Nel lontano 1991, il calcio italiano stava per vivere uno dei suoi periodi più emozionanti e inaspettati. Una piccola città della Puglia, conosciuta per il suo amore per il calcio ma senza tradizioni di grandi successi, stava per diventare il palcoscenico di un fenomeno che avrebbe segnato il calcio italiano per anni. In quel contesto prende vita la storia del Foggia di Zeman, una squadra che, seppur appena promossa in Serie A, si impose come una delle realtà più sorprendenti del campionato. Un capitolo fondamentale di quella storia è scritto con il nome di Igor Shalimov, uno dei protagonisti di un’era che ancora oggi viene ricordata con affetto dai tifosi.
Zemanlandia: così venne definito il Foggia di Zdenek Zeman, una squadra che metteva in scena un calcio spettacolare e offensivo, capace di far ammattire squadre come il Milan di Sacchi e la Juventus di Roberto Baggio. In quella squadra, tra i vari talenti, c’era Igor Shalimov, un centrocampista russo che aveva appena vinto il campionato europeo Under 21 con la sua nazionale. Shalimov arrivò in Italia grazie all’operato del direttore sportivo del Foggia, Giuseppe Pavone, vero scopritore di talenti. La leggenda narra che il suo acquisto avvenne attraverso un baratto: lo Spartak Mosca, che chiedeva un miliardo e 400 milioni per il suo giocatore, fu pagato con un camion di grano, come se fosse una transazione commerciale più che un affare calcistico. Questo episodio simbolico rappresenta l’approccio un po’ “spregiudicato” del presidente del Foggia, Pasquale Casillo, l’imprenditore noto come il “re del grano”.
Nel suo primo anno al Foggia, Shalimov fu protagonista di una stagione straordinaria: 9 reti in 33 partite da centrocampista, in una squadra che conquistò il nono posto in Serie A, con il secondo miglior attacco del campionato, alle spalle solo del Milan. La sua classe e il suo fiuto per il gol non passarono inosservati, attirando l’interesse di squadre più blasonate. Tuttavia, la sua permanenza a Foggia fu segnata anche da una vita extra-calcistica turbolenta. Tra alcool, sigarette e una fidanzata russa fotomodella, Shalimov visse a pieno il lato oscuro della celebrità. La sua carriera calcistica iniziò a vacillare, segnando una parabola discendente che avrebbe caratterizzato gli anni successivi.
Nel 1992, Shalimov passò all’Inter, dove continuò a brillare, segnando 9 gol nella stagione 1992-1993, compreso il famoso derby d’Italia contro la Juventus e una doppietta contro il suo ex Foggia. Tuttavia, il suo rendimento scese rapidamente, anche a causa dei suoi vizi fuori dal campo, e l’Inter lo cedette al Duisburg. La sua carriera proseguì in altre squadre, tra cui Lugano, Bologna, Udinese e infine Napoli, ma senza mai tornare ai livelli di inizio carriera. A Napoli, la sua carriera subì una battuta d’arresto definitiva, a causa di una squalifica di due anni per l’uso di nandrolone, un fatto che scosse il suo già precario equilibrio professionale e personale. La giustificazione di Shalimov, che parlò di carne cruda trattata con il farmaco sotto consiglio di un medico, non bastò a salvare la sua immagine.
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Shalimov intraprese la carriera di allenatore. Nel 2008, sposò la scrittrice russa Oksana Robski, ma l’unione durò solo sei mesi. Negli anni successivi, il suo percorso lo portò a diventare il commissario tecnico della nazionale russa femminile, ruolo che ricoprì con successo, portando la squadra agli ottavi di finale della Coppa di Russia e della Europa League. In seguito, divenne il coordinatore delle squadre giovanili nazionali della Russia. Oltre alla carriera da allenatore, Shalimov è diventato uno dei protagonisti del film “Zemanlandia”, una pellicola dedicata al Foggia dei miracoli di Zdenek Zeman. In questo modo, Igor Shalimov è riuscito a tornare al centro dell’attenzione, non più come calciatore, ma come testimone di una delle stagioni più incredibili nella storia del calcio italiano.
A 55 anni, Shalimov è ormai lontano dai riflettori e dal calcio che tanto lo aveva esaltato e, allo stesso tempo, messo in crisi. Il suo volto, una volta caratterizzato dai capelli ricci e dal sorriso spavaldo, è oggi più sereno, ma la sua carriera rimane una delle più affascinanti e travagliate del calcio degli anni ’90. Un talento che, purtroppo, non è riuscito a esprimersi completamente, ma che rimarrà per sempre legato al Foggia dei miracoli, un capitolo indimenticabile della storia del calcio italiano.
Lo riporta calciomercato.com