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Hesitation Marks – Nine Inch Nails, 2013

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
3 Ottobre 2013
Musica //

Trent Reznor (fonte: www.aceshowbiz.com)
Titolo: Hesitation Marks
Artista: Nine Inch Nails
Etichetta: Columbia
Genere: Industrial
Uscita: 30 agosto 2013

C’era una volta un ragazzino cattivo cattivo. Che adesso non c’è più. Anche se esistono ancora i Nine Inch Nails, è inutile cercare in questo nuovo Hesitation Marks tracce troppo profonde di quel Trent Reznor che ha messo il terrore addosso ai genitori di mezzo mondo.

Reznor è stato, per molti anni, l’enfant terrible delle classifiche mondiali (scendendo sotto le 10mila copie, come è noto, si è mosso di molto peggio), con un’immagine volutamente scioccante che, almeno agli albori, aveva avuto un impatto ben più aggressivo di un qualsivoglia Marilyn Manson. Provocatorio nell’immagine ma anche nella proposta musicale. Insieme a uno sparuto manipolo di pionieri più o meno fortunati (i più metallari Fear Factory e i techno-rocker Prodigy, tanto per fare due esempi) propose al mondo il matrimonio più ardito che si potesse pensare negli anni ’90: quello tra il rock e l’elettronica.

Il tutto prendeva il nome di industrial, termine che richiamava alla memoria anche le ossessive ritmiche dei grandi macchinari delle fabbriche. La ricetta di base consisteva in una base sostanzialmente rock-metal, sviluppata però su schemi presi in prestito dalla musica elettronica, quando non dalla techno.

Hesitation Marks - Cover
Con questo nuovo Hesitation Marks, i Nine Inch Nails compiono la svolta estrema, relegando in un angolo la componente metal e realizzando quello che è, a tutti gli effetti, un album di musica elettronica con inserti rock. Uno sviluppo quasi naturale, se si analizza la discografia dei NIN: ma il distacco rispetto alle prime composizioni resta comunque notevole.

Hesitation Marks è uno di quei dischi destinati a dividere. Se i fan in senso stretto di Trent Reznor, probabilmente, si troveranno a loro agio anche con le composizioni di questa ultima fatica, i flaneur dei NIN (specialmente quelli più legati ai vigorosi riff del passato) potrebbero storcere il naso. Poco male, almeno per Reznor: l’album potrebbe infatti conquistarsi una nuova schiera di appassionati, pescando tra le fila dei synth rocker.

L’ultima fatica dei Nine Inch Nails è uno di quesi dischi che ha tutte le carte in regola per conquistare la critica: curato, prodotto con sapienza ed esperienza e con un monicker di lustro. L’impatto immediato sull’ascoltatore, forse, non è dei più immediati. Ma questo non è sicuramente sufficiente per bollare Hesitation Marks come un’opera non riuscita.

Anche perché, a un ascolto più approfondito, il platter sembrerebbe centrare perfettamente un obiettivo: stemperare il sound dei NIN in un’atmosfera più eterea, senza le urla (vocali e strumentali) del passato. E, soprattutto, non ripetere all’infinito una formula già collaudata.

Trent Reznor (fonte: www.last.fm)
Hesitation Marks va sicuramente nella direzione dei gusti del pubblico di oggi, per il quale la musica elettronica è diventata un compagno di viaggio ben più affidabile del vecchio rock underground. E in questo l’album replica la ricetta vincente di Reznor, quel mix di coraggio (a volte solo apparente) e di capacità di intercettare i desideri della clientela del momento che ha reso i Nine Inch Nails un gruppo in grado di scalare le classifiche.

A proposito, l’album ha debuttato alla terza posizione di Billboard, la Corte di Cassazione della musica internazionale. Qualcosa vorrà pur dire. Se non altro, che al pubblico in fondo la nuova versione di Trent Reznor non è dispiaciuta.

Il ragazzino cattivo, si diceva, non c’è più. Al suo posto c’è una versione più elaborata, controllata e ‘matura’. Ma il marchio di fabbrica resta lo stesso. Nelle diverse tracce di Hesitation Marks gli echi del passato risuonano chiari e distinti, ma dove prima c’erano chitarre stridenti ora ci sono leggeri tocchi di sintetizzatore, quando prima risuonavano le urla sgraziate ora rimbombano cantilene soffuse.

