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Captain America – J. Johnston, 2011

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
24 Luglio 2011
Cinema //

Joe Johnston (copyright: let-the-wookie-win.com)
Nota propedeutica alla lettura: nel rispetto del lettore vergine della visione del film verranno isolate, nell’arco della recensione, eventuali rivelazioni critiche di trama (spoiler) su note a piè pagina, oltre a essere indicato, a fine articolo, un livello della presenza di punti sensibili nell’opera il cui svelamento accidentale possa incidere su una sua corretta fruizione.

Titolo originale: Captain America: The First Avenger
Nazione: Stati Uniti
Genere: fantastico, fumetto

LA Marvel colpisce ancora e porta in sala Captain America, noto fumetto DOCG degli States, che piomba in Italia in un periodo di magra come un’oasi nel deserto.
E l’acqua, come spesso capita, è solo potabile.

Si narra la storia di un piccolo ragazzo rachitico pieno di valore e desiderio partigiano per la sua America che tenta l’impossibile pur di arruolarsi durante la Seconda Guerra Mondiale nella lotta contro i nazisti. Viene scelto per un esperimento e, solo in seguito, per fronteggiare una frangia secessionista hitleriana denominata HYDRA.
Il regista assoldato per raccontare le avventure dell’eroe americano per eccellenza, dopo lunghe trattative e indecisioni, è Joe Johnston, dal curriculum non certo brillante (Jumanji, Wolfman) seppur ben orientato verso il genere fantastico. Ne fa un film fruibile, lineare e scacciapensieri, un tipico prodotto estivo come certe fresche bevande da spiaggia piene di colore ma di scarso spessore, che assolvono il loro compito complice la confusione diffusa fra semplicità, serenità e superficialità.
Ben due ore di narrazione scorrono senza intoppi e la sceneggiatura non cola a picco grazie alla numerosità dei fatti, che non lasciano spazio a buchi, cedimenti di sorta, tutti ben distribuiti come segmenti equidistanti. Il solo equilibrio narrativo non fa, tuttavia, di un film un’opera completa, e l’intensità, il coinvolgimento delle singole parti qui mostrano la coda, sempre. Non c’è un solo momento in Captain America in cui si resta realmente rapiti dall’azione (scritta come un tema da scuola elementare), dalle trovate (valide per soggetto, ma non per proposizione) da un personaggio (tutti anonimi e il protagonista abbozzato senza convinzione), da una magica sequenza o inquadratura. Finanche la colonna sonora, nonostante il valido Alan Silvestri (Predator), è inadeguata, scegliendo una strada pomposamente melodrammatica o di ampio respiro piuttosto che quella serrata di un action. Se da un lato se ne giustificano i motivi per la parziale presenza di inserti grotteschi e da commedia, non è più perdonabile nella seconda metà della pellicola, laddove lo scontro bene-male la fa da padrone.

Captain America - Locandina (copyright: movies.about.com)
Captain America soffre, in sintesi, dell’annoso problema di tanto cinema diretto da tecnici anziché registi (delle emozioni), il cui abbondante numero alla macchina da presa oggi è spiegato dallo spostamento d’attenzione del pubblico, sempre più orientato all’effettistica e al soggetto di un film e meno al sapore complessivo di una pietanza, vittima della velocità di fruizione, di un ambiente che appiattisce il palato e del condizionamento sociale. Il botteghino premia la somministrazione degli ingredienti, e la capacità di cucinarli diventa un optional da festival d’essai; per centrare il bersaglio basta, così, conoscere di quali fatti lo spettatore medio ha desiderio nel buio di una sala e buttarglieli su pellicola con la perizia tecnica di una giostra. Se a tale sufficiente base di partenza si aggiunge un’accettabile interpretazione (Tommy Lee Jones pare recitare ubriaco), un tema universale (bene/male) e qualche trappola (fumetto, nostalgia, colore), il resto diventa davvero “una necessità da noiosi cinefili”.
Il film di Johnston, di questa categoria, non è affatto dei peggiori, ma non se ne affranca, vive di vita propria nel dettato degli avvenimenti ed è già pronto per continuare a propinarli in un seguito che sembra prospettare, in uno svendutissimo Samuel Jackson, il nuovo personaggio chiave.

E’ sintomatico, forse, che il miglior prodotto del genere comics resti l’ottimo Kick-Ass, un supereroe che finalmente non si prende sul serio.

Valutazione: 6/10
Spoiler: 6/10

AltreVisioni

PTU, J. To (2003) – insolito noir cittadino con tratti surreali. Coraggioso e magnetico * 7
Appleseed, S. Aramaki (2004) – anime fantascientifico con un buon senso della regia e qualche farraginosità * 6.5

In Stato d’osservazione

Bitch Slap – Le superdotate, R. Jacobson (2011) – pulp movie erotico alla Russ Meyer. Curiosità * 22lug
At the End of the Day, C. Alemà (2010) – nuovo thriller italiano: che stia tornando di moda il genere? * 22lug
Vanishing on 7th Street, B. Anderson (2010) – molta curiosità ma senza troppe aspettative * 29lug

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“Il vero spirito di rivolta consiste nell'esigere la felicità qui, in questa vita.” (Henrik Johan Ibsen)

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