La condotta diplomatica dell’Amministrazione Americana nei negoziati riguardanti l’Ucraina, in particolare con le dichiarazioni di Donald Trump sulla possibilità di portare la pace senza specificare come, solleva interrogativi inquietanti.
A questo proposito si potrebbe riflettere sulle possibili implicazioni di una “dottrina Trump” applicata retroattivamente alla Guerra Fredda, immaginando scenari in cui decisioni cruciali sarebbero state prese in modo radicalmente diverso. In questo contesto di fantapolitica, si potrebbe ipotizzare che Trump avrebbe potuto riconoscere le ragioni di Stalin durante il blocco sovietico di Berlino nel 1948, portando alla divisione della Germania.
La Corea sarebbe stata unificata sotto il regime comunista, il Muro di Berlino sarebbe stato visto come una soluzione per limitare l’immigrazione, e ‘installazione di missili sovietici a Cuba sarebbe stata accettata, purché non puntati su Mar-a-Lago. Questo scenario ipotetico, dunque, solleva domande cruciali su ciò che sta accadendo attualmente sullo scenario internazionale, in Ucraina, in Europa e nel mondo.
Contrariamente alle aspettative di un ruolo di mediatore, l’Amministrazione statunitense sembra essersi schierata a fianco della Russia, attribuendo alla Nato e all’Occidente la responsabilità della creazione di un clima di assedio e criticando l’Ucraina per la sua resistenza. Le dichiarazioni dell’inviato di Trump, Steve Witkoff, in un’intervista con Tucker Carlson, hanno descritto il presidente russo Vladimir Putin come «molto intelligente» e «non cattivo», sottolineando gesti di amicizia personale tra Putin e Trump. In realtà, questa visione acritica si potrebbe anche paragonare a quella riservata ad Adolf Hitler, anch’egli presentato come un uomo di pace con rivendicazioni territoriali.
Per giunta lo stesso Witkoff ha inoltre espresso la convinzione russa che l’Ucraina sia un «falso Paese», un mosaico di regioni che la Russia considera proprie dalla Seconda guerra mondiale, ignorando il memorandum di Budapest del 1994 che riconosceva la sovranità ucraina. In Itala, la reazione a questa “guerra ibrida trumpiana” è ben più preoccupante, la dove si può evidenziare una scarsa reattività della classe politica e dell’elettorato di fronte all’offensiva politico-ideologica americana. Gran parte dei partiti e la maggioranza degli elettori italiani sembrano condividere il progetto di disarmare l’Ucraina per propiziare la pace e illudersi di un ritorno al “business as usual” con Russia e Stati Uniti.
Nello specifico accusano l’intero occidente della mancanza di una seria iniziativa diplomatica, i quali avrebbero legittimato e incentivato l’espansionismo putiniano. In realtà i fatti dimostrano l’esatto contrario. Fu proprio la noncuranza occidentale a seguito dell’invasione russa della Crimea, il quale si concluse con la diplomazia e gli accordi di Minsk a costituire un sicuro viatico all’espansionismo imperialista russo, e la stessa diplomazia occidentale rimase attiva a inutilmente impegnata, ad esempio con i tentativi velleitari di Macron ma anche della Santa Sede o di Scholz, fino a quando i carri armati russi non attraversarono il confine con il Donbass.
Allo stesso tempo sia la posizione del maggiore partito politico di opposizione, cioè del Partito Democratico, sia la posizione del maggiore partito di governo italiano, entrambi alleati con forze politiche che hanno avuto relazioni ambigue con la Russia di Putin e l’America di Trump, non lasciano ben sperare posto che sembrano ignorare la storia delle aggressioni precedenti.