Il caporalato, un sistema di sfruttamento del lavoro agricolo, non risparmia nessun territorio in Italia, ma assume una particolare gravità nel Sud, in aree fortemente agricole come la Piana di Gioia Tauro in Calabria e la zona del foggiano in Puglia. Qui, il fenomeno si intreccia con le problematiche migratorie, le agromafie e le pressioni della Grande Distribuzione Organizzata (GDO).
Il modello Goel contro lo sfruttamento
Vincenzo Linarello, fondatore e presidente di Goel nella Locride, evidenzia come il problema del caporalato sia strettamente legato all’intermediazione nella catena di fornitura agricola della GDO. Troppi passaggi e intermediari riducono drasticamente il prezzo pagato agli agricoltori, costringendoli a tagliare i costi del lavoro e a ricorrere allo sfruttamento per sopravvivere economicamente.
La comunità indiana dei piccoli frutti
Sul versante ionico della Calabria, vive una comunità indiana ben integrata da oltre 10 anni, composta da circa 3500 persone nella provincia di Reggio Calabria. Molti di loro lavorano regolarmente nelle piantagioni di frutti di bosco, un settore nato grazie a un progetto del consorzio Sant’Orsola avviato dall’ex vescovo di Locri, Mons. Gian Carlo Bregantini. Questo progetto, pur essendo stato bersaglio della ‘ndrangheta, non si è mai fermato.
Fattoria della Piana: un esempio di integrazione
Alla Fattoria della Piana, un’eccellenza calabrese conosciuta per i suoi prodotti lattiero-caseari, quasi il 30% degli operai è di origine extracomunitaria. L’azienda, che pone grande attenzione al benessere animale, alla sostenibilità ambientale e alla responsabilità sociale, garantisce ai suoi lavoratori contratti regolari e adeguati. Tuttavia, anche qui il caporalato rappresenta una sfida, creando concorrenza sleale e negando i diritti dei lavoratori.
L’evoluzione del caporalato
Secondo Celeste Logiacco, Segretaria confederale di Cgil Calabria, oggi molti dei nuovi intermediari illegali sono ex braccianti. Inoltre, il numero di lavoratori stranieri nell’agricoltura sta diminuendo, con molti che cercano opportunità in altri settori o in lavori agricoli che durano tutto l’anno.
Iniziative per contrastare lo sfruttamento
In Calabria, sono stati destinati oltre 7 milioni di euro del PNRR per progetti a favore dei braccianti agricoli a rischio sfruttamento. A San Ferdinando, ad esempio, si sta lavorando alla chiusura della tendopoli e alla creazione di un progetto di formazione per braccianti non specializzati. Tuttavia, problemi amministrativi e ritardi burocratici rallentano l’attuazione di queste iniziative.
Progetti di integrazione sociale
La Federazione delle chiese evangeliche, con il suo programma Mediterranean Hope, ha realizzato la Casa della Dignità a San Ferdinando, un ostello per lavoratori immigrati. A Rosarno, è nato il Villaggio della Solidarietà, mentre a Taurianova è stato inaugurato un borgo sociale per lavoratori extracomunitari su un terreno confiscato alla ‘ndrangheta.
La situazione in Puglia
In Puglia, la questione degli alloggi, la difficoltà di trasporto e la mancanza di documenti rendono i lavoratori stranieri vulnerabili al ricatto. Giovanni Tarantella, segretario generale della Flai Cgil di Foggia, evidenzia come solo una piccola percentuale delle aziende agricole sia iscritta alla Rete agricola di qualità, un elenco di imprese che rispettano le normative sul lavoro.
Borgo Mezzanone: un insediamento in attesa di cambiamento
Borgo Mezzanone, un insediamento informale vicino al Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Foggia, attende 53 milioni di euro per essere trasformato in moduli abitativi. Questa trasformazione offrirà un tetto a un migliaio di migranti, ma i ritardi burocratici mettono a rischio l’incolumità dei residenti.
In sintesi, per combattere efficacemente il caporalato è necessario un approccio integrato che garantisca diritti e integrazione ai lavoratori, superando una mentalità di sfruttamento che richiede anche una profonda trasformazione culturale ed educativa.
Lo riporta Ilsole24ore.com