro di “alcune tra le peggiori stragi di civili, come quella del 2 dicembre 1943 a Bari”. Con la fine della guerra i carichi “scomodi” sarebbero stati inabissati al largo di Manfredonia, nei pressi dell’isola d’Ischia e a sud di Pesaro.
LE RASSICURAZIONI DEL SINDACO RICCARDI: “AD ESCLUSIONE DELLA CACCIA-TORPEDINIERA TURBINE NON CI SONO RELITTI BELLICI NEL GOLFO” – Ma il sindaco di Manfredonia Angelo Riccardi oggi rassicura: “Voglio tranquillizzare la cittadinanza. Ho già consultato il Comandante della Capitaneria di Porto, Antonino Zanghì, il quale mi ha confermato che, dall’esame degli atti in possesso dell’Autorità Marittima, non risultano relitti bellici nelle acque del nostro Golfo, escludendo la nota caccia-torpediniera ‘Turbine’, affondata nelle acque al largo di Vieste nel corso della Prima Guerra Mondiale, esattamente il 24 maggio del 1915”. Il sindaco ricorda, inoltre, le tante operazioni di monitoraggio dei fondali avvenute lungo la costa sipontina, finalizzate proprio a individuare ordigni bellici e a mettere in sicurezza i siti. “È recentissima l’investigazione condotta per conto del NURC, Nato Undersea Research Centre, che ha scandagliato i fondali della nostra costa con un piccolissimo sottomarino in grado di fornire immagini tridimensionali –continua il sindaco Riccardi-. Senza contare la ricognizione dei fondali marini del basso Adriatico, effettuata nel 2008 in seguito a un accordo tra l’assessorato regionale all’Ambiente, l’Icram, il Ministero dell’Ambiente e l’Arpa, sempre con lo scopo di bonificare l’area marina da eventuali ordigni bellici. Non è mai stato rinvenuto alcunché”.
RELAZIONE CAPITANO ZANGHI’ – Dalla relazione del comandante Zanghì risultano rinvenuti, con carattere di casualità, ordigni risalenti agli anni successivi al secondo conflitto mondiale, di varia natura, presumibilmente riconducibili ad azioni di bombardamento aereo o ‘sgancio’ per altre circostanze, come emergenza, o fine dell’autonomia, o altro. “Del resto, in tutte le attività propedeutiche alla realizzazione del nuovo porto turistico ‘Marina del Gargano’ –sottolinea ancora il sindaco- rientrava anche la verifica ed eventuale bonifica da ordigni bellici dell’intero spazio marittimo interessato: operazione che non è stata necessaria (la bonifica ma non la verifica, ndR) dal momento che non è stato trovata alcuna ‘bomba a orologeria’ nell’intera area”.
La relazione del comandante Zanghì termina prospettando presto, per il porto di Manfredonia, “un’attività di verifica a cura del competente settore della Regione Puglia, l’assessorato all’Ecologia-Settore gestione rifiuti e bonifica”.
IN PRECEDENZA: PER LA COSTRUZIONE DEL PORTO TURISTICO AFFIDATI LAVORI – A PAGAMENTO ALLA STES – PER LA RICOGNIZIONE – ( Focus: gli studi di Gilbert ed Etkin, il libro di Gianluca Di Feo, i lavori di ricognizione dei fondali affidati alla Stes ). Da ricordare che era stata la stessa Capitaneria di Porto a diramare una nota stampa nella quale ( Focus ) si preannunciava la possibile presenza di ordigni bellici nel Golfo di Manfredonia. I lavori di “ricognizione del fondo marino per l’individuazione di eventuali ordigni bellici“, nonchè i “rilievi batimetrici e video ispezione del fondo marino con l’impiego di mezzi navali e personale subacqueo specializzato” erano stati affidati – dopo il rilascio di una autorizzazione – alla S.T.E.S. Snc di Mola di Bari ai cui tecnici spettano infatti i lavori succitati e per conto della GESPO Srl (Manfredonia, Piazzale Tiziano 24) nell’area in concessione di demanio marittimo e in uno specchio acqueo ubicati nel Comune di Manfredonia, della superficie complessiva di mq.273.845,00, concessa per la durata di anni 50 (cinquanta), alla Gespo, per realizzare il nuovo porto turistico di Manfredonia (rilasciato dalla Regione Puglia in data 09.06.2008).
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