È passato poco più di un mese da quando Costanzo ci ha lasciati a causa di una malattia che in oco tempo non gli ha dato scampo. Era un medico d’urgenza e si era unito al gruppo dell’Unità di Pronto Soccorso-Accettazione di Casa Sollievo circa 12 anni fa, zainetto sulle spalle e quel meraviglioso sorriso accattivante, specchio di un animo nobile e disponibile.
«Era colto, competente e coraggioso, amato e rispettato dai compagni di lavoro», ci ha spiegato il suo primario Giuseppe Di Pumpo. «Ha accolto e si è preso cura di migliaia di pazienti, attuando con naturalezza i principi del nostro Fondatore. Era un uomo dolce, aveva un grande cuore dove non vi era posto per rancore, invidia e ipocrisia. Con la sua disarmante schiettezza ha reso allegri tanti momenti e mitigato il dolore nelle occasioni spiacevoli. Era uno di noi e la sua assenza in prima linea ci pesa come un macigno».
«Dicono che l’uomo mortale ha una sua immortalità “nel ricordo che porta e nel ricordo che lascia”. Ebbene qui da noi in reparto – ci hanno scritto i colleghi – si parla sempre di Costanzo, se ne parla con un sorriso che sorge spontaneo, con una lacrima che si nasconde a fatica. L’enorme patrimonio che ci ha lasciato non andrà perso».
E in questo patrimonio ci sono anche migliaia di fotografie che Costanzo ha scattato in giro per il mondo, nei suoi lunghi viaggi. Amava la fotografia e soprattutto amava viaggiare per farla: Cina, Indocina, India, Myanmar, Papa Nuova Guinea, Tibet, Pakistan, Etiopia, Paraguay, Bolivia, Australia, sono solo alcune delle sue mete. Fotografava volti, persone, paesaggi, costumi e tradizioni. Preferiva il bianco e nero, e annotava appunti di viaggio che, puntualmente, al ritorno pubblicava sul suo sito internet.
La luce accomunava entrambe le sue passioni, per la medicina e per la fotografia. «Quella che rende un’immagine perfetta e indimenticabile e quella che brilla negli occhi dei pazienti quando riusciamo ad alleviare le loro sofferenze. Viaggiare – scriveva sul suo sito – è percepire il mondo in tutto il suo splendore. È assaporare il gusto della vita, è testimoniare la bellezza del creato. È sete di conoscenza, è il piacere di confrontarsi, è volontà di rinnovamento interiore, è umiltà, è entusiasmo. È la continua ricerca di nuove mete e il tentativo di raggiungerle che rende la vita viva e degna di essere vissuta».
Dal 21 al 26 dicembre, per ricordare il dottor Cascavilla, i suoi colleghi e la sua famiglia allestiranno una mostra fotografica nel lungo corridoio di ingresso alla Cappella Maggiore del terzo piano dell’Ospedale. Mostra che sarà replicata nel Chiostro comunale di San Giovanni Rotondo dal 27 dicembre, giorno in cui avrebbe compiuto 54 anni, al 31 dicembre.
«Mi piace raccontare storie, fotografare la gente, la natura, il paesaggio. Cerco di documentare in maniera artistica e con nuovi occhi splendidi viaggi in giro per il mondo – scriveva sul suo sito –. Mi interessa la fotografia d’azione, agile e istintiva, spontanea e sincera; il ritratto e l’astrazione del bianco e nero; il mistero e la schiettezza dell’infanzia. In una parola è per me intrigante tutto ciò che non è costruito in laboratorio, il bello fotografico condiviso e non confinato nell’hard-disk di un computer, gli straordinari compagni di strada prodighi di preziosi consigli».
Oltre che una persona gentilissima e bravissima (era in camera con mio padre, venuto purtroppo a mancare prima di lui, ad agosto), anche un grande fotografo R.I.P.