Edizione n° 5386

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Festival regionale di musica ebraica e concentrazionaria

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
1 Marzo 2010
Teatro //

kaiser bozzetto di kien
kaiser bozzetto di kien
Barletta – Il Festival Musica Judaica 2009-2010 si conclude giovedi 11 marzo presso la Sala S. Antonio di Barletta con l’allestimento in semiscenica dell’opera in atto unico Der Kaiser von Atlantis (prima rappresentazione della versione originale) del compositore ebreo ceco Viktor Ullmann su libretto dell’artista e poeta ebreo ceco Petr Kien. La rappresentazione a Barletta della geniale opera scritta da Ullmann nel Campo di concentramento di Theresienstadt costituisce un importante punto di arrivo della vasta ricerca della produzione musicale concentrazionaria ad opera del pianista barlettano Francesco Lotoro.

Nella specifica ricerca delle fonti e dei documenti originali del Der Kaiser von Atlantis, Lotoro ha lavorato in stretta collaborazione con il direttore d’orchestra Paolo Candido, anch’egli barlettano. Lotoro e Candido hanno negli ultimi 3 anni letteralmente recuperato e ricostruito tra Basilea, Terezìn, Stoccarda e Gerusalemme la partitura originale dell’opera sugli autografi e le parti vocali originali. L’opera, infatti, risulta pubblicata alcuni fa in una edizione tedesca largamente riveduta, tagliata e modificata nell’orchestrazione e quanto mai in disaccordo con gli autografi; da ciò la decisione dei musicisti barlettani di avviare un lavoro sistematico dalle fondamenta dell’pera di Ullmann.

Di alto spessore il cast dell’opera e l’orchestra che rappresenteranno Der Kaiser von Atlantis a Barletta: il soprano Anna Maria Stella Pansini (la ragazza Bubikopf), il mezzosoprano Francesca De Giorgi (il tamburino), il tenore Filippo Pina Castiglioni (Harlekin e un soldato), il baritono Angelo De Leonardis (la voce dell’altoparlante), il basso Stefano Anselmi (l’Imperatore di Atlantide) e il basso Ilya Popov (la Morte).

L’Orchestra Musica Concentrationaria è diretta da Paolo Candido. Viktor Ullmann nacque l’1 gennaio 1898 a Teschen (oggi Tesin, Repubblica Ceca). Nel 1914 si trasferì a Vienna; durante la 1a Guerra Mondiale fu tenente dell’esercito asburgico. Dal 1918 al 1919 studiò con Arnold Schönberg, Josef Polnauer, Heinrich Jalowetz e Eduard Steuermann. Dal 1920 al 1927 fu assistente di Alexandr Zemlinsky al Neues Deutsches Theater di Praga; nel 1927, dopo che Zemlinsky lasciò Praga per Berlino assunse la direzione artistica dell’Opera di Aussig. Nel 1920 Ullmann aderì all’antroposofia trasferendosi con la sua famiglia a Zurigo; per la causa steineriana abbandonò temporaneamente la propria carriera dirigendo dal 1931 al 1933 la libreria antroposofica del Goetheanum di Stoccarda. Nel 1933 a causa alle Leggi di Norimberga la sua libreria fu chiusa d’autorità; costretto a lasciare la Germania tornò a Praga. L’8 settembre 1942 Ullmann fu deportato a Theresienstadt con la sua terza moglie Elizabeth e il figlio Max; ivi fu incaricato di coordinare l’attività artistica del Campo di concentramento; il suo linguaggio musicale, imperniato su Mahler e strutture di Schönberg si indirizzò gradualmente verso una ampia politonalità e la riscoperta delle proprie radici ebraiche. Il 16 ottobre 1944 Ullmann fu condotto con sua moglie ad Auschwitz dove il giorno dopo morì nelle camere a gas. Der Kaiser von Atlantis oder Die Tod–Verweigerung (L’Imperatore di Atlantide ovvero il rifiuto della morte, questi il titolo completo) fu scritta su un libretto scritto dal giovane poeta e disegnatore Petr Kien, anch’egli deportato a Theresienstadt un anno prima di Ullmann e morto ad Auschwitz lo stesso giorno di Ullmann. L’opera è un’amara e radicale allegoria sulla natura del nazifascismo e sul misero valore che esso attribuisce alla vita umana. Ullmann la terminò nel 1943 (tuttavia l’ultima data sul manoscritto riporta il 13.10.1944), orchestrandola in base alle disponibilità nel Campo di concentramento: sette voci e tredici strumenti, alcuni dei quali moto particolari dato il contesto quali banjo, sax contralto, clavicembalo a due manuali, harmonium e contrabbasso a 5 corde.

