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SCELTA Come passare da una carriera privata al settore pubblico: guida alla transizione professionale

La decisione tra diventare un dipendente pubblico o intraprendere una carriera nel settore privato spesso appare come una scelta binaria

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
23 Novembre 2023
Attualità // Lavoro //

La decisione tra diventare un dipendente pubblico o intraprendere una carriera nel settore privato spesso appare come una scelta binaria, centrata sul confronto di vantaggi tangibili. Tuttavia, dietro a questa apparente dicotomia si nascondono dettagli che vanno ben oltre la mera dimensione salariale. È cruciale esplorare le divergenze non solo nei compensi ma anche nelle regole che governano l’assunzione e il licenziamento.

L’idea comune che lavorare nel settore pubblico garantisca compensi superiori rispetto al privato merita una riflessione approfondita. La realtà è che le differenze sono molteplici e svelarle richiede una valutazione oculata. La decisione tra superare un concorso per diventare dipendente pubblico o intraprendere la via privata non può essere guidata da risposte universalmente applicabili. Per chi si dedica al settore pubblico, esiste il pericolo di vedere scemare la motivazione nel labirinto della burocrazia, rendendo la scalata professionale tutt’altro che agevole.

Il cosiddetto “posto fisso” rappresenta un vantaggio apprezzato da chi abbraccia la carriera nella Pubblica Amministrazione, tuttavia, la sua certezza è accompagnata da sfide e complessità intrinseche al sistema.  Vale la pena sottolineare che la stessa sicurezza non è garantita nel privato, soprattutto considerando le complessità del mercato del lavoro italiano e le sfide nel Sud del paese.

Esaminare le differenze tra un dipendente statale nel settore pubblico e un dipendente privato è un passo essenziale per coloro che cercano chiarezza. Il sito dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche offre risorse dettagliate e guide utili. Queste informazioni possono aiutare a dipingere un quadro completo delle due opzioni, esplorando le opportunità e le sfide che caratterizzano ciascuna strada professionale.

Processi di assunzioni nel settore pubblico

Una delle prime divergenze tra i dipendenti statali e quelli del settore privato riguarda le procedure di assunzione. Nel caso dei dipendenti pubblici, l’accesso all’impiego è regolamentato dal comma 3 dell’art. 97 della Costituzione, che richiede il superamento di un concorso pubblico aperto a tutti i cittadini italiani idonei per lavorare nella Pubblica Amministrazione. Per coloro che sono interessati a esplorare le attuali opportunità in termini di concorsi pubblici, è possibile trovare informazioni aggiornate e dettagliate sul sito Circuitolavoro, con risorse utili per comprendere meglio i requisiti e le modalità di partecipazione ai concorsi

I bandi di concorso per le posizioni statali vengono regolarmente pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. A meno di specifiche deroghe normative, l’assunzione come dipendente pubblico avviene in base alla graduatoria di merito determinata dall’esito del concorso. Questa procedura mira a garantire la selezione dei candidati più qualificati e idonei.

Invece, nel contesto privato, coloro che ambiscono a diventare dipendenti devono inoltrare la propria candidatura e curriculum direttamente all’azienda di loro interesse. La scelta del dipendente è affidata al datore di lavoro o al responsabile delle risorse umane, che effettuerà la selezione basandosi sulle esigenze specifiche dell’azienda e su valutazioni individuali.

Queste disparità riflettono le differenze nelle modalità d’ingresso nei settori pubblico e privato del lavoro, evidenziando il ruolo chiave dei concorsi pubblici nell’assunzione di dipendenti statali, a differenza del settore privato, dove la decisione è delegata alla valutazione diretta da parte dei datori di lavoro.

Comprendere le differenze chiave tra settore privato e pubblico

Una delle differenze principali tra il lavoro nella Pubblica Amministrazione e quello come dipendente di un’azienda privata riguarda la questione salariale. Secondo un confronto condotto dalla CGIA di Mestre sui redditi del 2014, i dipendenti statali guadagnano in media 2.000 euro all’anno in più rispetto ai loro colleghi del settore privato.

Nel dettaglio, nel 2014, lo stipendio medio di un dipendente pubblico ammontava a 34.289 euro, mentre quello di un dipendente privato si attestava a 32.315 euro. Sebbene esista una differenza, non si può definire eccessiva.

Tuttavia, è fondamentale notare che non tutti i dipendenti statali godono di condizioni economiche migliori rispetto ai colleghi del settore privato, e all’interno del settore pubblico esistono notevoli disparità. Ad esempio, il personale della scuola e della sanità in Italia è tra i meno retribuiti, con guadagni annui di poco più di 28.000 euro.

Anche nel caso dei lavoratori dipendenti del settore privato, la remunerazione è regolamentata dal CCNL specifico della propria categoria professionale. Tale compensazione può variare in modo significativo in base al settore di appartenenza e all’inquadramento contrattuale. Non sempre lo stipendio nel settore privato è inferiore a quello dei dipendenti pubblici, soprattutto considerando le opportunità di crescita professionale e avanzamento di carriera.

