Roma, 27 settembre 2024. Con sentenza di recente pubblicazione, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da F.P.C., già condannato dalla Corte d’Appello di Bari per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate. La sentenza, emessa lo scorso 27 giugno 2024, conferma l’impianto della decisione della Corte d’Appello, rigettando le censure mosse dalla difesa dell’uomo in merito alla presunta violazione delle sue prerogative difensive.
Il caso e la difesa
L’uomo, nato a Manfredonia nel 1965, era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Foggia e successivamente la Corte d’Appello di Bari aveva parzialmente riformato la sentenza, riducendo la pena. L’imputato era stato dichiarato colpevole dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate, ma la difesa aveva avanzato ricorso in Cassazione, basandosi sulla presunta violazione dell’art. 23 bis della legge n. 176 del 2020.
Secondo quanto riportato dalla difesa, le conclusioni del Procuratore Generale erano state depositate e comunicate prima della notifica del decreto di citazione a giudizio, determinando una violazione del diritto alla corretta instaurazione del contraddittorio. In particolare, si lamentava che la prima udienza del 6 marzo 2023 era stata rinviata a causa della mancata notifica del decreto all’imputato e al suo avvocato, mentre le conclusioni del Pubblico Ministero erano state comunque depositate. Per la difesa, tale prassi avrebbe richiesto una riformulazione delle conclusioni stesse, successive alla corretta notifica e avvio del contraddittorio.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte, presieduta dal giudice Ercole Aprile e con relatore Benedetto Paternò Raddusa, ha respinto le argomentazioni della difesa ritenendo il ricorso “manifestamente infondato”. Nella sentenza si sottolinea come, sebbene sia principio consolidato che le conclusioni del Procuratore Generale debbano seguire una regolare instaurazione del contraddittorio con l’imputato e il suo difensore, l’eventuale trasmissione anticipata delle stesse non pregiudichi le prerogative difensive.
La Corte rileva che, sebbene le conclusioni del PM fossero state trasmesse prima della notificazione del decreto di citazione, ciò non ha impedito alla difesa di richiedere una trattazione orale del processo. Pertanto, l’irritualità della procedura non è stata considerata tale da annullare il procedimento. La Cassazione chiarisce che, in questi casi, le conclusioni trasmesse dal PM assumono il valore di una semplice memoria, su cui la difesa può replicare nel corso del dibattimento.
Inoltre, la Corte ha evidenziato come il difensore del manfredoniano fosse stato pienamente informato delle conclusioni del Procuratore Generale e non avesse ritenuto di richiedere una trattazione orale del processo, nonostante avesse avuto l’opportunità di farlo. In tal senso, secondo la Cassazione, non sussistevano i presupposti per una ripetizione dell’atto della pubblica accusa.