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CRIMINALITA' La mafia garganica: omicidi, racket e controllo del mercato ittico nella confessione del pentito Pettinicchio

La mafia garganica, un intreccio di vendette e omicidi, emerge in tutta la sua cruda realtà dalle dichiarazioni del pentito Matteo Pettinicchio

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
14 Marzo 2025
Cronaca // Gargano //

La mafia garganica, un intreccio di vendette e omicidi, emerge in tutta la sua cruda realtà dalle dichiarazioni del pentito Matteo Pettinicchio, 40 anni, originario di Monte Sant’Angelo, un piccolo centro al cuore del potente clan Li Bergolis-Miucci. Con oltre 180 pagine di verbale, Pettinicchio ha ricostruito una trentina di morti ammazzati, alleanze con la “Società” (la criminalità organizzata nazionale), e il controllo di droga, racket, e del mercato ittico attraverso estorsioni e imposizioni.

Il racconto di Pettinicchio riguarda anche il conflitto tra clan e le modalità con cui i membri del clan Li Bergolis gestivano le alleanze e le vendette. “I veri capi,” afferma il pentito, “sono quelli con alleanze solide, non solo chi sa uccidere.” Il rango e il potere si misurano in base alle connessioni e ai supporti da parte di altri clan, in particolare a Foggia, Cerignola, Manfredonia e Vieste, e non dalla mera forza di un killer.

Il pentito ha raccontato anche dei nemici eliminati, come Francesco Pio Gentile, ucciso a Mattinata nel 2018, o Francesco Scirpoli, uno dei principali obiettivi del clan. La mafia garganica, secondo Pettinicchio, non si è mai fermata, nonostante le decimazioni subite dai clan rivali, come nel caso degli omicidi di Mario Luciano Romito (2017) e Pasquale Ricucci (2019).

In merito alle vendette interne e alle lotte di potere, Pettinicchio ha riferito anche dei tentativi di eliminazione di Angelo Bonsanto, presunto killer alleato dei Fogiani e dei Romito, e di Pietro La Torre, noto per il traffico di droga e per le minacce di morte verso chiunque ostacolasse il suo dominio.

Il racconto del pentito non riguarda solo la violenza, ma anche il racket delle estorsioni. Pettinicchio ha spiegato come i clan utilizzassero il “rifiuto e il fastidio” per forzare i commercianti a pagare. In particolare, ha raccontato del ruolo di “zio Mario”, una figura minore incaricata di creare disordini nei locali per spingere i proprietari a pagare protezione.

La mafia garganica, un intreccio di violenza, droga, e potere economico, continua a segnare profondamente il territorio, un’area che da Monte Sant’Angelo a Vieste, da Mattinata a Manfredonia, vive sotto l’influenza di un sistema criminale che gestisce il mercato e intimidisce chiunque osi sfidarlo.

Lo riporta retegargano.it, fonte gazzettadicapitanata.

1 commenti su "La mafia garganica: omicidi, racket e controllo del mercato ittico nella confessione del pentito Pettinicchio"

  1. Beh questa del mercato ittico non è una novità.
    Tutti sanno che la stessa ripartizione del mare per la pesca delle seppie era “gestita”. Tuttavia nessuno e soprattutto i funzionari pubblici inclusi non hanno mai detto nulla.
    Oltre al Comune sciolto per mafia bisognava mandare via anche i funzionari, dirigenti pubblici collusi con il sistema mafioso.
    La pulizia si fa se prima si butta via tutto.

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