Statoquotidiano.it, 08 ottobre 2023. Orta Nova – Hanno raggiunto i ragazzi nelle scuole, hanno incontrato famiglie e ascoltato le perplessità, le paure e i dubbi di coloro che sentivano il bisogno di esprimerle. Hanno pregato con la gente e cantato con i giovani.
Per portare un annuncio di speranza. Una spinta a vedere il positivo laddove sembrano prevalere il buio, il cinismo, la sconfitta, il male.
No. Non scene da un film del passato. Bensì 14 passionisti in missione cittadina ad Orta Nova. Dal 29 settembre, ad annunciare che è ancora possibile credere. Credere in un mondo migliore. Credere in gente migliore. Credere in un’Orta Nova migliore.
Oggi, 8 ottobre, ultimo giorno della missione, nel corso dell’ultima celebrazione eucaristica, in ogni parrocchia consegneranno un mandato simbolico: continuare ad essere Pellegrini di speranza, come loro hanno voluto esserlo tra le strade del comune capofila dei Cinque Reali Siti.
Il racconto della loro presenza, nei 9 giorni intensi ormai quasi passati, nell’intervista di Statoquotidiano con il coordinatore del gruppo di missionari, padre Luca Fracasso.
Chi sono i passionisti?
Noi siamo una congregazione che si occupa di missioni.
Il nostro padre fondatore è San Paolo della Croce. Un altro santo passionista molto conosciuto, per esempio ad Orta Nova per quanto abbiamo notato, è San Gabriele dell’Addolorata, originario della zona di Teramo, in Abruzzo.
Per la missione in corso siamo arrivati in 14 e da diverse parti dell’Italia. Io, per esempio, sono pugliese, c’è chi viene dalla Calabria, altri dal nord.
Come è nata l’idea della missione ad Orta Nova?
All’inizio un po’ per caso.
Don Leonardo della parrocchia ortese della BVM dell’Altomare, durante un pellegrinaggio ad Isola del Gran Sasso, aveva espresso il desiderio di poter avere il corpo di San Gabriele dell’Addolorata presso la sua parrocchia in occasione dei Cinquant’anni di quest’ultima da celebrare ad agosto scorso.
Così, il superiore di Isola del Gran Sasso si è messo in contatto con il nostro referente delle missioni ed è nata l’idea di organizzare una missione parrocchiale per la parrocchia BMV dell’Altomare. Con don Leonardo era da più di un anno che eravamo in contatto.
Nel frattempo è diventato vescovo della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano monsignor Fabio Ciollaro che, oltre ad essere molto amico di due dei nostri padri, era già solito venire spesso da noi a fare ritiri spirituali.
Quando lui ha saputo dell’idea di don Leonardo, ha voluto estendere la missione alle altre parrocchie ortesi facendola così diventare cittadina. In più, ha anche espresso la volontà di farne un’altra negli altri comuni dei Cinque Reali Siti, ossia Carapelle, Ordona, Stornara, Stornarella, che si terrà a Febbraio 2024.
Qual è stato l’obiettivo primario della missione?
È chiaro che non si fa una missione senza un obiettivo.
Quando abbiamo incontrato i parroci per concordare le attività da svolgere, noi abbiamo ricevuto da parte loro una particolare richiesta, ossia dedicare una certa attenzione ai giovani, anche se l’obiettivo della missione è certamente quello di raggiungere il maggior numero possibile di persone senza trascurare nessuno.
Attenzione particolare nei confronti dei giovani perché?
Naturalmente qui il riferimento è andato agli episodi di violenza che si sono verificati tra i giovani ortesi negli ultimi tempi. Episodi non molto confortanti.
A tal proposito, per esempio, abbiamo allestito una tenda in piazza per mostrare di voler uscire dalle mura delle parrocchie per andare loro incontro. Non a caso il tema della missione è stato: “Pellegrini di speranza”, che è poi anche il titolo della canzone simbolo del Sinodo in corso nella Chiesa tutta, in Italia e nel mondo.
