Dipendenti sottopagati e frode fiscale: arresti e maxi-sequestro da 27 milioni di euro
In un’operazione di grande impatto contro lo sfruttamento lavorativo, la Guardia di Finanza ha recentemente smantellato un sistema di frode che coinvolgeva centinaia di lavoratori sottopagati, con retribuzioni fino a 4 euro all’ora e turni intensivi oltre le 50 ore settimanali. L’indagine, incentrata sulle irregolarità fiscali e sulle condizioni di lavoro, ha portato all’arresto di più responsabili e al sequestro di beni e denaro per un totale di 27 milioni di euro.
Le dinamiche dell’indagine
Secondo le autorità, al centro di questa operazione, vi erano numerose società e cooperative utilizzate come “serbatoi di manodopera” a basso costo. Le indagini hanno rivelato come i datori di lavoro, facendo ricorso a contratti irregolari e dichiarazioni fraudolente, abbiano beneficiato di un’ampia evasione fiscale, dichiarando gli incidenti lavorativi come eventi domestici per evitare responsabilità civili e penali. La frode si è avvalsa di un sistema di intermediari che permetteva di filtrare e mascherare la provenienza delle retribuzioni e delle imposte versate, riducendo le responsabilità della società “principale” e facilitando una continua rotazione del personale, che veniva ricollocato in nuove cooperative ogni pochi mesi.
Un fenomeno preoccupante: incidenti sul lavoro classificati come domestici
Uno degli aspetti più allarmanti dell’indagine è stata la rilevazione di pratiche abusive in cui gli incidenti sul lavoro venivano falsamente dichiarati come domestici, eliminando così i diritti risarcitori dei lavoratori e riducendo i costi per le società coinvolte. Attraverso false dichiarazioni assicurative, questi infortuni non venivano registrati ufficialmente, e i dipendenti feriti, spesso non coperti da adeguate polizze o da tutele sanitarie, si trovavano privati di qualsiasi forma di assistenza, con gravi conseguenze anche per la loro salute.
Le accuse e il ruolo della Guardia di Finanza
L’operazione ha visto l’impiego di intercettazioni telefoniche, perquisizioni e monitoraggi finanziari, attraverso cui le Fiamme Gialle hanno ricostruito il complesso flusso di fondi e contratti fittizi. Le accuse includono sfruttamento del lavoro, evasione fiscale e dichiarazioni fraudolente, evidenziando una rete di amministratori, intermediari e professionisti che agevolavano tali pratiche illecite, inclusi alcuni commercialisti che si occupavano della gestione contabile per evitare controlli sulle irregolarità fiscali e contributive.
La somministrazione illecita di manodopera e il danno all’erario
Il sistema utilizzava società fittizie per schermare i rapporti lavorativi e aggirare la legge, applicando retribuzioni che non superavano la soglia di povertà. Il ricorso a cooperative fittizie era infatti finalizzato a somministrare manodopera sotto falso nome, mentre le aziende “madri” evitavano il pagamento dei contributi previdenziali e delle tasse dovute. Il sequestro di beni e fondi per 27 milioni di euro è stato disposto proprio per recuperare, almeno in parte, il danno erariale subito.
Questa operazione rappresenta un importante passo contro la piaga dello sfruttamento lavorativo e della frode fiscale nel settore della logistica e del facchinaggio. Le autorità sperano che le misure adottate servano da monito per altre aziende coinvolte in simili pratiche illecite. Tuttavia, per porre fine a queste gravi violazioni, sarà necessario rafforzare ulteriormente i controlli sui rapporti di lavoro e garantire maggiori tutele a coloro che, spesso costretti dalla necessità, accettano condizioni di lavoro precarie e insicure.
Le indagini continuano per smascherare ulteriori connessioni e ricostruire la rete completa dei soggetti coinvolti, con l’auspicio di evitare futuri episodi di sfruttamento sistematico come quello appena scoperto.