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CONFAGRICOLTURA Protesta agricoltori, Schiavone: “Abbandonare la coltivazione della terra potrebbe provocare scenari disastrosi”

Il presidente di Confagricoltura analizza ai microfoni di StatoQuotidiano la situazione del comparto agricolo

AUTORE:
Claudia Ferrante
PUBBLICATO IL:
23 Gennaio 2024
Foggia // Lucera //
Foggia. “Alla luce della protesta che sta dilagando un po’ ovunque e che vede anche il nostro territorio (a forte vocazione agricola) protagonista di accenni di dissenso rispetto alle politiche comunitarie, cosa si sente di dire a quegli imprenditori agricoli che hanno deciso di fermare i trattori per mostrare la loro protesta?
Non posso che ribadire che comprendo molte delle loro ragioni. La situazione è complessa a livello continentale. Le politiche legate al green deal ed alla transizione ecologica si sono riverberate in modo massiccio nella nuova PAC, quasi come se fosse l’agricoltura europea la responsabile di tutto.
Se a questo uniamo le crisi internazionali con le ripercussioni geopolitiche in atto e l’aumento dei costi di produzione, a cui non ha fatto seguito un corrispondente aumento nel prezzo di vendita dei prodotti agricoli, è ovvio che la situazione rischia di diventare esplosiva. Ma è proprio in questi casi che chi ha ruoli di responsabilità in organizzazione di rappresentanza deve saper mantenere la calma.
La globalizzazione e l’interconnessione dei mercati, anche di prodotti agricoli come quelli che si coltivano da noi, richiede una comprensione delle dinamiche in corso che non può limitarsi alle giuste rivendicazioni di categoria. Per far valere le nostre sacrosanti ragioni dobbiamo dialogare con i rappresentanti politici nazionali, con gli uffici di Bruxelles. con le altre categorie produttive.
La esasperata conflittualità sociale non aiuta a trovare soluzioni.
Quali potrebbero essere le risposte delle principali sigle sindacali come Confagricoltura alla politica centrale ed europea?
Dobbiamo partire dall’assunto che pur in presenza di una unica PAC a livello comunitario, la declinazione nei vari stati membri è differente. Questo perché differenti sono le esigenze della categoria nei diversi Paesi. L’agricoltura tedesca, per esempio, ha caratteristiche produttive differenti da quella italiana. Per questo le organizzazioni di rappresentanza storica come Confagricoltura hanno oggi un compito molto delicato. Devono trovare una intesta che vada bene a tutti gli agricoltori europei, senza sacrificare l‘interesse dei propri associati che hanno nella dimensiona nazionale e regionale la loro principale interlocuzione. Portare i trattori in strada può essere facile, ma non sempre nel lungo periodo è la strada migliore. Ma ripeto, comprendo l’esasperazione di chi lo fa.
Quali potrebbero essere gli scenari futuri se le richieste di sostegno vengono inevase?
Noi come Confagricoltura Foggia abbiamo subito aperto un tavolo di confronto con i parlamentari del territorio. Abbiamo consegnato loro un documento che contiene dei possibili primi correttivi da apportare, per non far degenerare una situazione davvero complicata. E’ chiaro che ci aspettiamo un interessamento immediato del Governo, tanto sulle politiche fiscali che sulla interlocuzione con le istituzioni europee per trovare immediati correttivi alla PAC. I rischi di alcune scelte le avevamo già paventate in fase di discussione preliminare sulla PAC. Crediamo che ora le nostre preoccupazioni siano patrimonio comune di molti.
Crede che il turn over generazionale in agricoltura possa stopparsi anche alle nostre latitudini?
Il ricambio generazionale nelle imprese è un fatto naturale. Ovviamente se quel settore produttivo rimane economicamente e professionalmente sostenibile.
Una delle nostre richieste per favorire questo ricambio è il mantenimento degli sgaravi fiscali sull’Irpef per il primo biennio per gli under 40 che intendono occuparsi di agricoltura. L’innovazione tecnologica riguarda anche il settore primario ed è ovvio che star dietro alla rivoluzione digitale è più facile per un giovane.
Ma è altresì evidente che ci deve essere un ritorno economico per questo impegno. Noi in questo territorio abbiamo mantenuto una centralità del settore ma ho la sensazione che troppi dimenticano che fare agricoltura vuol dire prima di tutto produrre cibo.
Secondo noi se si dimentica questo si fa un errore enorme per il futuro della Capitanata e dell’Italia più in generale. Abbandonare la coltivazione della terra, anche con i cambiamenti climatici in corso, potrebbe provocare scenari disastrosi nel medio periodo. Per questo c’è bisogno di dare sostengo a chi, con fatica e sacrifici quotidiani, continua in questo difficile lavoro.”

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A settembre, c’è nell’aria una strana sensazione che accompagna l’attesa. E ci rende felici e malinconici. Un’idea di fine, un’idea di inizio. (Fabrizio Caramagna)

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