Der Kaiser von Atlantis non verrà mai rappresentata sul palcoscenico della Sokolhaus di Theresienstadt: durante l’estate del 1944, nel corso delle prove, intervenne la censura dell’autorità tedesca d’occupazione che trovava il personaggio principale dell’opera, lo sgradevole e maniacale Kaiser Überall (che entra in guerra con il mondo, lasciando, con la sua crescente follia, sgomenta persino la Morte), troppo simile al Fuehrer. Il trombettista ebreo danese Paul Aron Sandfort, che suonava nell’orchestra dell’opera di Ullmann a Theresienstadt, venne a Barletta nel giugno 2007 (morì a Copenhagen nel dicembre dell ostesso anno) riferì a Lotoro che Kurt Rahm, comandante della guarnigione tedesca a Theresienstadt intimò al compositore di modificare decisamente il libretto, minacciandolo di serie ritorsioni se non l’avesse fatto. Ullmann non lo fece, ragion per cui il comandante tedesco ordinò di annullare l’allestimento dell’opera; alle prove generali si presentò unicamente il trombettista Sandfort che, al contrario di Ullmann e dell’orchestra, non subì il trasferimento al Campo di sterminio di Auschwitz perchè era danese e la Croce Rossa del suo Paese vigiliò sulla sua incolumità. L’opera di Ullmann si riallaccia ai modelli del teatro espressionista tedesco, al linguaggio di Kurt Weill e di Gustav Mahler; il duetto tra la Morte e Harlekin riprende stilemi del Song americano degli anni ‘30 mentre la prima aria della Morte è un Blues e il trio tra il Kaiser, Harlekin e il Tamburino è uno Shimmy e inoltre, nel corso dell’opera, Ullmann usa frequentemente l’intervallo di quarta eccedente che in realtà è il tema della Morte nella Sinfonia op.27 Asrael (l’Angelo sterminatore) di Josef Suk. Nel finale l’autore utilizza il corale Ein’ feste Burg ist unser Gott già usato da compositori ebrei come Mendelssohn e Meyerbeer i cui lavori erano stati banditi dal Terzo Reich.

La trama: nel mondo è scoppiata una grande guerra globale, proclamata dal Kaiser che desidera tutti gli uomini perennemente viventi e sudditi. Harlekin, incarnazione della vita, disperato perché vede solo l’orrore intorno a sé, vorrebbe morire ma la Morte non glielo permette; quest’ultima, rendendosi conto che la vita non ha più valore, rifiuta di fare il proprio dovere per non risultare complice del Kaiser. Tuttavia gli uomini, non morendo, iniziano a comprendere i folli propositi del Kaiser e si ribellano a lui. Visto il perdurare della desolazione, la Morte acconsente a far morire di nuovo gli uomini, a condizione che il Kaiser si dichiari d’accordo, cosa che infine avviene. Il Kaiser realizza che senza l’aiuto della Morte il suo piano è destinato a fallire, per cui le implora di tornare a fare il suo dovere. La surreale vicenda termina con la Morte che riprende l’attività interrotta, scegliendo come prima vittima il Kaiser in persona che la Morte stessa accompagnerà al di là dello specchio che separa la vita dall’ignoto. Tematiche affrontate nell’opera come guerra globale, palese violazione dei principii etici, l’illusione di una vita senza problemi edulcorata da una televisione che propina anti–cultura sono di estrema attualità e stupisce maggiormente come un’opera scritta in situazioni tragiche e in cattività come Der Kaiser sia stata premonitrice di eventi e realtà sociali strettamente contemporanee. Ullmann esprime nell’opera Der Kaiser una modernità in anticipo sui tempi; nell’opera si intravede un percorso di linguaggio e pensiero musicale che il suo autore, passato dall’umanizzazione della dodecafonia al verbo antroposofico sino al pieno recupero dell’identità ebraica, avrebbe sicuramente intrapreso se fosse sopravvissuto.

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