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“Diego Fusaro al Festival del Pensiero”

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
23 Ottobre 2017
Capitanata // Cultura //

Stornarella. Bellissimo il Festival del pensiero che si è tenuto nei giorni 21 e 22 ottobre a Stornarella nella sua prima edizione. Iniziativa questa partita grazie a due giovani, Celestino di Corato e di Michele Carchia, i quali hanno fondato anche un’associazione, Attiva-mente presente anche su Facebook con una pagina dedicata.

Partner del Festival, il circolo Arci Travel di Stornara, la cooperativa Social Service di Orta Nova, l’Officina della Comunicazione di Orta Nova e tanti altri volontari. Patrocinio all’evento è venuto dai Comuni dei Cinque Reali Siti, dalla Regione Puglia e dal Senato della Repubblica.

Una successione di intellettuali che hanno espresso idee e dato spunti di riflessione su cui riflettere.

Nella prima giornata si sono espressi Pino Aprile, giornalista e saggista della redenzione del meridione; Antonio Ciano, scrittore che ha descritto i massacri dei Savoia ai tempi dell’Unità d’Italia; Adelmo Monachese che, con la presentazione del suo ultimo libro, “Attentato al piccolo principe”, ha portato anche la sua esperienza in qualità di creatore di contenuti per Inchiostro di Puglia.

Altri nomi importanti per la seconda giornata: Diego Fusaro, noto saggista e filosofo; il professor Franco Arminio; il giovane magistrato Michele Ruggiero, simbolo delle inchieste contro le agenzie di rating; il giornalista Gianluigi Paragone, volto noto del programma “La Gabbia” di La7.

Diego Fusaro in particolare ha presentato il libro “Pensare altrimenti – Filosofia del dissenso”. Idea centrale “L’ordine dominante non reprime, oggi, il dissenso. Ma opera affinché esso non si costituisca. Fa in modo che il pluralismo del villaggio globale si risolva in un monologo di massa. Perciò dissentire significa opporsi al consenso imperante, per ridare vita alla possibilità di pensare ed essere altrimenti”.

Tanti gli spunti di riflessione offerti da Diego Fusaro sul dissenso.

Il suo quadro parte innanzitutto dall’assunto che oggi starebbe ridefinendosi una dimensione di memoria orwelliana. “Per due motivi: il formarsi di una neolingua come sinonimo di impoverimento del nostro lessico che, non soltanto si traduce in forme di semplificazione coatta della lingua che vanno sotto il nome di SMS, TWITTER ed altri dispositivi che impediscono al linguaggio di articolarsi in forme eterogenee, ma si configura come una sorta di dominio da parte di grammatiche preordinate che determinano il nostro pensiero portandolo in determinate direzioni.”

Oggi, secondo Fusaro, la neolingua è quella in cui si esprime il potere in rapporti di forza dominanti. È quella in forza della quale tutti siamo costretti ad introiettare il potere stesso, ossia questo ordine mondiale, classista post 1989 che si determina anche come nuovo ordine simbolico che “colonizza le nostre coscienze”, ci induce ad accettare il reale come se fosse giusto e buono.

“Ecco allora” sostiene Fusaro ” che l’Impero capitalistico odierno ” è costituito da una galassia di parole e lemmi che in qualche modo non possono essere discussi e devono essere accettati e già indirizzano il nostro pensiero verso precisi orientamenti”.

E a tal proposito il giovane saggista offre alcuni esempi.

“Pensate anche solo alla parola ‘populismo’. È questa la parola della neolingua con cui si demonizzano tutte le legittime aspirazioni del ‘demos’ popolo, ma al tempo stesso si demonizza ogni posizione politica e culturale che guardi dal basso, dalla parte del popolo, anziché dall’alto, dalla parte dei nuovi signori del mondo”.

E poi altre le parole su cui si sofferma il lavoro di analisi critica. “Competitività, per esempio, rimanda all’idea che occorre lasciare che il più forte massacri il più debole in assenza di limitazioni, norme. Ciò che si traduce nel nomos del mercato deregolamentato”.

