Il clan è strutturato in cellule operative a Monte Sant’Angelo, Manfredonia e Vieste, ognuna con un luogotenente che opera in autonomia, ma si consulta con il vertice per ottenere approvazioni e indicazioni. Miucci mantiene il controllo sulle strategie operative, condividendole esclusivamente con Pettinicchio.
La cellula di Monte Sant’Angelo è suddivisa in due gruppi: uno guidato da Lorenzo Scarabino e composto da Antonio Miucci, Matteo Lauriola, Leonardo Miucci e Roberto Prencipe, e l’altro capeggiato da Raffaele Palena, che include Orazio Pio La Torre, Giuseppe Pio Ciociola, Nicola Ciliberti e i fratelli Totaro, Angelo e Pasquale.
La cellula di Manfredonia ha visto tra i suoi membri Saverio Tucci (deceduto), Giovanni Caterino e Tommaso Tomaiuolo, con Scarabino che la sovrintende anche in questo caso. Gli interessi del clan si estendevano a Manfredonia, mirando a consolidare una posizione dominante nel traffico di stupefacenti, anche se la presenza di esponenti dei Romito ha ostacolato il raggiungimento di una posizione di controllo totale.
Infine, la cellula di Vieste, precedentemente guidata dall’ex boss Girolamo Perna (deceduto), comprendeva membri come Claudio Iannoli e Raffaele Giorgio Prencipe. Inizialmente, Raduano e Perna si erano avvicinati al clan Li Bergolis con l’intento comune di eliminare Angelo Notarangelo, ex leader della mala viestana. Tuttavia, dopo l’omicidio di Gianpiero Vescera, si sono divisi: Perna è rimasto con i Li Bergolis, mentre Raduano si è unito ai Romito-Lombardi-Ricussi. L’omicidio di Perna nel 2019 ha spinto Miucci a individuare in Iannoli la figura adatta per realizzare il suo piano di dominio su Vieste, dove i guadagni erano significativi.
A differenza di altri gruppi criminali del Gargano, il clan Li Bergolis si distingue per un forte legame familiare, che lo rende più coeso e difficile da penetrare dall’esterno. Enzo Miucci è cugino dei fratelli Li Bergolis e cognato di Lorenzo Scarabino, creando una rete di relazioni familiari tra i membri del clan. Questa unione è talmente profonda che uno degli indagati ha commentato: “Sai perché dicono che qui i pentiti non escono? Perché è tutta una famiglia, una famiglia di sangue.”
All’interno del gruppo, il legame associativo è rimasto saldo e inalterato nel tempo, rendendo la loro pericolosità percepita come inarrestabile dai rivali. I documenti relativi all’operazione ‘Mare e Monti’ hanno evidenziato le tecniche di intimidazione e controllo ambientale, evidenziando l’uso sistematico di metodi mafiosi, come il posizionamento di proiettili e bottiglie incendiarie, nonché l’uso di esplosivi e intimidazioni dirette, come la presenza di teste di animali mozzate.
Miucci è alla guida di un’associazione mafiosa definita “militare”, dotata di ampi arsenali e reti di rifornimento. Gli imprenditori locali, consapevoli della pressione mafiosa, si trovano spesso in una situazione di sottomissione, in un contesto caratterizzato da una resistenza psicologica delle vittime, dalla mancanza di denunce e dalla protezione dei loro aguzzini. Questo ha portato a situazioni in cui non è stato necessario utilizzare violenza esplicita; spesso, basta una semplice richiesta per dimostrare quanto fosse radicato il sentimento di omertà tra la popolazione locale.
In altre parole, “A Monte si fa così”.
I Li Bergolis sono noti a livello nazionale, e il loro rapporto con altre consorterie mafiose dimostra la loro proiezione esterna. Le interazioni con gruppi dell’ndrangheta, i Francavilla della Società foggiana, gruppi mafiosi baresi e il clan camorristico dei Mazzarella avvenivano su un piano di parità e reciproco riconoscimento.
Lo riporta FoggiaToday