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MIUCCI Dino Miucci, notificato il decreto di latitanza | “Ad oggi risulta ancora irreperibile”

Dino Miucci è emerso come figura di spicco nell’ambito della maxi-indagine «Mari e Monti»

LEGGI ANCHE //  Cronaca Blitz “Mari e Monti”, si costituisce Pasquale Totaro
AUTORE:
Giuseppe de Filippo
PUBBLICATO IL:
29 Ottobre 2024
Cronaca // Live //

Foggia. È stato recentemente notificato il decreto di latitanza al legale di Dino Miucci, il quale risulta ancora irreperibile. Ad oggi, Miucci continua a essere latitante, complicando ulteriormente il corso del procedimento legale.

POTREBBE INTERESSARTI // Manfredonia – Gargano. Blitz “Mari e Monti”, 39 arresti, 48 capi di imputazione. TUTTI GLI INDAGATI

Come risaputo, all’alba del 15 ottobre 2024, gli agenti della Polizia di Stato si sono presentati presso l’abitazione di Leonardo (Dino) Miucci, ma l’uomo non era presente. Il 46enne, originario di Monte Sant’Angelo e fratello di Enzo, noto come «U criatur», è ritenuto il referente del clan Libergolis a Manfredonia, dove vive da tempo. Considerato uno dei principali operatori di appalti per il gruppo mafioso, Miucci si sarebbe dunque sottratto all’arresto.

Dino Miucci è emerso come figura di spicco nell’ambito della maxi-indagine «Mari e Monti», recente operazione che ha originato 39 arresti, di cui 37 in carcere. Secondo gli inquirenti, Dino Miucci è considerato il plenipotenziario del clan dei montanari su Manfredonia, con un ruolo cruciale nelle decisioni operative sul territorio.

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Nelle intercettazioni incluse nell’inchiesta, è stato descritto come «un santo» e viene ritenuto mandante di estorsioni, nonché partecipe dell’associazione a delinquere di stampo mafioso guidata dal fratello Enzo e da Franco Li Bergolis e Giuseppe Pacilli, tra gli indagati dell’operazione “Mari e Monti”.

Insieme a Miucci è fuggito anche Pasquale Totaro, 32 anni, anch’egli di Monte Sant’Angelo, che si è recentemente costituito.

Gli investigatori sospettano che possa esserci stata una soffiata riguardo all’operazione.

A rivelare dettagli sugli affari di Dino Miucci è stato un collaboratore di giustizia, Andrea Quitadamo, che ha dichiarato al pubblico ministero Ettore Cardinali della Dda di Bari: «Dino Miucci ha il controllo di tutti gli appalti nel settore edile». Un altro pentito, Marco Raduano, ha confermato tali affermazioni, affermando: «Lui gestiva la cassa del clan. Tutti i soldi delle attività illecite venivano amministrati da Leonardo. So che parte di quei fondi sono investiti in attività edilizie».

UNA RECENTE IMMAGINE DI MARCO RADUANO, NEO COLLABORATORE DI GIUSTIZIA
UNA RECENTE IMMAGINE DI MARCO RADUANO, NEO COLLABORATORE DI GIUSTIZIA

 

LE DICHIARAZIONI DI MARCO RADUANO

Leonardo (Miucci, che si sarebbe al momento sottratto all’arresto relativamente all’operazione indicata, “Mari e Monti”,ndr) è stato designato come vittima sia perché era il fratello di Enzo, sia perché portava avanti i suoi interessi criminali. Gestiva la cassa del clan, amministrando tutti i proventi delle attività illecite. Ho appreso queste informazioni dal gruppo di Manfredonia. So che una parte dei soldi veniva investita in attività edilizie. Ne abbiamo parlato sia con Pasquale Ricucci che con Leonardo D’Ercole. Abbiamo saputo che alcune comunicazioni di Enzo Miucci giungevano tramite suo fratello, che le riferiva a D’Ercole.”

“Queste alcune delle dichiarazioni di Marco Raduano, riportate in un verbale riassuntivo del 22 aprile 2024, come emerge dall’ordinanza relativa all’operazione “Mari e Monti”.

Raduano ha avviato il suo percorso di collaborazione con la giustizia intorno al 15 marzo 2024, rendendo dichiarazioni in questo procedimento il 22 aprile 2024. La decisione di collaborare è arrivata mentre era sottoposto al regime speciale previsto dall’articolo 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, applicatogli subito dopo la sua cattura in Corsica, seguita a un lungo periodo di latitanza dopo la spettacolare evasione dal carcere di Nuoro.

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Le motivazioni della collaborazione, al di là del pentimento dichiarato, risiedono, secondo il giudice, nella consapevolezza del lungo periodo di detenzione che lo attende. Raduano, infatti, ha ricevuto una condanna definitiva a 19 anni di reclusione per reati legati al traffico di stupefacenti (art. 74 DPR 309/90) e per associazione mafiosa (art. 416 bis c.p.), ed è stato recentemente condannato in primo grado all’ergastolo per diversi omicidi, da lui stesso confessati durante la sua collaborazione.

Il tentativo di migliorare la propria situazione giuridica impone una verifica attenta delle sue dichiarazioni, ma questo non ne riduce automaticamente l’affidabilità. Infatti, Raduano ha fatto parte della criminalità organizzata garganica per oltre un decennio, ricoprendo un ruolo di rilievo nel territorio di Vieste: inizialmente come referente del clan Li Bergolis, e dal settembre 2016 come membro del clan rivale Romito. Questa sua versatilità gli ha permesso di acquisire una vasta conoscenza delle dinamiche criminali, grazie alla sua lunga militanza e alla posizione di vertice ottenuta nel tempo.

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