L’ex parroco di Bonassola rompe definitivamente con l’istituzione ecclesiastica. Dopo la morte di Papa Francesco, pubblica una lettera: “Non voglio più essere considerato tra i battezzati”
In un momento di profondo lutto per la comunità cattolica, segnato dalla scomparsa di Papa Francesco, arriva una notizia che scuote ulteriormente l’ambiente ecclesiastico: Don Giulio Mignani ha annunciato il suo addio definitivo alla Chiesa. L’ex sacerdote, sospeso a divinis nel 2022 per le sue posizioni considerate troppo progressiste, ha reso pubblica una lettera indirizzata al vescovo di La Spezia, monsignor Luigi Ernesto Palletti, in cui dichiara di voler rinunciare non solo al ministero sacerdotale, ma anche alla sua stessa appartenenza alla Chiesa.
“Non credo più al valore ontologico del battesimo – scrive – Lo ritengo un semplice rito di appartenenza all’istituzione Chiesa, e per questo desidero non essere più annoverato tra i ‘battezzati’”. Un’affermazione forte, che rappresenta uno strappo radicale rispetto alla dottrina cattolica, nella quale il battesimo è considerato un sacramento indelebile.
La decisione di Don Mignani è il culmine di un lungo percorso di distacco e riflessione.
Già negli anni precedenti, il sacerdote si era distinto per le sue prese di posizione a favore dell’eutanasia, del diritto all’aborto e dei diritti della comunità LGBTQIA+. Opinioni che lo avevano portato a scontrarsi apertamente con le gerarchie ecclesiastiche e, infine, alla sospensione dal ministero attivo.
“Non posso più accettare di far tacere dentro di me le esigenze della logica, della ragione e del sentire umano orientato alla compassione – afferma nella lettera – Non posso più sottostare al dettato di un’autorità che esige un’obbedienza acritica, tacciandomi di eresia per ogni pensiero non allineato alla dottrina”.
Secondo Mignani, la Chiesa non è disposta ad accogliere il pensiero critico e continua a condannare chi, nel corso dei secoli, ha osato evidenziare le fragilità della sua dottrina. Un atteggiamento che, scrive, lo ha portato a vivere “un disagio crescente, sedimentato nel tempo, a lungo moderato o rimosso, anche a causa dei pesanti condizionamenti derivanti dalla mia formazione e dal contesto ecclesiale in cui ho operato”.
Nel suo scritto, l’ex parroco di Bonassola parla anche di un lungo periodo di “vuoto ecclesiale” seguito alla sospensione, durante il quale ha avuto modo di guardare alla realtà della Chiesa con occhi nuovi: “Questo tempo mi ha permesso un’analisi più libera, più onesta e intellettualmente oggettiva, facendomi capire che non posso più sentirmi parte di questo contesto”.
La scelta di Mignani si inserisce in un momento delicato per la Chiesa cattolica, già segnata da scandali, crisi di vocazioni e un progressivo distacco da parte di molti fedeli. Non è un caso che il sacerdote abbia voluto rendere pubblico il suo gesto proprio ora, nei giorni della scomparsa del pontefice, quasi a segnare simbolicamente una cesura definitiva non solo personale, ma anche istituzionale.
Sebbene il suo gesto possa sembrare estremo, per Mignani rappresenta la naturale conclusione di un cammino di coerenza interiore. “Rispondo alla mia coscienza – conclude – non più al comando di un’autorità che non riconosco più come guida spirituale”.
Lo riporta genovatoday.it