Se non ci fosse l’opposizione bisognerebbe inventarla. Questo è probabilmente quello che in cuor suo pensa la nostra amata Presidente del Consiglio quando non può che ringraziare le opposizioni e soprattutto la sinistra italiana allorché riescono a distrarre l’attenzione delle opinioni pubbliche dall’oceano di desolazione ed incompetenza da cui è circondata nella sua maggioranza, ministri e viceministri compresi. L’ultimo episodio, l’ennesimo, è emblematico.
In realtà non si tratterebbe neanche delle opposizioni, ma del circo mediatico intellettuale parallelo e spesso concomitante con quello giudiziario, vale a dire gli antifascisti in servizio permanete effettivo, che da tempo è la croce solo ed esclusivamente della sinistra stessa edei vari segretari del Pd, sin dalla sua nascita. Da una vita accusa la nostra amata Giorgia di essere fascista o quasi, tant’è che pretende da lei continue patenti di antifascismo dopo averla apostrofata come la ducetta o la duciona a seconda dei casi, ma anche di cancellare per intero le libertà democratiche appartenenti al popolo, attraverso la nuova riforma costituzionale. Che quest’ultima sia alquanto pasticciata con riferimento ai poteri del Capo dello stato, ma soprattutto nel collegamento all’altra riforma della autonomia differenziata cara al primo ed il peggiore degli sgangherati da cui è circondata è ormai ovvio. Ma che in campagna elettorale non potesse esimersi dal rintuzzare era anche prevedibile. Ha registrato un messaggio elettorale su La7, vale a dire l’erede del Telekabul di Curzi, dove ha rivendicato i successi in campo politico, per la verità miseri, ed ha sbertucciato quelli che lei chiama i salotti radical chic, cioè sostanzialmente il circolo mediatico di cui si è detto, compreso la TV ospitante, salutandoli ironicamente “per lo scampato pericolo della deriva autoritaria”. Come naturale è successo il finimondo.
Dei successi rivendicati neanche l’ombra di critica, ma in compenso l’orrore sarebbe rappresentato dall’aver violato il doveroso aplomb istituzionale nell’offendere non solo il giornalismo italiano ma i telespettatori tutti, come già suo tempo fece Renzi lo smargiasso, proprio a proposito della sua riforma costituzionale e del relativo referendum che non vide mai la luce e segnò la sua fine. Per la verità la tesi è per certi versi suggestiva anche se superficiale, per altro emblematica della inconsistenza politica dell’opposizione stessa che non essendo in grado di imporre i propri temi, deve lasciarsi trascinare da quella pletora di intellettuali e giornalisti italiani, Formigli in testa, che si è sentita toccata nel vivo. La stessa che rivendica una superiorità morale e politica oltre che culturale, ma che ha devastato il riformismo italiano da circa un trentennio massacrando di volta in volta soprattutto coloro i quali si sono avventurati nel tentare di ammodernare questo paese da progressisti, vale a dire prima Craxi, che ora fingono di rimpiangere al confronto di quella che giudicano la marmaglia attuale, poi Prodi ed infine Renzi. Peccato abbiano fatto malissimo i propri calcoli. Giorgia è una popolana, per non dire populista, e lo rivendica, non ha nulla a che vedere viceversa con i leader appena citati, i quali erano e sono espressione della piccola borghesia italiana. Costoro non caddero per la loro sfacciataggine o per lo stile istituzionale manifestato, anzi quella fu proprio la loro forza assieme al loro incauto coraggio.
Tra l’altro non ci si può aspettare nulla di diverso in campagna elettorale, basti vedere cosa si dicono fra loro Macron e Marin Le Pen. Caddero tutti per vicende giudiziarie opportunamente pilotate, e soprattutto infondate nel caso di Prodi e Renzi, unite ad una debolezza politica intrinseca della sinistra italiana che li costrinse ad errori politici marchiani. Sia Renzi che Prodi si illusero di meritare un rispetto maggiore da parte della magistratura italiana che a parole avversava Berlusconi, ma in realtà lo teneva in vita politicamente, e tentarono di abbandonarlo al suo destino cercando di avvantaggiarsene. Con il senno di poi la rottura del patto del Nazareno fu la vera rovina Renzi, e non la rottamazione o la personalizzazione del referendum poi perso o l’avversità per i sindacati, gli intellettuali ed i vari centri di potere e privilegio che un po’ ovunque incistano il paese. In pratica quando ha smesso di contrastarli fidandosi di loro ed avversando Berlusconi, gli sono saltati alla gola. Ma Giorgia da tutto questo è esente.
Quei centri di potere e privilegio che ancorano l’Italia al passato lei li accudisce con cura lisciandone il pelo per il verso giusto, vedasi redditometro, e comunquesi è premunita di avvisare che il referendum, pur perso, non toccherebbe per nulla il suo destino politico. Oltretutto sa bene che quel circolo mediatico colpisce soprattutto la sinistra, ricordiamo ampiamente Nanni Moretti che infierisce su D’alema e la dirigenza del PD nel 2002, mentre alla destra procura voti.Dopodiché, se la sinistra politica rimprovera alla nostra eroina il non aver adottato il salario minimo o di non aver contrastato le varie rendite di posizione quali tassisti e balneari è ovvio che tutto questo a lei fa solo il solletico. Semplicemente non deve far altro che limitarsi a chiedere perché mai la sinistra stessa non le abbia realizzate nei quindici anni in cui ha governato, posto che fossero così splendide ed utili al paese, anche senza contare il fatto che andrebbe a colpire il suo elettorato di riferimento e lei non è mica così stupida.La conclusione è ovvia. Ci si appresta ad una tornata elettorale in cui le indubbie doti mediatiche della presidente del Consiglio argineranno l’inconsistenza dell’attuale governo, ma soprattutto delle attuali opposizioni in blocco, che tra l’altro si cannibalizzeranno a vicenda e nient’altro.