Nel Natale del 1985, Don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, tenne un incontro ai politici e amministratori locali. In quella circostanza definì la politica “arte nobile e difficile”, Convinti dell’attualità di tali riflessioni ci torniamo sopra in questo periodo nel quale a livello locale siamo chiamati a eleggere i futuri amministratori locali.
Partendo da una citazione del Concilio Vaticano II, affermava che “La politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri” (n. 46). Sì, oggi parliamo tanto di servizio, di ministerialità (da “minus stare”), di impegno per gli altri, di volontariato. Una delle forme più esigenti, più crocifisse e più organiche dell’esercizio della carità è l’impegno politico. La parola di speranza la traggo da un passaggio splendido della Gaudium ed Spes che parla della politica come “arte nobile e difficile” (GS n. 86).
In primo luogo è la politica è arte e non tecnica. Il che significa che chi la pratica deve essere una specie di artista. Un uomo di genio. Una persona di fantasia. La fantasia della carità. L’amore rende creativi. Il politico è innamorato della propria città, della propria terra. E di coloro che vi ci abitano.
In questo senso la politica è la più alta forma di carità.
Ma soprattutto il politico è una persona libera. Libera dentro. Senza questa libertà interiore non può perseguire il bene comune. La politica come arte è disposta sempre meno alle costrizioni della logica di partito e sempre più dall’invenzione creativa che gli viene richiesta dalla irripetibilità della persona. La politica non la i
improvvisa. Essa, in quanto arte, si va a connotare come programma, progetto, apprendimento, tirocinio, studio, ricerca, discernimento, dialogo. Ma soprattutto non confonde l’arte della mediazione con la strategia dei compromessi. Don Tonino diceva che “è un delitto lasciare la politica agli avventurieri.
E’ un sacrilegio relegarla nelle mani di incompetenti che non studiano le leggi, che non vanno in fondo ai problemi, che snobbano le fatiche metodologiche della ricerca e magari pensano di salvarsi con il buon cuore senza adoperare il buon cervello. E’ un tradimento pensare che l’istinto possa supplire la tecnica e che il carisma possa soppiantare le regole interne di un mestiere complesso”. In secondo luogo la politica dal vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi veniva connotata come un’arte “nobile”, nel senso che il suo contenuto è profondamente etico e non tanto tecnico.
Perché in gioco è il destino delle persone e di interi territori, e le persone non sono numeri ma volti, storie, vissuti, relazioni, bisogni. La politica è nobile “perché è legata al mistico rigore di alte idealità”. Il politico è un contemplativo, anzi come soleva affermare lui un “conteplattivo”, un uomo di azione che attinge alla contemplazione di una bellezza che vuole tradurre in buone pratiche e in un buon governo, perché come diceva Platone: vi è anche una bellezza delle Leggi.
Questo significa che l’amministratore è chiamato a svolgere un servizio per il bene di tutti, non per il proprio beneficio o tornaconto personale. È chiamato a muoversi costantemente sui sentieri dell’integrità morale, della verità e della giustizia. Non può farsi trarre in inganno dalle lusinghe del potere, della menzogna, della demagogia.
La politica è nobile perché emergente da incoercibili esigenze di progresso, di pace, di giustizia, di libertà. Nobile, perché ha come fine il riconoscimento della dignità della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria, di cui cerca di realizzare lo sviluppo integrale. Nobile perché non è schiava del potere. Neanche di quello legato alla propria immagine.
In terzo luogo, arte nobile e “difficile”. Perché mentre l’uomo per natura è, come diceva Aristotele, “zoon politikon”, allo stesso tempo è “Homo homini lupus” come invece diceva Hobbes riprendendo Plauto. E’ difficile perché le sue regole non sono assolute e imperiture. Sicché, proprio per evitare i pericoli dell’ideologia, vanno rimesse continuamente in discussione. In politica mai assolutizzare le proprie convinzioni. Difficile perché postula il riconoscimento di tecniche concorrenziali che si ispirano a ideologie diverse da quelle della propria matrice culturale. Perché esige il saper vivere nella conflittualità dei partiti, contemperando il rispetto e la lotta, l’accoglimento e il rifiuto, la convergenza e la divaricazione. Ma anche il coraggio ci correre da soli.
La politica è difficile perché richiede, nei credenti in modo particolare, la presa di coscienza della autonomia della politica da ogni ipoteca confessionale, e il riconoscimento della sua laicità e della sua mondanità. Perché perché significa sottrarsi alla tentazione, sempre in agguato. dell’integrismo e dell’integralismo. Difficile, perché significa affermare, pur nell’ambito della comunità cristiana, un pluralismo di opzioni: anche se questo non significa che tutte si equivalgono o che siano tutte efficaci e significative.
Arte difficile, per il credente soprattutto, il quale “deve essere consapevole che il Vangelo non è una metodica di emancipazione e che la povertà e la sofferenza non sono soltanto un oggetto da eliminare, bensì una realtà di cui farsi carico come il Servo sofferente. In questo senso la testimonianza politica del cristiano deve diventare vita con i poveri, per un cammino di redenzione radicale”. Difficile, per il credente soprattutto, il quale più che vantarsi della propria ispirazione cristiana, deve impegnarsi a trovare quelle mediazioni culturali che rendono credibile il suo impegno politico.
Don Tonino citava Alcide De Gasperi, il quale nell’agosto del 1954 così scriveva: “Quello che ci dobbiamo soprattutto trasmettere l’un l’altro è il senso del servizio del prossimo, come ce lo ha indicato il Signore, tradotto e attuato nelle forme più larghe della solidarietà umana, senza menar vanto dell’ispirazione profonda che ci muove e in modo che l’eloquenza dei fatti tradisca la sorgente del nostro umanitarismo e della nostra socialità”. E’ proprio vero. La politica è arte difficile e nobile. Richiede competenza e onestà, cura e riflessione, ma anche libertà interiore e distacco. Arte di grande mediazione che esige una visione complessiva e complessa della propria città. Perciò auguriamo ai futuri amministratori di avere il coraggio non solo di praticarla ma di essere testimoni coerenti e credibili di essa.
E’ evidente che non è stato ben compreso !!
Caro professore ILLICETO, spiegare cosi bene il pensiero di Don Tonino Bello ai politici, di che cos’è la vera politica è tempo perso ma utile.
Tempo perso, perché la cervice è talmente dura che il loro fare è orientato solo al BENE PROPRIO E AL TORNACONTO PERSONALE.
Utile, perché attraverso queste sagge spiegazioni, possano capire e aprire la mente ad una realtà che è l’ unica via per ricostruire una comunità.
Purtroppo, caro professore ILLICETO, i politici non riescono a capire che una comunità va servita con passione e responsabilità.
La politica è nobile perché ha come fine il riconoscimento della dignità della persona umana , nella sua dimensione individuale e comunitaria. Purtroppo, caro professore ILLICETO, affinché i politici non si lasciano abitare dal bene comune e da quella passione responsabile verso il prossimo, staremo sempre a dire le stesse cose e implorare il buon Dio in una conversione politica.
Fare politica, non è improvvisarla ma è quell’ Arte nobile che richiede NOBILI PERSONE, PERSONE COMPETENTI E PREPARATE PER SVOLGERE UN SERVIZIO PIENO DI UMANITÀ.
Buona vita a tutti e grazie caro professore ILLICETO.