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“Una bomba è esplosa anche nella mia anima”

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
5 Gennaio 2011
Editoriali //

Lorenzo Pinto (image, giornaledibrescia.it)
Era un semplice ferroviere, Lorenzo Pinto. Non ha mai riscosso successo, in televisione non ci andava. Per ricordare la morte di suo fratello Luigi, si è servito soltanto dell’arma delle sue parole. Non svendeva le sue idee, non le metteva all’asta catodica. Sotto la sua casa romana, non ci sono mai stati intervistatori e giornalisti. L’Avetrana-style non era il Pinto-style.

Lorenzo Pinto era solo un ferroviere. Antifascista della miglior specie, genia foggiana atavica in lenta dissoluzione materiale: ovvero, la somma di spirito politico e sbuffi di vapore. Era una di quelle persone che toccano la vita degli altri e la segnano senza clamori, senza ricorrere al pathos. Tanto che, se qualcuno vi dovesse chiedere chi sia stato Lorenzo Pinto, rispondete semplicemente “conducente dei Freccia rossa”. Nomem omen.

Lorenzo Pinto non viveva più a Foggia. La sua casa era a Roma. È lì che si è spento. Da lì portava avanti la sua sola, grande, immane battaglia politica: la lotta contro la Storia artefatta, contro la giustizia di parte, contro gli smacchi indolenti del potere. La sua sola stella cometa, la sua guida, era la verità. Era impegnato all’interno dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Piazza della Loggia a Brescia. Una specie di Davide contro il Golia statale con le armi delle mani, del cuore, delle carte. Roba che solo in Argentina. Roba che, trentasei anni dopo, un sedicente Stato democratico non dovrebbe tenere neppure in conto. Un’associazione dovrebbe assolvere ad un obiettivo. E, raggiuntolo, scindersi. La fenomenologia corporativa italiana, la perenne tensione per mantenere alta la soglia democratica esercitata da questi gruppi, parlano invece di uno slittamento di legalità. Dallo Stato alla gente; dalle istituzioni, appunto, alle associazioni. I gruppi di cittadini domandano ciò che la magistratura dovrebbe indipendentemente perseguire. Ma questa è un’altra storia.

Lorenzo Pinto è morto il primo gennaio, quattro giorni fa, in seguito ad un malore improvviso. Ironia di una sorte becera, nell’ottava settimana dopo la sentenza della Corte d’Assise di Brescia che assolveva i cinque imputati fascisti della morte del fratello Luigi. Otto, appunto, come i morti di quella strage del 28 maggio 1974.

È morto con il peso di non poter sapere. Lui, sempre voglioso di comunicare con gli altri. Lui, che delle parole centellinate ma dirette aveva fatto un Vangelo laico. Aveva 53 anni appena, 47 dei quali passati senza madre e con un padre anche lui ferroviere. Morto di leucemia e debilitato dall’assassinio di Luigi.
Di Luigi, Lorenzo non era semplicemente il fratello minore. A Luigi, Lorenzo tributava adorazione filiale. Dopo la sua morte, portò al collo la sua collanina d’oro, che tolse soltanto il giorno in cui discusse la tesi di Laurea in Sociologia.
Seppe dell’accaduto mentre era in riunione nella sede foggiana del Pci. Un amico, racconta, entrò gridando “Tuo fratello… I fascisti… La bomba”. Nel viaggio fino a Brescia, accompagnato da due insegnanti, dovettero iniettargli dei calmanti. Nel viaggio di ritorno, non disse una parola.

Lorenzo, dalla storia di Luigi, non ha tratto vantaggio. Non ha scritto libri, non ha partecipato a sceneggiature o stesure di copioni. I suoi riflettori sono stati gli occhi dei ragazzi; i suoi studi, le aule scolastiche.
Non ha lanciato alcuna Opa sui suoi diritti d’autore dell’anima. Al contrario, ne ha ricavato soltanto dolore, disillusione, bramosie di autopunizione. Si è interessato ai processi e, intanto, sentiva “crescere l’ipocrisia, le contraddizioni e i conflitti”. Lorenzo, nei frammezzi del lavoro, maturava sempre più la consapevolezza di vivere in uno stato inadeguatamente democratico.
Così si chiuse in se stesso, indurì il suo cuore, limitandolo in una gabbia inossidabile e dalle sbarre infrangibili. Si convinse che la strage di Brescia facesse parte di una precisa strategia messa in piedi per destabilizzare il sistema democratico. Ricercò e ritrovò la continuità fra Portella della Ginestra e Piazza della Loggia.