Inoltre, il farci vedere in giro, davanti alle scuole per il “buon giorno a Gesù”, sono tutte azioni riconducibili ad una precisa intenzione di decentrarci per raggiungere chiunque con un messaggio di speranza. Che non significa venire e fare i rivoluzionari provando a riempire di giovani le parrocchie, ma portare ovunque la presenza di Cristo.
Qual è lo stato di salute spirituale, se così si può dire, che avete riscontrato nella comunità ortese? Il primo impatto è stato positivo. Abbiamo trovato i segni tangibili di valori umani di base come la disponibilità all’accoglienza, la volontà dei parroci a collaborare. Anzi, vorrei qui sottolineare che il vescovo Ciollaro e i quattro parroci ortesi si sono impegnati molto affinché la missione avesse luogo nel territorio di Orta Nova.
Sabato 30 settembre abbiamo percepito la curiosità da parte della comunità ortese nei nostri confronti: i ragazzi avevano cominciato a vederci nelle scuole, avevamo cominciato le visite alle famiglie e, la sera, abbiamo avviato l’esperienza della tenda in piazza.
Subito dopo, già dalla domenica, è subentrata la fase della diffidenza: già qualcuno non è venuto, qualcun altro si è allontanato.
C’è sempre una certa resistenza, anche nei confronti dei messaggi di fede e di amore.
Oggi diventa sempre più ostico fare discorsi valoriali, ancor di più quando a questi si accosta la figura di Gesù. Possono esservi anche preconcetti nei confronti di noi missionari.
A questo proposito, noi abbiamo cercato di far capire alla gente che il nostro solo intento era quello di entrare nel tessuto sociale, senza voler fare i super uomini o gli evangelizzatori a tutti i costi, ma cercando di far arrivare un messaggio di speranza. Soprattutto a partire da lunedì 2 ottobre.
Man mano, questo ha dato alle persone la possibilità di superare quell’iniziale diffidenza e di capire che lo scopo era quello di far parte della comunità, delle situazioni quotidiane, magari creando momenti di confronto, come per esempio è successo nei centri di ascolto.
Quanti centri di ascolto avete allestito è da quante persone sono stati seguiti?
Ne abbiamo allestiti 2 per ogni parrocchia per un periodo di 3 giornate e in punti ogni volta diversi per raggiungere il maggior numero di persone.
Sono stati importanti tali centri, perché hanno dato alle persone la possibilità non solo di ascoltare ma soprattutto di esprimere perplessità, dubbi, preoccupazioni.
La partecipazione dei giovani è stata buona, anche se non in grandi numeri. Con i tempi che corrono, bisogna dimenticare i grandi numeri.
Ne è nata l’idea di fondare un gruppo stabile di giovani ad Orta Nova con cui mantenere i contatti anche quando non saremo più in loco.
Quali indicazioni sentite di dare, alla fine di questa esperienza, alla gente del posto?
Quello che vogliamo lasciare è, in realtà, anche quello che stiamo cercando di dare già ora, ossia l’esempio di cosa significa essere missionari e Pellegrini di speranza, affinché vi sia chi vorrà continuare a seguire quell’esempio nella propria quotidianità, al di fuori delle proprie parrocchie come all’interno di esse.
Pensiamo alla situazione post covid delle parrocchie. Molti parroci hanno fatto e fanno sforzi enormi per riavvicinare le persone, ma queste sembrano essersi arenate.
Cercare quindi di far uscire le persone dalle loro realtà per spingerle a tornare ad una maggiore partecipazione e a vedere il positivo intorno a sé è uno dei nostri obiettivi.
Oggi 8 ottobre sarà il vostro ultimo giorno ad Orta Nova per la missione.
Durante la messa in ogni parrocchia i parroci faranno il rito del mandato nel quale lasceremo un segno che vorrà essere da stimolo a continuare ad essere portatori di speranza.
Importante pensare di ripartire da una cosa nuova, in ogni ambito, magari stimolando l’idea propositiva di creare nuovi posti di lavoro per i giovani perché solo così si possono scongiurare quelle cosiddette bombe sociali, cioè problemi tra i giovani che emergono spesso proprio quando mancano le giuste prospettive.