Le tensioni che attraversano oggi le città europee sono il prevedibile risultato di un’illusione: la convinzione che la nostra cultura sia talmente attrattiva e solida da poter integrare senza difficoltà persone provenienti da civiltà e tradizioni profondamente diverse. Tuttavia, ciò che spesso viene ignorato è che molti di questi individui non hanno alcun desiderio di integrarsi; al contrario, considerano l’Europa come un territorio da plasmare secondo la propria visione religiosa.
Giovanni Sartori, politologo e intellettuale di spicco, affrontava già anni fa questa problematica con parole che oggi risuonano più attuali che mai. “Illudersi che si possa integrare pacificamente un’ampia comunità musulmana, fedele a un monoteismo teocratico che non distingue il potere politico da quello religioso, è un errore di prospettiva,” affermava Sartori. Questo fraintendimento, secondo lui, è alla base di un conflitto latente ma inesorabile.
Sartori descriveva un Islam contemporaneo incapace di evolversi, ancorato a concezioni medievali e reso più pericoloso dalla disponibilità di tecnologie moderne. “L’Islam che si è risvegliato negli ultimi decenni non è un Islam pacifico. È un monoteismo teocratico incompatibile con i principi delle società democratiche occidentali,” sosteneva.
Questa incompatibilità emerge chiaramente nella contrapposizione tra la sovranità popolare, cardine delle democrazie occidentali, e la sovranità di Allah, principio fondante dell’Islam teocratico. Tale divergenza genera inevitabilmente attriti quando i musulmani cercano di applicare i propri principi nei Paesi ospitanti.
Dal VII secolo a oggi, la storia non offre esempi di integrazione riuscita tra comunità islamiche e società non islamiche. Sartori citava come esempi emblematici l’India e l’Indonesia, dove le tensioni religiose restano vive. Ancor più preoccupante è il fenomeno delle terze generazioni di immigrati in Europa: giovani che, anziché integrarsi, si radicalizzano, nutrendo un’ostilità crescente verso le società che li ospitano.
“Il multiculturalismo non esiste,” affermava con decisione Sartori, criticando una certa sinistra occidentale che, secondo lui, è colpevole di superficialità nell’approccio all’Islam. A differenza di altre comunità, come i cinesi o gli ebrei, che hanno dimostrato la capacità di convivere mantenendo le proprie tradizioni, i musulmani, secondo Sartori, non riescono a separare il privato dal politico.
Per l’Occidente, che ha superato i propri periodi di fanatismo religioso da secoli, questo rappresenta una sfida culturale e politica di enormi proporzioni. L’Islam, affermava Sartori, è “un mondo immobile, incapace di entrare pienamente nella modernità”. Anche le economie più ricche del mondo islamico, come quella saudita, dipendono dall’importazione di beni finiti, simbolo di una società che privilegia il mercato tradizionale, il suq, rispetto all’industria.
Nonostante l’evidenza dei fatti, una parte dell’Occidente continua a insistere su politiche di accoglienza indiscriminata e umanitarismo acritico. Questo approccio, per Sartori, è sintomo di una grave miopia culturale, che ignora i rischi di un multiculturalismo mal interpretato. La lezione di Sartori, oggi più che mai, invita a riflettere sulla necessità di una politica d’integrazione più consapevole e rispettosa delle differenze, ma anche ferma nel difendere i valori fondanti delle società occidentali.
A cura di Vittoria De Salvia.
La mancanza di integrazione è la mancanza di uno stato sovrano.
Noi gli diamo vitto alloggio soldi e telefonino…in cambio di cosa?
In Germania i siriani hanno avuto tutto ciò che noi diamo alle risorse,con la differenza che in Germania devono andare obbligatoriamente a scuola e imparare la lingua per poi lavorare.Gli alloggi controllati h 24 Dagli assistenti sociali,e in giro dovevano fare i seri.
Caso contrario tornavano a casa.
Queste sono le differenze.
Dimenticavo che se si danno malati per non andare a scuola arriva il dottore per verificare la veridicità della malattia,caso contrario torni a casa.