Fuga da Tremiti – Escape from Tremiti – Settembre, 1845. L’isola di San Domino, Isole Tremiti.
La notte era calda e umida, un tipico settembre pugliese. Le stelle brillavano alte nel cielo, ma il silenzio che regnava sull’isola di San Domino, così lontana e isolata, era quasi surreale. La colonia penale di Ferdinando II di Borbone era stata istituita da pochi anni, e tra i detenti non mancava la disperazione. La maggior parte di loro proveniva dal Regno di Napoli: delinquenti, camorristi, omicidi, uomini che avevano scelto di sfidare la legge e che ora erano condannati a scontare la loro pena su una terra desolata, tra rocce e mare.
Era l’8 settembre 1845 quando il rapporto dell’Ispettore di Polizia giunse al Ministro della Polizia Generale a Napoli. Sei detenuti erano riusciti a fuggire. La notizia fece scalpore. I dettagli erano frammentari, ma il messaggio era chiaro: qualcuno stava cercando di sfuggire all’inferno delle Tremiti.
Ma come avevano fatto? La notte tra il 6 e il 7 settembre, quei sei uomini erano riusciti a sfuggire al controllo, e le indagini avevano rivelato un’unica verità: erano fuggiti grazie a un’imprevista opportunità.
La Fuga
Luigi Busomo, Luigi Balestrieri, Gennaro Esposito, Nicola Laudiano, Salvatore Ciotola e un sesto uomo, non ancora identificato, si trovavano all’interno del carcere di San Nicola, la prigione più sicura dell’arcipelago. Era lì che venivano rinchiusi i detenuti di massimo livello, e l’unica via di fuga sembrava essere la morte stessa. Ma quella notte, qualcosa era cambiato.
Il racconto del caporale del distaccamento di Gendarmeria si rivelò fondamentale. “Mi perviene che sei coloni erano evasi dalla prigione di San Domino, approfittando di un battello di servizio per la costruzione del ponte che doveva unire le isole.” Il ponte, in fase di costruzione da mesi, aveva portato con sé una serie di mezzi di trasporto che normalmente non erano a disposizione dei detenuti. Il battello utilizzato per il trasporto dei materiali era a remi, e quella notte, uno degli operai aveva dimenticato di mettere in sicurezza la barca. Un errore fatale.
I sei uomini, grazie alla loro astuzia e conoscenza del luogo, approfittarono della nebbia che scendeva sulle isole durante la notte. Il mare, solitamente calmo, si era fatto più insidioso a causa di una leggera tempesta che si stava preparando, ma questo non fermò i fuggitivi. Lontani dalla vigilanza, riuscirono a raggiungere la barca, che ormeggiava in una baia nascosta. Le onde battevano sulle rocce, ma loro avevano bisogno di andarsene, di allontanarsi da quell’isola che per troppo tempo li aveva imprigionati.
“Se c’è una cosa che abbiamo imparato, è che nessuno può fermarci, neanche il mare”, disse Luigi Busomo, uno degli evasi, un uomo robusto, dai capelli neri e lo sguardo sfuggente. La sua cecità da un occhio non gli impediva di muoversi con agilità, e quella notte, la sua determinazione sembrava essere più forte di ogni altra cosa.
Il battello scivolò nel buio della notte, spinto da due remi, nelle mani dei fuggitivi. Il silenzio era totale, rotto solo dal suono delle onde che sbattevano contro la scafo. La rotta era incerta, ma il desiderio di libertà era più forte della paura.
La Rocca di San Nicola e la Tensione nella Prigione
Intanto, all’interno della prigione di San Nicola, la situazione stava degenerando. I guardiani si erano accorti che qualcosa non andava, ma l’isolamento dell’isola e la natura di quella colonia penale rendevano qualsiasi fuga estremamente difficile da prevenire. Le pareti di San Nicola erano alte e spesse, e le torri di guardia circoscrivevano l’intera isola. Ma i detenuti conoscevano bene le debolezze del sistema.
Gli uomini all’interno della prigione, pur tra sofferenze e speranze, avevano intessuto una rete di solidarietà e astuzia. I fuggitivi erano esperti nel nascondersi tra le rocce e nel navigare le coste frastagliate dell’arcipelago, conoscevano ogni angolo dell’isola, ogni punto debole. Sapevano anche che la comunicazione con il continente veniva fatta tramite il telegrafo, e che le notizie venivano trasmesse lentamente, facendo guadagnare loro ore preziose.
Nicola Laudiano, uno degli evasi, era noto per la sua faccia schiacciata e il carattere impetuoso. “Non resteremo fermi a tremare di paura,” aveva detto a uno degli altri durante la pianificazione della fuga. “Questa isola non ci può tenere prigionieri per sempre.”
Fu proprio lui, insieme a Salvatore Ciotola, il cui aspetto riccio e la barba folta lo rendevano facilmente riconoscibile, a ideare il piano di fuga. Mentre gli altri si occupavano di distrarre le guardie durante il giorno, Nicola e Salvatore avevano studiato il battello, e sapevano che la notte sarebbe stata il momento migliore per agire.
La Corsa Verso la Libertà
Quando la barca finalmente lasciò le acque di San Domino, i sei fuggitivi erano consapevoli del rischio. La fuga non era solo una questione di allontanarsi da un’isola deserta, ma di affrontare il mare Adriatico, la corrente, il buio e la tempesta che stava già cominciando a farsi più forte.
Ma mentre il battello solcava le acque, qualcosa di inaspettato accadde. La tempesta che si stava avvicinando divenne più violenta, e le onde si innalzarono in fretta. I fuggitivi non si lasciarono intimidire. “Non c’è nessun ritorno,” grugnì Gennaro Esposito, un uomo di 40 anni che aveva passato più della metà della sua vita in prigione. “Se dobbiamo morire, moriremo liberi.”
Il mare impetuoso li portò lontano dalla vista delle isole. La loro destinazione era sconosciuta, ma la loro determinazione li spingeva sempre più lontano. La rotta li portò verso la terraferma, dove si sarebbero dovuti nascondere, tra le montagne della Puglia o forse oltre, nella terra che si stendeva verso il sud.
Il loro viaggio era appena iniziato. La caccia all’uomo che sarebbe seguita sarebbe stata implacabile, ma i sei prigionieri avevano appena assaporato quella che sarebbe stata la loro unica opportunità di riscatto. La fuga da Tremiti sarebbe stata la loro lotta per la libertà.
La Caccia e il Mistero
La notizia della fuga si diffuse rapidamente lungo la costa adriatica. Le forze di polizia e i soldati vennero immediatamente allertati. Ma i sei fuggitivi scomparvero nel nulla, mescolandosi tra la gente delle coste, sfuggendo a ogni possibile sorveglianza.
Tremiti, quella notte del 6 settembre 1845, non fu solo il teatro di una fuga leggendaria, ma divenne simbolo di una lotta per la libertà che andava oltre il confine dell’isola. La verità su ciò che accadde davvero quella notte, se fosse finita in omicidi o coltellate, rimase nel mistero.
La storia dei sei evasi da Tremiti è ancora oggi raccontata, come un’eco che si perde tra le onde del mare, dove i sogni di libertà sfidano l’impossibile.
Continua…
A cura di Michelangelo De Meo, Ingegnere.