FOGGIA – Dietro il nome rassicurante di Energia Pulita S.r.l., azienda specializzata nel trattamento dei rifiuti con sede nel Nucleo Industriale di Termoli, si cela — secondo la Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Campobasso — un intricato sistema di corruzione, autorizzazioni agevolate e legami pericolosi con la mafia foggiana.
L’inchiesta, che scuote il Molise e mette in luce le possibili infiltrazioni criminali nella regione, apre uno squarcio inquietante su connivenze tra imprenditoria, politica e malavita.
Affari e politica: il ruolo di Francesco Roberti
Le indagini puntano i riflettori anche su Francesco Roberti, all’epoca sindaco di Termoli, presidente della Provincia di Campobasso e membro del Cosib (Consorzio per lo sviluppo industriale).
Sebbene su di lui non pesino accuse di mafia, gli inquirenti ipotizzano che abbia favorito l’azienda, semplificando permessi e accelerando iter amministrativi.
Un’accusa che, se confermata, evidenzierebbe un preoccupante intreccio tra politica locale e imprenditoria.
La longa manus della mafia foggiana
Il cuore dell’inchiesta, però, si concentra sui presunti rapporti tra Energia Pulita e “Zio Franco”, ritenuto un esponente di spicco della malavita di San Severo.
Secondo le intercettazioni, l’imprenditore G. D. G. — figura chiave dell’azienda — avrebbe trovato in “Zio Franco un garante per consolidare il controllo sul settore dei rifiuti, sfruttando la sua reputazione per intimidire la concorrenza.
La “protezione” mafiosa avrebbe garantito all’impresa termolese una corsia preferenziale, mettendola al riparo da ostacoli e interferenze. In cambio, secondo gli inquirenti, i favori amministrativi venivano retribuiti con un sistema di “mazzette smaterializzate”: non tangenti dirette, ma vantaggi sotto forma di assunzioni fittizie, incarichi tecnici e pressioni sui rivali.
Smaltimento illecito e rischi ambientali
Un altro capitolo chiave dell’inchiesta riguarda la gestione dei rifiuti.
Gli investigatori sostengono che Energia Pulita avrebbe manipolato la classificazione dei materiali trattati, facendo passare per scarti ordinari fanghi industriali, residui sanitari e sostanze pericolose, abbattendo così i costi di smaltimento e moltiplicando i profitti.
Un meccanismo che, se provato, configurerebbe gravi danni ambientali e rischi per la salute pubblica.
Il quadro finale: una rete da smascherare
Le accuse mosse dalla DDA delineano uno scenario preoccupante: una rete di relazioni che intreccia politica, imprenditoria e criminalità organizzata, con il Molise come terreno fertile per affari illeciti.
Resta ora alla magistratura stabilire se i sospetti troveranno conferma nelle aule di tribunale.
In un territorio spesso considerato immune dalle mafie, l’inchiesta su Energia Pulita è un campanello d’allarme.
Come scrisse Roberto Saviano, “Esistono due forme di omertà: quella di chi sa e non parla e quella di chi non vuole sapere”. L’importante, adesso, è non distogliere lo sguardo.
Lo riporta primonumero.it