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Un’emergenza civile e politica: la lingua pubblica è ostile!

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
4 Gennaio 2018
Cultura // Editoriali //

Manfredonia, 4 gennaio 2018. Lo è stato nel passato, lo è oggi e lo sarà nel futuro: la disuguaglianza nel possesso dei linguaggi e dei saperi è altrettanto grave della disuguaglianza economica. L’uso di un linguaggio comprensibile a tutti è un problema fondamentale e una buona comunicazione consolida e potenzia la vita democratica. Rendere comprensibili delibere, avvisi pubblici, normative è una condizione fondamentale per assicurare a tutti i cittadini uguali opportunità di partecipazione, godimento di beni comuni, rispetto delle leggi.

Il testo seguente è uscito qualche giorno fa dal Comune di Manfredonia. “La legge della Regione Puglia n. 40 del 28.12.2015 ha disposto che a decorrere dal periodo di imposta 2016 il soggetto Irpef che non può beneficiare nel periodo di imposta, per il livello di reddito e la relativa imposta calcolata su base familiare, delle detrazioni all’addizionale regionale Irpef per le famiglie con più di tre figli a carico, usufruisce di misure di sostegno economico diretto equivalente alle detrazioni spettanti. L’ambito territoriale di Manfredonia… erogherà agli aventi diritto, previsti dall’art. 3 della L. R. n. 40 del 2015, le misure di sostegno economico riguardanti le detrazioni all’addizionale regionale Irpef per carichi di famiglia”. Un avviso pubblico, nel quale, intorno a poco più di 15 righe vi sono ben 8 richiami legislativi completi (comma, numero della legge, data…).

Non è il solo: quotidianamente appaiono testi che costituiscono un’offesa all’intelligenza delle persone e che avrebbero bisogno di un traduttore in lingua corrente.

Sono trascorsi 23 anni da quando la Presidenza del Consiglio ha proposto un “Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche”. Proposte e materiale di studio, frasi da correggere, esempi di atti pubblici riscritti… Molte altre proposte sono uscite da allora ad opera dell’Accademia della Crusca, agenzie di comunicazione, istituti universitari, singoli studiosi. Tutte indicavano come priorità politica e democratica il cambiamento della lingua della burocrazia.

Circola un manifesto sul web “Per una comunicazione non ostile”: un invito a rispettare le persone, a scegliere con cura le parole, che sono un ponte tra noi e gli altri. Peccato che “ostili” (e rivolti solo agli addetti ai lavori) siano proprio i documenti amministrativi, che dovrebbero essere il ponte per eccellenza tra chi amministra e la cittadinanza.

Qualcuno ha proposto di valutare gli atti sulla base delle 5 W del giornalismo anglosassone. E cioè le iniziali di Who – What – When – Where – Why e precisamente Chi – Cosa – Quando – Dove – Perché. Ogni atto deve essere riconoscibile e interpretabile da parte dei cittadini, mostrando il soggetto che lo adotta, l’oggetto, la decisione presa, i tempi e i modi di applicazione, le motivazioni.

Ma perché vi è questa tendenza all’oscurità della lingua? Perché lo è in particolare quella dei dirigenti? “Il pubblico funzionario non è un cittadino al servizio dei cittadini: è Dio che sul monte Oreb dà le leggi a Mosè. O quanto meno Mosè che detta i comandamenti al popolo eletto” (Tullio De Mauro). Occuparsi oggi del linguaggio pubblico non è un lusso da intellettuali, ma è la questione politica prioritaria (Carofiglio). Il linguaggio oscuro è infatti (per pigrizia, vanità nell’uso del gergo, arroganza ed esercizio del potere) fortemente contagioso. Già Leopardi all’inizio dell’Ottocento denunciava la trascuratezza, l’approssimazione nell’uso delle parole, la mancanza di “aggiustatezza” della scrittura. Ogni testo scritto va aggiustato, e cioè reso pertinente, adattato, chiaro, comprensibile. I funzionari pubblici aggiustano gli atti, ma per infarcirli di riferimenti legislativi, e renderli, come il testo sopra citato, incomprensibili, al punto da far venire il sospetto che si vuole più nascondere che chiarire e comunicare.