Eppure, visse per anni nel limbo conoscitivo. Il suo cuore indolenzito voleva una cura definitiva cercandola negli opposti: “Sapere tutto o cancellare tutto”. Di quel tutto, seppe poco. E quel poco gli è stato sottratto, liquefatto, sciolto nell’acido di una stanza di tribunale otto settimane prima della sua scomparsa dal palco della vita.

Lorenzo non era “un professionista della memoria”. Piuttosto, un passionale della verità. Non prese mai la ricerca come una sfida, né come una misera e squallida opportunità di emersione dalle nebbie dell’anonimato di un lavoro usurante. I chilometri e chilometri percorsi sui treni, talora solo con se stesso, a contatto con la strada e centinaia di responsabilità sul groppone e nelle mani, non impedirono che la bomba scoppiasse “anche nella mia anima”. La deflagrazione squarciò ogni residuo velo di normalità tipica di un ragazzo di 17 anni (tanti ne aveva il giorno della morte di Luigi).

In una delle ultime interviste rilasciate, affidò all’amica Katia Ricci il suo carico di sconforto accumulato in decenni di affannosa rincorsa del vero. Dissertando della sentenza novembrina, Lorenzo Pinto arrivò paradossalmente ad assolvere i giudici che, a loro volta, avevano assolto dalle responsabilità gli inquisiti della strage di Brescia. Con la sua scomparsa, Foggia si spoglia di un altro pezzo dell’armatura resistente, si priva di quell’afflato di libertà e di dolore che Lorenzo, a tratti, esprimeva. E, lasciando il mondo nel silenzio, ha prodotto l’ennesimo composto rumore. Come una bomba.

8 commenti su "“Una bomba è esplosa anche nella mia anima”"

  1. lorenzo pinto era un sociologo, laureato con tesi laurea sulle stragi di stato, con lode delal commissione, tesi di estremo interesse storico e politico che lorenzo mi diede la possibilità di leggere a suo tempo. era un ferroviere macchinista, stimato da tutti, ma come tutti, me compresa, tra capacità e comptenze acquisite e possbilità di spenderle opportunamente, c’è sempre di mezzo un mercato del lavoro iniquo, che premia chi sa leccare meglio e di più, ciao, anna

  2. lorenzo un compagno che lottava per la verita’ e la giustizia.Un uomo semplice,determinato.Lo ricordo con tanto affetto,andammo a cena insieme con il sindaco di brescia e il presidente delle vittime della strage dopo una iniziativa organizzata nel giorno dell’anniversario della strage di brescia dove perse la vita il fratello luigi,morto mentre partecipava ad una iniziativa sindacale della cgil contro l’antifascismo.Grande lorenzo ci mancherai,ma la sete di giustizia e verita’ per una strage impunita continuera per luigi ma anche per te.ciao

  3. . . .Lorenzo era un semplice; amava le cose semplici. Lorenzo viveva la sua gioventù spensierata (ma già duramente provata) quando una bomba la squarciò. Il destino volle che condividemmo la stessa esperienza. Ora dovrò continuare senza di lui ma so che lui sarà al mio fianco. E’ un grande vuoto da colmare. Con lui non c’era bisogno di parlare, ti capiva. Era un po’ lunatico, “aveva un carattere di merda” (tipica sua espressione), ma ce ne fossero come lui; lui che nonostante il suo dolore riusciva con un nonnulla a ridarti un sorriso; riusciva con una battuta ad aprirti gli occhi ed il cuore :” Era Speciale”. Quest’anno in Piazza della Loggia non potrò più riabbracciarti, ma so che tu sarai vicino a Noi come hai sempre fatto, perchè tu non ti fermerai, continuerai a darci la forza per continuare a cercare la “Verità”.

  4. Ero ragazzo,quel giorno del mese di Maggio anno 1974.
    Allora si lottava per l’italia,si lottava che noi giovani potevamo portare i capelli lunghi,le ragazze la minigonna,di vivere la vita diversamente di un mondo allora chiuso a tutto,impermeabile.Era un mondo di migliaia d’anni.

    Allora,i fascisti,i democristiani,avevano paura delle gambe scoperte delle donne,dell’amore,del sesso,avevano paura di un mondo bello.
    Noi giovani ragazzi che vivevamo nei paesi del sud,le donne che portavano lo sciallo nero in testa.Un mondo immobile,fermo,neanche il vento riusciva a cambiare la monotonia dei sguardi perduti.
    Allora le donne erano schiave,come i braccianti.
    I caporali aspettavano nelle piazze dei paesi,braccie da consumare nelle terre della pianura.
    Era un mondo allora,si gridava la voglia di vivere.I ragazzi e le ragazze di stare insieme,bere un bicchiere di vino in qualche cantina.Era una rivolta di una generazione,una generazione che guardava il presente,il futuro,di vivere la gioia della terra.
    I fascisti,i democristani,la chiesa,avevano paura del sesso.

