Nel vortice di espressioni altisonanti, tra “Cuori pulsanti” e “Obiettivi e Speranze”, la grammatica editoriale cede il passo a maiuscole disseminate senza criterio, mentre auspici e sentimentalismi concludono ogni comunicato.
I dati? Spesso imprecisi. Le comunità? Invariabilmente descritte come eccelse, popolate da cittadini di specchiata virtù degni di una narrazione da libro Cuore.
È una constatazione innegabile.
Siamo passati dall’etica rigorosa e dall’acume di Biagi, Bocca e Minà a una sovrabbondanza di retorica prefabbricata, un cumulo di artificiosità che ha finito per permeare ogni ambito: dalla politica alla comunicazione istituzionale, dallo sport all’impresa.
Un degrado diffuso, che ha trasformato il linguaggio pubblico in un esercizio di vuota enfasi. Ed è un’occasione mancata, ogni volta.