A cura di Paolo Cascavilla – fonte www.futuriparalleli.it – Titolo originale del testo “Un’emergenza civile e politica: la lingua pubblica è ostile! Forse le 5 W possono aiutarci”

5 commenti su "Un’emergenza civile e politica: la lingua pubblica è ostile!"

  1. Condivido in pieno le osservazioni del professore, oltre al linguaggio scritto e parlato del burocratese si aggiunta la scarsa traspatenza nel dare risposte chiare e precise, specialmente quando deve dare chiarimenti in merito al proprio operato. Ciò stante anche in applicazione di provvedimenti normativi spesse volte disattese dalla stessa Pubblica Amministrazione, o meglio dei burocrati che ne riempiono le file anche impropriamente e senza di latenze specifiche.

  2. Molto bene signor Cascavilla.
    E che dire degli innumerevoli vocaboli stranieri che inquinano la nostra lingua. Chi li usa abitualmente crede di poter meravigliare l’interlocutore col suo sapere.
    Ne faccio un paio di esempi.
    Sovente si utilizza il termine Stage “tirocinio” entrato nell’italiano sin dal 1963 e pronunciato con un miscuglio di inglese (steig) e francese (stag) con la g non gutturale, anzi dolcissima, dal quale l’omologismo Stagìsta. Il corrispondente italiano Tirocinio, ben coniato, lo abbiamo mandato chissà dove.
    Dal francese Kermesse ricalcato dall’olandese Kerkmisse “messa di chiesa” svoltosi in “festa del patrono”, ne utilizziamo il vocabolo finanche per indicare erroneamente e in maniera eclatante altri eventi quali il festival di Sanremo, come udito da un giornalista in televisione. Tutt’al più potrebbe essere usato per associazione in riferimento a una festa all’aperto, una fiera, patronale o simile.
    Grazie dell’attenzione

  3. Sig. Francavilla lei ha ricevuto la bolletta del gas?

  4. Nel linguaggio comune, utilizziamo frequentemente neologismi e termini stranieri come “marketing”, “sport”, “rock”, “browser”, “smog” che non trovano un corrispondente efficace nella nostra lingua. Ma ci sono moltissimi altri termini (anglicismi) di cui potremmo far benissimo a meno, utilizzando i loro corrispettivi italiani. Qualche esempio:
    audience = pubblico
    backstage = dietro le quinte
    badge = tesserino
    big = grande
    bipartisan = trasversale
    boss = capo
    brand = marca
    break = pausa
    business = affari
    cash = contanti
    catering = approvvigionamento
    coach = allenatore
    copyright = diritto d’autore
    display = schermo
    fashion = moda
    flop = fiasco
    fitness = allenamento
    food = cibo
    gossip = pettegolezzo
    happy end = lieto fine
    hotel = albergo
    jobs act = legge sul lavoro
    light = leggero
    look = aspetto
    mail = posta
    make up = trucco
    master = specializzazione
    match = partita
    mission = missione
    news = notizie
    okay = va bene
    partner = compagno
    premier = primo ministro
    relax = riposo
    trend = tendenza
    show = spettacolo
    selfie = autoscatto
    sexy = seducente
    staff = personale
    teenager = adolescente
    team = squadra
    ticket = biglietto
    weekend = fine settimana
    web = rete
    workshop = seminario
    computer = elaboratore
    e tanti, tanti altri termini.
    Noi italiani ci comportiamo all’opposto dei nostri cugini francesi che non accettano di utilizzare parole straniere. Addirittura, i francesi non hanno accolto nemmeno il termine “Computer”, ma utilizzano il loro “Ordinateur”!
    Non credo valga la pena aggiungere altro…

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