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"MARI E MONTI" “Busta con un proiettile per minacciare un carabiniere in servizio sul Gargano”

Le minacce giungono all'indomani della maxi-operazione "Mari e Monti"

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
16 Ottobre 2024
Cronaca // Manfredonia //

Un grave episodio di minacce è emerso nel territorio del Gargano, dove un carabiniere in servizio ha ricevuto una lettera intimidatoria accompagnata da un proiettile di piccolo calibro. Il gesto è stato interpretato come un chiaro tentativo di intimidazione, se non di delegittimazione, nei confronti del militare e delle forze dell’ordine. Il plico minatorio è stato recapitato a più destinatari, tra cui anche la redazione della Gazzetta del Mezzogiorno.

Le minacce giungono all’indomani della maxi-operazione “Mari e Monti”, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Bari, che ha smantellato il clan dei Montanari, un’organizzazione criminale che operava nel Gargano e nelle zone limitrofe. L’operazione ha portato all’arresto di 37 persone, con altre 2 poste agli arresti domiciliari. Le accuse variano dall’associazione di stampo mafioso al traffico di stupefacenti, fino a rapine ed estorsioni. Il clan dei Montanari, radicato sul territorio, è noto per il suo controllo su diverse attività illecite, esercitando un’influenza pesante sulle comunità locali​.

La lettera, redatta al computer e scritta in stampatello, conteneva minacce dirette al carabiniere, accusandolo di presunti comportamenti scorretti nel comune in cui presta servizio. Il tono del messaggio era inequivocabile: «Non ci arrendiamo fin quando non sparisce dalle nostre viste che è meglio», accompagnato da ulteriori minacce generali a tutto il corpo dei carabinieri, con l’affermazione «Dovete morire tutti». Queste parole lasciano poco spazio all’interpretazione, delineando una volontà esplicita di far pressione sui militari, che quotidianamente operano in territori difficili, dove la criminalità organizzata è particolarmente radicata e aggressiva.

Le forze dell’ordine, pur consapevoli dei rischi legati all’operare in territori così complessi, non si sono fatte intimidire da questa nuova ondata di minacce. Il carabiniere destinatario del plico è noto per la sua dedizione e competenza, ed è considerato un elemento chiave nel contrasto alla criminalità nel territorio garganico. Proprio per questo, le forze investigative sospettano che il gesto possa essere un tentativo di calunnia, volto a destabilizzarne la posizione e a ostacolare le sue attività professionali.

Questo episodio, purtroppo, non rappresenta un fatto isolato nel panorama del crimine organizzato in Puglia. Le organizzazioni mafiose locali, inclusa la cosiddetta “Società Foggiana”, sono tristemente note per esercitare una feroce pressione su chiunque si opponga al loro potere. Negli ultimi anni, il Gargano è diventato uno dei fronti più caldi nella lotta alla mafia, con numerose operazioni condotte dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, volte a disarticolare i clan che da decenni imperversano nella zona.

L’operazione “Mari e Monti” è solo l’ultimo esempio di questa lunga battaglia. Grazie a intercettazioni e indagini meticolose, è stato possibile raccogliere prove decisive contro i vertici dell’organizzazione criminale, consentendo così alla magistratura di emettere numerose ordinanze di custodia cautelare. Tra i reati contestati ai membri del clan ci sono traffico di droga, rapine, estorsioni e, ovviamente, l’aggravante del metodo mafioso, che sottolinea la capacità di intimidazione e controllo esercitata dall’organizzazione sul territorio​.

Questo clima di forte tensione, che mescola repressione giudiziaria e minacce personali, sottolinea quanto sia complicata e pericolosa la situazione nella regione. I clan mafiosi del Gargano, nonostante i duri colpi subiti dalle operazioni delle forze dell’ordine, continuano a rappresentare una minaccia reale, non solo per le istituzioni, ma per tutta la società civile. La determinazione delle forze dell’ordine, però, non viene meno, e operazioni come “Mari e Monti” dimostrano l’efficacia del lavoro congiunto tra magistratura e polizia, nonostante i rischi personali affrontati dai singoli operatori.

L’invio della lettera con il proiettile rappresenta l’ennesimo tentativo di destabilizzare questo sistema, colpendo direttamente chi lavora per ristabilire la legalità. Tuttavia, la risposta delle istituzioni non si è fatta attendere, con un immediato potenziamento delle misure di sicurezza e un rinnovato impegno nel combattere il fenomeno mafioso, anche nelle sue espressioni più violente e subdole​.

Fonti: gazzettadelmezzogiorno.it

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