FOGGIA – Un dramma che ha scosso l’intera comunità e che oggi riapre un dibattito importante sulle politiche di accoglienza e sulla necessità di rispettare le regole per garantire sicurezza a tutti. Michele Ciani, giornalista e nipote di Franca Marasco, la storica tabaccaia di via Marchese De Rosa brutalmente uccisa lo scorso agosto, ha voluto esprimere il proprio punto di vista in una lettera indirizzata ai volontari della Stazione di Foggia.
Il ricordo e l’impegno nel sociale
Ciani ripercorre il suo passato tra le fila degli Scout AGESCI di Foggia, raccontando il legame con la realtà del volontariato e le prime esperienze tra i vagoni abbandonati della stazione, quando con altri giovani scout portava aiuto ai senza fissa dimora. Un impegno vissuto con dedizione e spirito di servizio, che gli ha permesso di conoscere da vicino il lavoro di tante realtà associative locali. Tuttavia, il dolore per la perdita della zia e l’analisi di quanto accaduto lo portano oggi a riflettere su alcune criticità del sistema di accoglienza cittadino.
Le responsabilità della gestione del PIS
Secondo quanto riportato da Ciani, Radouane Moslli, il criminale reo confesso dell’omicidio di sua zia, risultava essere stato ospite del dormitorio di via Mastelloni, gestito dal PIS di Foggia. L’uomo, pregiudicato e recidivo, aveva pendenti due decreti di espulsione – uno dall’Italia e uno dalla Germania – eppure era stato accolto nella struttura senza alcuna segnalazione alle forze dell’ordine. Un’omissione gravissima che, secondo il giornalista, avrebbe potuto evitare la tragedia.
Non solo: Moslli avrebbe avuto la possibilità di muoversi liberamente tra la parrocchia di San Pio X e una casa messa a disposizione dal volontariato, dove avrebbe trovato rifugio dopo l’omicidio. Tutto questo solleva interrogativi su una gestione che, nella sua volontà di accogliere, potrebbe aver trascurato doverose verifiche e segnalazioni.
La necessità di una carità organizzata e responsabile
Ciani sottolinea un punto cruciale: l’accoglienza non può prescindere dalla legalità e dal rispetto delle norme. Fare del bene non significa agire in maniera improvvisata o cieca, ma prendere in carico la persona con tutte le responsabilità che ciò comporta, comprese le sue eventuali implicazioni di pericolosità sociale.
“Accogliere – scrive – deve essere il primo passo, seguito però da un’inclusione reale, che non si traduca in nuova marginalità e segregazione. Senza un sistema di regole chiare e rispettate, l’accoglienza rischia di trasformarsi in un mero atto assistenzialista, incapace di offrire una prospettiva di reale integrazione.”
Il processo e la ricerca della verità
L’11 aprile, Don Francesco Catalano, parroco di San Pio X, e Domenico La Marca, all’epoca responsabile del PIS, saranno chiamati a testimoniare nel processo per l’omicidio di Franca Marasco. Per Ciani, sarà un momento fondamentale per far emergere la verità e capire come siano stati possibili errori così gravi nella gestione dell’accoglienza.
“Non vorrei trovarmi nella condizione di sperare nella loro sincerità – afferma – ma la verità è ciò che continuerò a cercare, con determinazione.”
La memoria di Franca Marasco e la necessità di un cambiamento
Ciani denuncia inoltre l’assenza di un reale ricordo pubblico per sua zia, sottolineando come spesso la memoria venga sacrificata sull’altare degli interessi politici ed economici. “A Foggia si parla di bandi, di fondi, di calcio di Serie C… ma chi ha ricordato Franca? Chi ha trasformato la sua morte in un’occasione di riflessione e miglioramento?”
Per il giornalista, la sicurezza e il rispetto delle regole devono essere alla base di qualsiasi politica di accoglienza. Solo così si potrà evitare che tragedie come quella della sua famiglia si ripetano.
“La legalità e la giustizia – conclude – sono elementi essenziali per una vera accoglienza. Perché, come diceva Sant’Agostino: ‘Se non è rispettata la Giustizia, che cosa sono gli Stati se non una grande banda di ladri?’”.
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