Carlo Pellegatti, noto giornalista e telecronista sportivo, ha rilasciato alcune dichiarazioni sull’avventura di Guardiola, allenatore tra i più vincenti di sempre, che sembra essersi avvicinata alla fine.
Ecco quanto dichiarato a Scommesse.io:
Non è certo facile per un club sostituire un allenatore che ha regalato vittorie, trionfi, emozioni e un’organizzazione di gioco studiata e ammirata in tutto il mondo. Eppure, l’avventura di Pep Guardiola, allenatore del Manchester City, sembra avvicinarsi alla fine, nonostante il rinnovo del contratto, avvenuto il 21 novembre, per altri due anni, fino al 2027, con un ingaggio di 23 milioni l’anno. Una mossa che sembrava quasi disperata da parte dei dirigenti dei Citizens, nel tentativo di fermare l’emorragia di risultati negativi di quella fase della stagione. Tuttavia, senza alcun apparente successo.
Vengono subito alla mente le antiche parole di un saggio ed esperto giocatore come Billy Costacurta: “Dopo qualche anno un allenatore deve essere cambiato o deve essere lui ad andarsene!”.
I numeri della crisi
I numeri sono stati – e continuano a essere – tragici. Dal 30 ottobre, il City ha disputato 11 partite, subendo 8 sconfitte. Non solo: Guardiola non aveva mai registrato prima d’ora 4 sconfitte consecutive in campionato, 7 partite senza vittorie e 10 match con una sola vittoria. L’ultima debacle è arrivata nel derby di domenica 15 dicembre contro il Manchester United, con i due gol della rimonta subiti al minuto 88 e al minuto 90. Una chiara dimostrazione che la crisi è ancora nel pieno del suo divenire.
Le parole di Pep dopo l’ennesimo ko
Dopo la sconfitta, Pep Guardiola si è lasciato andare a una laconica confessione: “Non sono bravo abbastanza se non riesco a cambiare la situazione, se non riesco a capire perché continuano a fare gli stessi errori. Sono io l’allenatore e non trovo soluzioni a problemi che continuano a ripetersi!“.
Guardiolismo alla frutta?
Molti si chiedono ora se il “Guardiolismo” sia finito. Quel modo di interpretare il calcio che, a soli 53 anni, gli ha permesso di vincere 3 Champions League, 4 Supercoppe UEFA, 4 Coppe del Mondo per Club, oltre a 12 titoli nazionali tra Barcellona, Bayern Monaco e Manchester City. Sempre offrendo un gioco spettacolare, propositivo, con una precisa identità e una griffe prestigiosa: “Made in Guardiola”. Non è razionale pensare che tutte queste sue qualità siano improvvisamente svanite.
Va innanzitutto premesso che la stagione del City è stata condizionata dai numerosi e gravissimi infortuni. Il tecnico catalano ha dovuto fare a meno di pedine fondamentali come Rodri, De Bruyne, Stones e Foden. Tuttavia, il problema sembra essere più profondo. Già ai tempi del Barcellona, Guardiola si rese conto di essere giunto alla fine quando, durante gli allenamenti, soprattutto nel “torello”, il pallone non “suonava” più nel modo giusto. Nessuno può sapere se a Manchester stia accadendo la stessa cosa. Più probabilmente, il momentaccio è causato dalla sazietà dei suoi giocatori: l’abitudine a vincere, la stanchezza mentale dopo nove anni vissuti a mille all’ora, sempre al massimo della tensione. È un malessere subdolo e naturale, che prescinde da schemi tattici, moduli o metodi di allenamento.
Guardiola dovrà forse cercare nuovi traguardi, inventarsi nuove sfide. Ma non è facile. In caso contrario, non gli resterebbe che chiudere la sua avventura inglese, sia per sua scelta, sia, clamorosamente, per decisione del club. “E se mi mandano a casa? Vado a casa, è la vita!“, ha dichiarato Guardiola. Ma non è mai stata davvero la sua vita.
Pep tra gli allenatori più influenti di sempre
Nulla può e potrà “macchiare” la storia di Pep Guardiola, un allenatore che ha segnato un’epoca grazie al suo stile unico, riconoscibile e rivoluzionario. Il suo calcio, caratterizzato da possesso palla esasperato, pressing organizzato e ricerca costante della superiorità posizionale, ha cambiato radicalmente il modo di interpretare il gioco. I numerosi titoli vinti in Spagna, Germania e Inghilterra, uniti alla spettacolarità delle sue squadre, lo collocano senza dubbio tra i tecnici più innovativi e influenti della storia del calcio.
L’erede di Michels, Crujiff e Sacchi
Nella scala gerarchica, Guardiola è un erede diretto della scuola di Michels e Cruijff, avendo costruito il suo stile partendo dai principi del “calcio totale” e del gioco posizionale. Rispetto a Michels, che ha teorizzato i concetti fondamentali, e a Cruijff, che li ha raffinati e messi in pratica, Guardiola si distingue per aver portato quegli insegnamenti a un livello contemporaneo e iper-moderno. Rispetto ad Arrigo Sacchi, Guardiola condivide l’ossessione per i dettagli tattici e l’organizzazione, ma si differenzia per l’approccio più offensivo e meno dogmatico. Sacchi ha rivoluzionato il calcio italiano introducendo il pressing sistematico e la difesa a zona, ma Guardiola ha saputo adattare il gioco alle peculiarità dei suoi campioni, rendendolo più universale. È difficile stabilire una gerarchia definitiva, ma Guardiola può essere considerato il naturale proseguimento della linea evolutiva di questi grandi maestri.
La ricetta perfetta
Il successo di Guardiola è il risultato di una combinazione unica di fattori. Da un lato, il tecnico catalano ha mostrato un‘intelligenza tattica fuori dal comune, capace di valorizzare al massimo le qualità dei suoi giocatori e di costruire squadre con una forte identità. Dall’altro, è innegabile che abbia avuto a disposizione talenti straordinari come Messi, Iniesta, Xavi, De Bruyne e altri. Tuttavia, il suo merito principale risiede nel fatto che non si è limitato a sfruttare questi campioni, ma li ha fatti crescere ulteriormente, trasformandoli in giocatori totali e in grado di esprimere al meglio il suo sistema di gioco. Messi è stato centrale nel suo Barça, ma è altrettanto vero che Guardiola ha plasmato un contesto ideale per esaltarne le caratteristiche, costruendo intorno a lui una squadra perfetta.
Gli effetti del “guardiolismo” sul calcio italiano
Il “Guardiolismo” ha influenzato profondamente il calcio europeo, ma la sua applicazione in Italia ha spesso portato a risultati deludenti. Questo è dovuto a diversi fattori: il contesto tattico italiano, storicamente più orientato alla difesa e alla concretezza, non si sposa sempre con la filosofia ultra-offensiva e rischiosa di Guardiola. Inoltre, molti allenatori di Serie A hanno cercato di imitare lo stile del tecnico catalano senza comprenderne a fondo i principi, finendo per ottenere squadre sbilanciate o prive di identità. In un sistema come quello italiano, dove la tattica e l’equilibrio sono fondamentali, applicare il “Guardiolismo” in modo superficiale può effettivamente creare più danni che benefici. Tuttavia, l’influenza di Guardiola ha anche stimolato una riflessione su un calcio più propositivo e spettacolare, costringendo gli allenatori italiani a evolversi e a cercare nuove soluzioni.