    Prima di Brescia,ci fu il 12-3 maggio un referendum del divorzio.
    La chiesa,fascisti e democristiani schierati contro una legge che poteva servire a qualcuno,una legge per tutti.
    Cosi a Brescia quel giorno,mani fasciste portarono la morte dentro la piazza.

    Alcuni giorni dopo,ci fu il funerale di Luigi Pinto.

    Miglaia di ragazzi arrivarono da tutto il centrosud a Foggia per dare un abbraccio d’amore a un ragazzo come noi.

    Una bara,commozione,lacrime,dolore,grande dolore quel giorno,bandiere colorate sbattevano contro il vento caldo,parole che si alzavano verso il cielo,di poter parlare con il creato.

    Migliaia di persone,Un lungo corteo,sguardi tirati,tanta gente sui marciapiedi di Foggia
    I Foggiani guardavano questo lungo corteo che chiedeva giustizia.Una sola parola giustizia.
    Luigi Pinto e altre 7 persone non hanno mai avuto giustizia.

    Allora i fascisti erano contro la musica,i capelli lunghi,erano contro l’amore.Erano contro una generazione di giovani che sognavano la Luna,qualche Stella,qualche Spinello e il mare.

    Il tempo passa,ma quello che possiamo fare,di raccontare la vita,la gioia,che le forze della morte hanno cercato il sangue dei giovani.
    Addio Lorenzo tante stelle,stanno illuminando la strada per quel mondo che noi non conosciamo.Adesso potrai incontrare tuo fratello Luigi,tuo padre…
    Noi sulla terra cercheremo di non dimenticare Piazza della Loggia-Brescia.
    Buon Viaggio!

  5. Cari colleghi,compagni,la tragedia appena verificatasi (la scomparsa del macc.LORENZO PINTO)
    Ci porta bruscamente alla realta’ della durezza della vita ,ma ancor di piu’ ci
    Fa riflettere di quanto le persone,una volta che non ci sono piu’,
    lasciano dei vuoti incolmabili.
    Lorenzo oltre a essere un collega era un COMPAGNO,un amico e molto
    spesso un tramite tra colleghi e dirigenza – colleghi e sindacato ,esponendosi sempre in 1’persona,un Uomo che non dimenticava mai,
    come spesso facciamo quasi tutti ,i problemi delle altre persone (della so
    cieta’) anche non ferrovieri; anzi ci faceva notare che nonostante tutte le
    difficolta’della nostra categoria eravamo fortunati ad avere un lavoro,uno stipendio una pensione al contrario di altri ,soprattutto giovani,che avevano delle serie difficolta’a sbarcare il lunaraio, e potevamo cosi utilizzare il tempo per esprimere le nostre idee.
    Era una persona che cercava di tenere unita una categoria oramai ridotta
    al qualunquismo ,nessuno di noi puo’negare le mail che inviava ai macchinisti con l’invito a farle girare.
    Ci teneva informati delle linee sindacali,ci faceva partecipi delle sue idee,
    non giudicava mai,rifacendomi a una canzone di Rino Gaetano,mai niente e nessuno senza prima averlo visto o sentito.
    Penso che questa sia una grande strada che ci ha indicato, percio’ compagni ,colleghi perche’ il suo esempio non cada nel nulla continuiamo il suo lavoro ,siamo uniti scambiamoci informazioni,pensieri e soprattutto sentiamoci uniti come il nostro compagno Lorenzo ci sentiva.
    Concludo,penso,non sbagliando firmando questi pensieri non con un solo nome ma con: TUTTI I TUOI COMPAGNI MACCHINISTI
    e con una frase che tu dicevi sempre:
    GUAGLIU’ VI VOGLIO BENE

    Ciao Lorenzo

  6. La redazione ha voluto dedicare questi pensieri anche pensando a chi resta, non solo a chi va via.
    UN affettuoso abbraccio a voi macchinisti che, di Lorenzo, eravate un po’ la vita, il mondo la consolazione.
    P.F
    (red.stato)

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“Possiamo scoprire il significato della vita in tre diversi modi: 1. col compiere un proposito; 2. con lo sperimentare un valore; 3. con il soffrire.” VIKTOR EMIL FRANKL

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