Manfredonia 1620. I Turchi invadono la città sipontina, radendola al suolo, distruggendone i documenti e massacrando la popolazione. Ma Manfredonia non è avvezza a rimanere in ginocchio: con orgoglio si rialza e la sua storia non scompare.
Vari edifici raggiungono i nostri giorni, portandoci testimonianza della loro tenacia in quel periodo. Uno di questi è la Chiesa di San Matteo, quasi invisibile agli occhi dei più, ma con una storia tra le più affascinanti.
La chiesa era sotto la tutela dell’arciconfraternita della morte, congrega dei laici dedita al seppellimento dei morti. La chiesa ha origine nel XVI secolo, precisamente nel 1554, costruita da Giorgio De Angelis su disposizioni del canonico sipontino Durando. Il luogo possiede un forte legame con la chiesa di Santa Chiara, a qualche decina di metri di distanza, poiché in San Matteo, nel 1592, l’arcivescovo Ginnasio dà autorizzazione a Donna Isabella De Florio ad erigere il monastero con chiesa annessa, trasformando il palazzo privato a luogo di culto. Molto suggestive le formelle, su una facciata quasi spoglia, in stile Barocco contenenti due teschi con tibie incrociate, simbolo del memento mori e dell’arciconfraternita, incoronate con una tiara papale e una mitra vescovile. Sopra di esse tre edicole votive poggiano sull’altare, ascrivibili all’epoca di costruzione della chiesa, rappresentanti San Michele Arcangelo, la Madonna Incoronata e l’Angelo custode. L’interno, a navata singola con volta a botte lunettata e sezione romboidale, ha subito negli anni vari restauri e rifacimenti stilistici, arrivando ad essere uno stile più settecentesco, raffinato e dai colori tenui, ma comunque con richiami al Barocco.
Uno dei capolavori all’interno della chiesa è sicuramente la statua di San Matteo, attribuibile a Paolo Saverio Di Zinno, scultore molisano del Settecento, formatosi nella scuola barocca napoletana. Nella statua di San Matteo egli pone come obbiettivo principale il suo utilizzo nella festa, giorno tutt’ora particolarmente importante in tutto il Sud Italia, coprendo artisticamente il Di Zinno, nel corso della sua vita, le maggiori regioni del Mezzogiorno peninsulare. L’esperienza della scultura lignea suggerisce infatti all’artista molisano la soluzione di macchine tridimensionali, in cui l’uso del colore conferisce maggiore realismo alle figure. In San Matteo il realismo, ma soprattutto la vita, è visibile in quei dettagli che sono essenziali per far sì che una semplice commissione possa diventare una vera opera, comr la bocca leggermente aperta, il movimento del busto e la posizione del piede sinistro, ad indicare un preciso movimento. Viene posta in costante attenzione la nervosa definizione dei panneggi e delle figure, senza cadere in quell’esagerazione che renderebbe tutto incredibilmente innaturale.
Completano questo splendido complesso l’organo, il quadro della Madonna Addolorata, dipinto nel 1883 da Dal Re e l’edicola votiva posta dietro l’altare maggiore, raffigurante l’apparizione della Madonna Incoronata, probabilmente creato con la tecnica della cartapesta leccese. Ancora oggi chi entra dentro la Chiesa di San Matteo viene colpito dalla sua bellezza, dalle sue opere, testimonianze dei vari passaggi stilistici nel corso dei secoli, e dai misteri della morte che rappresentano la sua cornice intrigante.
Piercosimo Zino