La neolingua parlerebbe inoltre, secondo Fusaro, un inglese operazionale del mercato che per un verso confonderebbe l’immaginario dei popoli, per altro verso attribuirebbe una immotivata autorevolezza a scelte squisitamente politiche e surrettiziamente presentate come necessità sistemiche. “Si pensi ad espressioni come spending review, jobs act… Queste in realtà rispondono a precise scelte di ordinamento liberista volte a neutralizzare la sovranità residua degli Stati con gli ultimi fortilizi dei beni comuni che resistono alla globalizzazione”.

La neolingua italiana infine più che tendenzialmente ‘English o British’, sarebbe ‘globish’ ossia rispecchierebbe semanticamente lo sradicamento della mondializzazione capitalistica che neutralizza la possibilità di dire le parole in cui è radicata la storia dei popoli, ma serve solo a comunicare in maniera immediata gli scambi del mercato.

Sottile inoltre il secondo punto di riflessione fornito da Fusaro.

Il nuovo ordine mondiale starebbe assumendo una fisionomia di questo tipo: non vi sarebbe più il ceto medio borghese imprenditoriale, ma una massa neoplebea che subisce un dominio che la costringe a muoversi.

“Al vertice c’è un numero limitato di persone che io chiamo aristocrazia finanziaria. Essi portano via ai dominati quello che rimane a suon di riforme (la riforma della Costituzione, la riforma della Scuola, etc) che vanno viste come aggressioni sferrate ai danni dei dominati. E attaccano anche il ceto medio a suon di truffe. L’aristocrazia finanziaria vive di rendita laddove la vecchia borghesia e il vecchio proletariato incarnavano valori come quelli del lavoro, la Famiglia”.

Nel nuovo ordine sociale, secondo Fusaro, l’aristocrazia finanziaria si muove contro la Famiglia. Sta creando un uomo sradicato, senza comunità, che si muove senza etica e con erranza globale.

Allora in tutto questo risulta necessario operare forme di dissenso come necessità di disobbedire all’ordine precostituito dall’alto.

Il dissenso è una forma esistenziale connaturata all’uomo che persiste quand’anche siano soddisfatte tutte le esigenze primarie” afferma Fusaro ” Il dissenziente è colui che esercita un gesto di indocilità ragionata che rovescia in una prassi conseguente e paga sulla propria pelle le conseguenze del proprio agire e viene represso dal Potere. Il potere cerca in ogni modo di punire i dissenzienti e lo fa in maniera coattiva“.

Questo significa che, da alcuni anni a questa parte, il potere ha mutato la sua strategia di punizione del dissenso. Non reprime i corpi, ma tende ad impossessarsi delle anime per controllarle. Il potere preferisce operare affinché il dissenso non si costituisca affatto, in modo che non ci siano dissenzienti”.

E il potere si impegna, a parere del docente di Filosofia, al fine di opporsi ai due nemici principali del dominio sulle menti, ossia sul piano del reale gli Stati nazionali come ultimi fortilizi della Democrazia, sul piano simbolico le religioni della trascendenza non allineate nel senso della logica del puro mercato e dell’economia finanziaria.

“Oggi” questa la tesi di Fusaro ” il Capitalismo ha dichiarato guerra alle religioni della trascendenza. Non siamo, come dicono, nel bel mezzo di una guerra tra religioni, ma in una guerra che il fanatismo finanziario sta facendo alle religioni che hanno un potenziale messianico di opposizione che andrebbe preservato”.

“Il vero problema”, conclude Fusaro “è che i dominati non hanno una visione del mondo da contrapporre ai dominanti”.

Illuminante anche l’intervento del giornalista e scrittore Gianluigi Paragone.

“Non sappiamo più raccontare favole. Le abbiamo dimenticate” la sua affermazione di esordio.

Il suo discorso poi ruota intorno a idee e provocazioni come il fatto che forse diamo un tutto ai nostri ragazzi che in realtà è un niente; la finanza sarebbe riuscita a farci vivere una vita a rate; la banca si presenta a noi con forme del sorriso in frequenti pubblicità; parola magica dell’oggi sarebbe ‘gratis’, come a volerci presentare un mondo pieno di possibilità illusorie. E in tutto questo ciò che andrebbe preservato, secondo Paragone, sono i nostri diritti e la Costituzione che li presenta in modo chiaro.

A cura di Daniela Iannuzzi

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