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La Sinistra quando non capisce (o non vuole capire), parla di fascismo

AUTORE:
Paolo Cascavilla
PUBBLICATO IL:
22 Agosto 2019
Editoriali // Manfredonia //

Scese in campo Berlusconi, e la sinistra presuntuosa e sicura di sé venne travolta.

Al potere televisivo si è aggiunto quello di Internet e di nuove forme di comunicazione. Prima gli intellettuali primeggiavano e tutti gli altri erano passivi. Oggi tutti sono attivi. Salvini ha imparato bene la lezione. E’ più rozzo (volutamente), ma si muove bene nel grande circo, nell’immenso megateatro che è la politica, nello spettacolo della ricerca quotidiana del consenso… Usa concetti semplici, intrisi di cinismo ed egoismo, ma ha presa sul popolo… E la sinistra quando non capisce i fenomeni grida al fascismo. Il “salvinismo” è molto meno e molto più.

Inebriata dall’abbraccio e dalle lusinghe del capitalismo aperto all’innovazione (e al profitto), il Centrosinistra ha trascurato molte cose. Non le ha viste e continua a non vederle. Ha trascurato un valore fondamentale, quello dell’esempio, della testimonianza, dell’impegno personale nell’ascolto e nell’incontro, della competenza. Ha gettato alle ortiche la questione morale o meglio l’ha confinata nelle problematiche intimistiche e personali. E invece significa rifiuto delle clientele, costruzione di speranze e dignità per tutti, passione per l’umanità…

Nell’Italia meridionale, il 4 marzo dello scorso anno (sembra già preistoria) c’è stato un terremoto. Ha colto tutti di sorpresa. Eppure sarebbe stato sufficiente girare e ascoltare per sentire frasi, battute, che mostravano impetuosa una esigenza di liberazione, un desiderio radicale di mutare il corso delle cose, un fastidio fisico, persino; chiunque andava meglio e non “quelli là”. Erano voci, mugugni, un movimento sotterraneo, non registrato dai sondaggi. Un uragano non trainato da alcuna figura (né Grillo e né Di Maio).

Parlando con alcuni del PD su quanto avvenuto: “C’era da aspettarselo – dicevo – ma non in queste proporzioni… E’ che non vi possono più vedere”. “Tutto, però, è dovuto a una ventata nazionale, europea”. “Consolatevi così… Quando si vince è merito vostro, della classe dirigente locale! Quando si perde… Invece tutti i discorsi e le motivazioni di quel voto mescolano fatti nazionali e locali. E’ sempre stato così. E non bisogna scordarsene”.

Subito dopo il voto, ci sono state analisi, elenchi di errori fatti, propositi (periferie, liberare il Sud “dai cacicchi locali”, “commissariare metà dei circoli meridionali”…)

Salvini non è il fascismo, è qualcosa di meno e di più. Nello scontro dei grandi preveggenti non ha vinto Orwell, che nel suo romanzo “1984″ (scritto nel 1948) prevedeva un potere onnisciente, onnipotente, che spiava gesti e voci, limitava libri e informazione, controllava le vite e i pensieri… Il 1984 è arrivato e non è accaduto niente. Huxley scrive nel 1932 “Il mondo nuovo”, dominato dalla distrazione e dalla trivialità, da una indigestione di informazione, così tanta che avrebbe portato alla passività; la cultura banale e irrilevante, cafonesca e volgare, ridotta (come il sesso) a divertimento. La comunicazione politica? Solo violenza negli attacchi agli avversari, frammenti senza ordine logico, che ognuno percepisce in modo soggettivo e deformato. Tempi di malafede, voltafaccia quotidiani, mai evidenti come in questo periodo: oggi l’impeachment a Mattarella e domani la minaccia di epurazione dei funzionari pubblici disubbidienti… la proclamazione della fine della povertà e l’Europa detestata a giorni alterni… E ogni giorno la pretesa di indossare il vestito bianco dell’innocenza.

I nuovi tempi di malafede non escludono nessuno. “Ma come se ne esce?” E chi lo sa? Gli intellettuali contano solo quando muoiono. L’unica salvezza potrebbe venire da persone che insieme operano nel sociale, piccoli gruppi di informazione critica, di vigilanza democratica. “E il PD?” Aprite le sedi, fate parlare i giovani, le donne… fate dire loro sciocchezze, che non saranno superiori o più fastidiose di quelle che avete detto e fatto voi, i big della politica. E forse useranno parole più vere.

A cura di Paolo Cascavilla,

fonte futuriparalleli.it

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