Statoquotidiano.it, 23 marzo 2025. Foggia – Capita a tanti di vivere in maniera inconsapevole e senza conoscere a pieno se stessi. Sapere invece esattamente chi si è e imparare a comprendere i segnali che vengono dalle proprie emozioni può aiutare a trovare la giusta via da seguire nella quotidianità.
Così, nel libro “Riflessioni sulla vita. Un viaggio interiore” di Magda Karwowska, pubblicato in cartaceo nel gennaio scorso, che sarà presentato il 5 aprile presso il castello di Bovino e già portato all’attenzione dei lettori il 15 febbraio, con sala gremita, al Palazzo Dogana di Foggia e il 16 marzo, presso il centro fitness “Gate”, nello stesso capoluogo dauno.
Un libro-guida, come ama definirlo l’autrice, che fa scattare delle considerazioni sulla vita, anche leggendone un capitolo a caso; che fa capire fino a che punto l’essere umano si è evoluto oggi e soprattutto che, tante volte, si scaricano le responsabilità e le colpe delle proprie difficoltà e sofferenze sull’altro, semplicemente perché non si ha una piena consapevolezza di sé e delle proprie emozioni.
46 anni, di origine polacca e da tanti anni in Italia, Magda Karwowska oggi è insegnante di yoga, meditazione e campane tibetane, e attraverso la ginnastica porta benessere al corpo e alle mente di tante persone nella convinzione che: “È bello cominciare a conoscere se stessi, sperimentare, rischiare, con l’obiettivo di capire il proprio vero potenziale”.
Come è nato il suo libro?
Statoquotidiano lo ha chiesto direttamente all’autrice nell’intervista che segue.
“Il libro è nato come un diario, da una mia necessità di trasferire i miei pensieri e ciò che provavo sulla carta.
Circa due anni fa, avevo subito una perdita in famiglia molto importante. La questione della morte aveva dunque orientato i miei interessi, portandomi a cercare di approfondire il senso della perdita e come funziona la psiche a tal proposito.
Avevo anche intrapreso un viaggio in India per conoscerne la cultura e capire la tendenza a venerare la vita e la morte tipica in essa.
Acquisendo la conoscenza delle culture orientali, mi sembrava dunque di aver capito perché siamo qui, qual è lo scopo della nostra vita e perché alla fine dobbiamo morire.
Invece, un anno fa è morto anche mio padre e, nonostante sapessi certe cose, il mio corpo continuava a stare male, chiedeva di vivere a fondo l’esperienza del dolore, mentre la mente la rifiutava, perché razionalmente mi veniva di ripetermi che avevo già capito e conosciuto tutto”.
Cosa è accaduto a quel punto?
“Ho cominciato a cercare una cura.
Per i disturbi fisici, mi sono rivolta ad un medico, ma poi ho visto che non si risolveva molto, il mio malessere rimaneva.
Ho pensato allora di cercare una cura che mi aiutasse a livello interiore.
Così ho cominciato a trasferire i miei pensieri sulla carta, pensando che tra quelle righe avrei trovato la cura giusta per me.
Scrivevo senza un filo logico, solo per buttare fuori quello che avevo dentro.
Ad un certo punto, poi, ho iniziato a rileggermi, per così dire, e mi sono detta che quei pensieri potevano essere voce non solo della mia personale esperienza, ma avere un significato universale. E, quando li ho fatti leggere al mio compagno, questi mi ha confermato le mie impressioni”.
E così poi ha deciso di riordinare quei pensieri in un libro per condividerli.“Riflessioni sulla vita” è composto oggi da 34 capitoli. Qual è l’idea centrale che li accomuna? Qual è il filo conduttore?
“Ogni capitolo è una riflessione. Non si tratta di una storia. Non è un testo narrativo.
Ogni capitolo scaturisce da una precedente riflessione e tratta un aspetto della vita umana.
L’idea di fondo che ne emerge è che io dico che noi esseri umani viviamo in maniera abitudinaria e finisce che facciamo le cose in modo inconsapevole. Come se fosse già tutto programmato nella nostra mente”.
Cosa intende quando dice che è tutto programmato?
“Sin da bambini impariamo a fare certe cose, come parlare, camminare, ed altro, in modo automatico. Queste rimangono nella nostra memoria e ci servono per sopravvivere, perché, se così non fosse, non ci si potrebbe concentrare su nessun’altra cosa.
Ora, lo stesso accade a livello sociale.
Generalmente, noi siamo portati a fare quello che la quotidianità e la società ci impongono di fare. Viviamo in base a regole e modi di fare che magari sono necessari, perché servono, altrimenti sarebbe il caos visto che ormai sulla Terra siamo circa 8 miliardi. Tuttavia, noi seguiamo spesso tali schemi inconsapevolmente, senza pensare, perché va bene così.
Ma di questo passo poi non ci si evolve. Anzi, se qualcosa va male si è portati a scaricare le responsabilità e le colpe sull’altro”.
Qual è invece la sua riflessione a tal proposito?
“Non propongo soluzioni, ovviamente. Però nel mio libro sostengo la necessità di conoscere se stessi, anche quello che ci fa male di noi, per poter poi capire in che direzione vogliamo andare. È importante conoscere le proprie emozioni. Noi viviamo di emozioni.
Non sempre sono emozioni positive, come felicità e gioia. Spesso è soprattutto il dolore però che insegna. E imparare ad affrontarlo, a viverlo fino in fondo può aiutarci a capire.
Quello che voglio mostrare è che l’obiettivo dunque deve essere porsi delle domande, vivere con senso critico, per essere più consapevoli delle proprie scelte rispetto alle necessarie regole che caratterizzano la società.
E questo dovrebbe essere un modo di fare costante, perché anche quando avrò imparato, per esempio, da un dolore, questo non vuol dire che non soffrirò più. Anzi. Un nuovo dolore richiederà in me un nuovo sforzo evolutivo, nuove domande, nuova volontà di conoscermi”.
Il testo invita a riscoprire la bellezza della propria unicità, a essere normale nella propria singolarità dunque, e a non fossilizzarsi in schemi fissati una volta per tutte?
“Esatto.
Se io ricerco delle risposte in me, arriverò a rendermi conto che certe cose le scelgo solo perché tutti fanno così ed io mi sono convinto che questa sia la cosa giusta da fare anche per me.
Non è un atto di ribellione nei confronti della società quello che io propongo, ma il coraggio di guardare dentro se stessi”.
Il libro parla anche di un tema oggi molto sentito, cioè l’utilizzo smoderato di strumenti tecnologici, nel capitolo “La macchina e l’essere umano allo specchio”. Il progresso tecnologico, secondo l’autrice mentre avrebbe facilitato la vita, permettendoci di curare il nostro corpo, d’altro canto però, attraverso una cieca fiducia riposta nelle interazioni virtuali con i social, porterebbe eterna insoddisfazione e senso di inappropriatezza.
“Riflessioni sulla vita”, inoltre, comprende anche pensieri relativi all’intelligenza artificiale, facendo notare come potrebbe risultare assurdo chiamare intelligente una macchina programmata dagli esseri umani.
A parere di Magda Karwowska, gli esseri umani starebbero rischiando di demandare i propri pensieri e la propria parte creativa alle macchine, arrivando così a non compiere alcun sforzo per aumentare il proprio sapere, le proprie capacità, il proprio potenziale e di conseguenza la propria evoluzione.