Un’altra differenza rilevante riguarda le regole sui licenziamenti. Con l’introduzione della riforma del lavoro nel 2012 e l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, le normative per i licenziamenti individuali sono cambiate per i dipendenti privati. Nel caso di un licenziamento ritenuto illegittimo, al lavoratore spetta un diritto al risarcimento proporzionale, anziché alla reintegrazione nel proprio posto di lavoro.

Tuttavia, questa disciplina non si applica agli statali, i quali, in caso di licenziamento illegittimo, sono ancora regolati dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, confermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 11868/2016.

Formazione e certificazioni per la carriera pubblica

Per ottenere chiarezza sulla formazione necessaria per i dipendenti e sulle competenze da acquisire, il governo ha adottato misure per incentivare il percorso formativo nel settore pubblico. La partecipazione ai corsi è ora integrata nella valutazione individuale dei dipendenti, influenzando anche la distribuzione dei premi. Va sottolineato che il conseguimento degli obiettivi formativi ha un impatto significativo sulla progressione di carriera all’interno delle diverse aree e qualifiche, anche in assenza di titoli di studio formali.

I nuovi contratti offrono opportunità di avanzamento, ma è soprattutto la partecipazione attiva alle attività di formazione a fare la differenza. La promozione della formazione è diventata un obiettivo importante anche per la valutazione delle performance dei dirigenti.

Le direttive ministeriali stabiliscono che la formazione dei dipendenti pubblici inizi prioritariamente dalle competenze digitali, mirando a rafforzare la sicurezza informatica, soprattutto considerando l’ampio utilizzo dello smart working. Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha lanciato la piattaforma Syllabus (Nofollow) per la formazione digitale, consentendo ai dipendenti di valutare le proprie competenze e accedere a corsi online per migliorarle.

Le amministrazioni sono tenute a registrarsi sulla piattaforma e ad erogare almeno il 30% di attività di formazione digitale entro sei mesi dall’iscrizione. L’obiettivo è elevare le competenze al di sopra del livello iniziale, consentendo ai dipendenti di progredire fino al livello avanzato. Entro il 2024, il 50% del personale dovrebbe aderire al progetto Syllabus, mentre entro il 2025 si mira al 75%.

La formazione è fornita dal Dipartimento della Funzione Pubblica, dalla Scuola Nazionale per la Pubblica Amministrazione (SNA) e da Formez Pa, attraverso corsi sia sulla piattaforma Syllabus che su altre. In aggiunta, il programma “Pa 110 e lode” rende accessibili corsi universitari a tariffe agevolate per i dipendenti pubblici, ampliando le possibilità di formazione.

Bilanciare competenze tecniche e soft skills nel pubblico

Oltre alle competenze digitali e tecniche, quelle trasversali sono sempre più al centro delle valutazioni di assunzione e delle pratiche delle risorse umane. Queste competenze riflettono l’atteggiamento di una persona sul luogo di lavoro, dall’interazione con i colleghi alla capacità di risolvere problemi complessi, fino all’empatia e alla capacità di ascolto.

Per mettere le persone al centro del cambiamento, sia nella Pubblica Amministrazione che in altri settori, è essenziale concentrarsi su competenze, conoscenze e aggiornamenti continui. Questo concetto è enfatizzato anche a livello europeo, con la Commissione europea che ha dichiarato il 2023 come “Anno europeo delle competenze“, sottolineando l’importanza del supporto all’apprendimento lungo l’intero arco della vita per garantire una ripresa economica equa durante le transizioni verde e digitale.

L’UE si propone di aumentare al 60%, entro il 2030, la percentuale di adulti impegnati in attività di formazione e apprendimento continuo, attualmente ferma al 37%. Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale coltivare la propensione a “imparare ad imparare” in tutti i contesti, compresi quelli informali.

Tenendo conto dell’ambito dei lavoratori pubblici, è cruciale coltivare competenze trasversali come la risoluzione dei problemi, la gestione dello stress, la creatività nel pensiero e la capacità di comprendere le esigenze altrui. Questo può avvenire attraverso tre prospettive:

  • l’autodeterminazione individuale nel contesto di lavoro;
  • l’autodeterminazione rispetto al gruppo di colleghi;
  • l’autodeterminazione necessaria per sviluppare abilità di leadership.

Per la prima prospettiva, le competenze trasversali includono la risoluzione efficace dei problemi, la capacità comunicativa, l’efficace presentazione di sé e la capacità creativa e organizzativa.

Per la seconda prospettiva, competenze come la collaborazione, la predisposizione all’ascolto e la capacità di co-progettare sono fondamentali.

Per quanto riguarda la terza prospettiva, diventano fondamentali competenze di leadership come la distribuzione equa delle responsabilità, la flessibilità e la capacità di comprendere le esigenze del team.

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