Ed è questo che conferma la grandezza di Reznor, al di là del valore del singolo disco: la capacità di reinventarsi senza dimenticare il proprio modo di concepire la musica.

Track by Track

* ………….. trascurabile
** …………. da ascoltare almeno una volta
*** ………… da inserire in shuffle sull’mp3
**** ……….. da ricordare
***** ………. capolavoro

1. The Eater of Dreams *
Opener elettronica, praticamente priva di melodia Giusto per mettere le cose in chiaro. Di rito, ma trascurabile.

2. Copy of A **
Ancora elettronica. Brano dalla strofa quasi ipnotica che poco concede alla melodia anche nel ritornello. Il quale, tuttavia, rischia di restare dannatamente stampato nella memoria.

3. Came Back Haunted ***
Il suono si fa più corposo rispetto a brano precedente e gli echi del passato emergono con più chiarezza. Il brano, complice anche qualche inserto di chitarra, costruisce un ponte tra il passato e Hesitation Mark. Da consigliare ai fan dei primi Nin, giusto per capire la direzione del platter.

4.Find My Way *
Ritmica in primo piano, un pizzico di melodia e un cantato senza urli. Came Back Haunted è solo un ricordo. Benvenuti nella nuova era dei Nine Inch Nails.

5.All Time Low ***
Vera sorpresa dall’inizio dell’album, All Time Low si lascia andare a una ritmica quasi funkeggiante che perlomeno lascia spiazzati. Brano curioso, ricco di chiaroscuri, ma sicuramente non immediato. Da riascoltare prima di esprimere un giudizio.

6.Disappointed ***
Un passo avanti, un passo indietro. L’andamento dell’album si conferma sussultorio, tra synth rock e richiami industrial. In questo nuovo episodio, l’elettronica torna prepotentemente in primo piano. Con quel qualcosa in più.

7. Everything *
Elettronica solo di sottofondo e chitarre in primo piano: basta tutto questo per sancire il ritorno ai vecchi Nine Inch Nails? No, perché Everything é un brano sostanzialmente pop. Nonstante le apparenze, uno degli episodi piú spiazzanti, solare come non ci si sarebbe mai aspettati dai NIN.

8. Satellite *
All’appello mancavano solo le soluzioni hip hop. Ci pensa Satellite a colmare il vuoto. Ma non se ne avvertiva la mancanza. Neanche gli inserti rumoristici bastano a risollevare uno degli episodi meno riusciti del lotto.

9. Various Methods of Escape ****
Nonostante le premesse dei primi secondi, il brano è uno dei piú vicini ai Nine Inch Nails che tutti conoscono. E qui Reznor conferma il suo straordinario talento, riletto secondo il nuovo mood dell’artista.

10. Running *
A metà strada tra Daft Punk e Sonic Youth, Running si fa forza di un tocco particolarmente sperimentale. Ma, come tutti gli esperimenti, può riuscire o meno. Questo è il secondo caso.

11. I Would for You **
La formula a metà tra passato e presente inizia a mostrare la corda. Peccato, perché il brano può contare su un ritornello efficace. Ma, dopo dieci brani, il retrogusto di già sentito ha la meglio. Sul finire, il riff portante proposto al pianoforte lascia intendere cosa il brano sarebbe potuto essere. Ma ormai è troppo tardi.

12. In Two ***
Un pizzico di cattiveria in piú non guasta. L’inciso in falsetto stupisce e poco piú. Solleticante, ma senza esagerare. Comunque, una prova migliore di altre.

13. While I’m Still Here **
Base tutta elettronica per il brano di chiusura. Reznor, evidentemente, vuole lasciare un gusto 100% synth nelle orecchie dell’ascoltatore. Non tutti gradiranno.

14. Black Noise *
Una sorta di outro, con una variazione sul tema del brano precedente. Il finale sfuma nell’industrial rumoristico. Vorrà dire qualcosa?

Line up

Trent Reznor – voce, produzione


Valutazione: 6.5/10


[Live in Italy]

Attualmente non sono previsti show dei Nine Inch Nails in Italia.

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