Manfredonia – Alcuni operatori di ASE SpA hanno avviato stamani una protesta pacifica, in piazza del Popolo all’ingresso di Palazzo San Domenico, sede del Comune, per sensibilizzare l’opinione pubblica, l’amministrazione comunale e gli stakeholder coinvolti sulla loro vertenza lavorativa. Una manifestazione che nasce da una storia complessa e che oggi punta a ottenere risposte chiare sul futuro occupazionale di un gruppo di lavoratori che si sente ingiustamente penalizzato.
“La vicenda risale all’inverno del 2021, quando ASE SpA ha indetto un concorso per l’assunzione di 12 unità lavorative più ulteriori 5, con contratti a tempo determinato della durata di un anno. Tra i partecipanti, un gruppo di giovani lavoratori ha completato il proprio anno di attività con vari contratti, posizionandosi in graduatoria in maniera conforme ai risultati ottenuti”, spiega un operatore a StatoQuotidiano.it
Tuttavia, secondo quanto denunciato dai manifestanti, questi operatori sono stati successivamente “scavalcati da altri colleghi, con posizioni inferiori in graduatoria, per quanto riguarda le opportunità di prosecuzione lavorativa”.
Uno dei punti centrali della protesta è la richiesta di stabilizzazione. Nel corso degli ultimi anni, si è parlato della possibilità di “regolarizzare 16 unità lavorative”, un tema oggetto di promesse ripetute da diverse amministrazioni, sindaci e interlocutori istituzionali. Nonostante i numerosi annunci e i riferimenti a piani industriali, la situazione resta in stallo, alimentando il senso di incertezza tra i lavoratori coinvolti.
“La stabilizzazione ci era stata prospettata come un diritto, qualcosa che potevamo legittimamente esigere”, raccontano i manifestanti. Tuttavia, ad oggi, quelle parole si sono rivelate vane, lasciando spazio a dubbi sulla reale volontà delle parti coinvolte di trovare una soluzione concreta.
I lavoratori rivolgono un accorato appello al Comune, ai dirigenti di ASE SpA e a tutti gli attori istituzionali e imprenditoriali coinvolti. “Se c’è la volontà, si possono superare anche gli ostacoli normativi, come il riferimento al controllo analogo”, dichiarano, sottolineando la necessità di una scelta coraggiosa e orientata alla giustizia sociale.
Concludono con un invito a “mettersi una mano sulla coscienza” per non lasciare morire professionalmente un gruppo di lavoratori che, nonostante tutto, continua a lottare pacificamente per un diritto che considera sacrosanto: la dignità lavorativa.
Bisogna trovare prima le risorse economiche e non gravare sulle future generazioni aumentando il debito pubblico.