Edizione n° 5595

BALLON D'ESSAI

CRONACA // Catturato il boss Errante Parrino, era irreperibile
28 Gennaio 2025 - ore  09:53

CALEMBOUR

PREVISIONI // Meteo: in arrivo neve e temperature anomale durante i giorni della Merla
28 Gennaio 2025 - ore  09:30

Iscriviti al canale Whatsapp

Foggia

Manfredonia

Cronaca

Politica

Sport

Eventi

San Severo

Cerignola

GAZA Parlare della shoah mentre a Gaza i corpi sono sotto le macerie? Levi, Wiesel, Springer, Raiz…

Nella scelta del classico ci si rivolge a opere collaudate, definite dai giudizi della critica… Il testo di Levi veniva da vicissitudini editoriali, rifiutato più volte da Einaudi

AUTORE:
Paolo Cascavilla
PUBBLICATO IL:
27 Gennaio 2025
Cultura // Manfredonia //

futuriparalleli.it.

Ho proposto l’adozione di Primo Levi nel 1972. In quell’anno a Monte S. Angelo due i classici per la terza liceale, libri caldi di polemiche: “Il partigiano Johnny” (Fenoglio), “Se questo è un uomo” (Levi)

Nella scelta del classico ci si rivolge a opere collaudate, definite dai giudizi della critica… Il testo di Levi veniva da vicissitudini editoriali, rifiutato più volte da Einaudi, infine pubblicato nella collana “Saggi”. Poteva essere un classico per la letteratura italiana? A convincere me e docenti erano le definizioni di Gadamer e poi Calvino: classico è un testo capace di parlarci e interrogarci a distanza di tempo… non ha cioè finito di dirci quel che ha da dire. Si parlava di testi del passato e non di libri del presente. Una scommessa, comunque. Da allora migliaia di opere, film, graphic novel, canzoni… E il libro di Levi (1919 – 1987) suscita interrogativi oggi più di ieri. Il Lager è per l’autore una gigantesca esperienza biologica e sociale. Non buoni e cattivi, sani e stolti, disgraziati e fortunati… Parla di sommersi e salvati. Se si rispettano le regole si soccombe. Si è disparatamente soli, in una lotta estenuante di aberrazione e compromessi, un groviglio di bene e male, innocenza e vergogna. Qualche dubbio si annida nel modo di salvarsi di tutti e anche di se stesso.

Elie Wiesel (1928 – 2016), Nobel per la pace, entra ad Auschwitz nel 1944, scrive in yiddish “La notte”. Due opere: “Se questo è un uomo” e “La notte”, due modi diversi di fare memoria. La prima più razionale, oggettiva, scientifica, la memoria vigile su se stessa e controllata nel linguaggio. La seconda più emozionale, soggettiva, non priva di slanci lirici che spingono il lettore a immedesimarsi con le vittime, a provare compassione per i “destini orribili”.

Levi ama lo stato d’Israele ma lo critica anche duramente, si sente in lui l’umanità ferita. l’universalità, come è la tradizione pluralistica sefardita. Wiesel appartiene al ramo ashkenazita, difende Israele, ma abbandona una conferenza quando Israele non riconosce il genocidio armeno. Entrambi si misurano sulla “indicibilità” di quell’esperienza.

Levi racconta un sogno ricorrente: tornare a casa, parlare e raccontare… la fame, i pidocchi, i kapo… Prova un godimento inesprimibile essere fra persone amiche, avere tante cose da dire, ma non può non accorgersi che sono tutti distratti, indifferenti, “parlano confusamente tra di loro, come se io non ci fossi. Mia sorella mi guarda, si alza e se ne va senza far parola”. Una pena desolata, dolore allo stato puro. Ed era un sogno che facevano tutti!

Un silenzio durato 50 anni quello di Elisa Springer (stessa età di Levi), viennese, nel lager a 26 anni. Sopravvissuta, rimasta sola, a Milano sposa un ingegnere di Manduria. Alla morte del marito, racconta la sua esperienza al figlio medico (Silvio Sammarco), che la spinge il 1 novembre 1995 a tornare ad Auschwitz e a scrivere “Il silenzio dei vivi“. Nel 1998 è a Foggia, Manfredonia, Monte S. Angelo… L’accompagna il figlio che parla degli esperimenti nei lager e dell’associazione “I figli della shoah”.

E’ nata negli anni Ottanta l’esigenza di ricordare la cultura ebraica della Diaspora, quella cancellata dalle leggi razziali e dai lager. All’Università della Terza età (Manfredonia) si tiene il corso di letteratura ebraica, lettura di novelle e romanzi, scritti in yiddish, che raccontano la vita nei villaggi (Shtetl) dell’Europa orientale. Si porta in scena (1986) a Manfredonia, nella Chiesa Sacra Famiglia, “Il processo di Shamgorod” di Wiesel. In un giorno del Purim – festa nella quale tutti sognano un mondo migliore – tre attori girovaghi arrivano alla locanda per rallegrare la comunità ebraica. Ma a Shamgorod non c’è più, un progrom l’ha sterminata. La farsa comincia ugualmente, alle risate subentrano l’ira, la rabbia. La recita diviene un processo a Dio. Chi dovrà difenderlo?

Il giorno della memoria dal 2005 si celebra alla sala Santa Chiara e poi al Luc, si raccontano altri genocidi e altre figure (Etty Hillesum, Edith Stein…). Del 2007 è la grande mostra nella Biblioteca comunale di Manfredonia, curata da Lezzi – Romano. Ed ancora la “Settimana della cultura ebraica”, prima metà di settembre dal 2011 e anni seguenti. Dibattiti, mostre, musica, danze. Emozionante la lettura dei commenti alla Mishnah e canti di due rabbini autorevoli di Siponto, Melchised e Anan bar Marinos (ca 1100). Fu bloccato da un nubifragio il concerto in piazza Giovanni XXIII di Raiz “Il canto di Abramo” (con musiche sefardite, salmi, ritmi africani e mediorientali).

La shoah non è un evento. Né è un buco nero. E’ un processo segnato da prevaricazioni, violenze, disumanizzazione… tanti tasselli sparsi. Ci serve l’immaginazione per osservare e ricercare un equilibrio tra l’ipertrofia di immagini e la cecità, la miopia di chi non vede. E c’è bisogno di una guida che raccolga documenti, li metta in ordine, indichi i responsabili, le leggi promulgate, le scelte effettuate. La storia, purtroppo non è usata come categoria interpretativa del presente, né del passato. Alla storia come studio della complessità del passato si è sostituita una dittatura della memoria storica. I testimoni diretti dei fatti sembrano essere gli unici autorizzati a poter dire cosa è veramente accaduto nel passato. Il racconto in prima persona, l’impressione individuale, unica fonte di legittimazione del racconto. Ed è subentrata tra gli ebrei l’angoscia per la scomparsa dei testimoni. Un ritorno alla storia è l’unica soluzione per capire, per dare un senso a ciò che è accaduto.

2 commenti su "Parlare della shoah mentre a Gaza i corpi sono sotto le macerie? Levi, Wiesel, Springer, Raiz…"

  1. Quello che è successo durante la Shoah, dovuto a PAZZI CRIMINALI di guerra, non è paragonabile a nessun altro crimine dì guerra,

Lascia un commento

“Nello stesso sogno è dura stare insieme.” (Claudio Baglioni)

Anonimo

Compila il modulo con i tuoi dati per inviare segnalazioni, denunce o disservizi.

Compila il modulo con i tuoi dati per promuovere la tua attività locale, pubblicizzare un evento o per proposte di collaborazione.

Nessun campo trovato.