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Bi-regalo ai Comuni: fondi per ‘Psi’, tagli nel 2011

AUTORE:
Giuseppe de Filippo
PUBBLICATO IL:
6 Gennaio 2010
Editoriali //

[1] d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali per i criteri relativi alle premialità
[2] Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano devono trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze un prospetto contenente la certificazione del Patto 2008 in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 667, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.[3] Il Patto di Stabilità Interno (PSI) nasce dall’esigenza di “convergenza” delle economie degli Stati membri della UE in relazione a determinati parametri; parametri “comuni a tutti” e condivisi a livello europeo in seno al Patto di stabilità e crescita e specificamente nel trattato di Maastricht (Indebitamento netto della PA/P.I.L. inferiore al 3% e rapporto Debito pubblico delle AA.PP./P.I.L. convergente verso il 60%). L’indebitamento netto della Pubblica Amministrazione (P.A.) costituisce, quindi, il parametro principale da controllare, ai fini del rispetto dei criteri di convergenza e la causa di formazione dello stock di debito. L’indebitamento netto è definito come il saldo fra entrate e spese finali, al netto delle operazioni finanziarie (riscossione e concessioni crediti, partecipazioni e conferimenti, anticipazioni), desunte dal conto economico della P.A (enti territoriali – regioni e enti locali)., preparato dall’ISTAT. Il Patto di Stabilità e Crescita ha fissato dunque i confini in termini di programmazione, risultati e azioni di risanamento all’interno dei quali i Paesi membri possono muoversi autonomamente. Nel corso degli anni, ciascuno dei Paesi membri della UE ha implementato internamente il Patto di Stabilità e Crescita seguendo criteri e regole proprie, in accordo con la normativa interna inerente la gestione delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. Dal 1999 ad oggi l’Italia ha formulato il proprio Patto di stabilità interno esprimendo gli obiettivi programmatici per gli enti territoriali ed i corrispondenti risultati ogni anno in modi differenti, alternando principalmente diverse configurazioni di saldi finanziari a misure sulla spesa per poi tornare agli stessi saldi. La definizione delle regole del patto di stabilità interno avviene durante la predisposizione ed approvazione della manovra di finanza pubblica; momento in cui si analizzano le previsioni sull’andamento della finanza pubblica e si decide l’entità delle misure correttive da porre in atto per l’anno successivo e la tipologia delle stesse.[4] Il Patto di stabilità e crescita (PSC) è un accordo stipulato dai paesi membri dell’Unione Europea, inerente il controllo delle rispettive politiche di bilancio, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione Economica e Monetaria europea (Eurozona). Esso si richiama agli articoli 99 e 104 del Trattato di Roma costitutivo della Comunità Economica Europea (così come modificato con il Trattato di Maastricht) e si attua attraverso il rafforzamento delle politiche di vigilanza sui deficit ed i debiti pubblici, nonché un particolare tipo di procedura di infrazione, la Procedura per Deficit Eccessivo (PDE), che ne costituisce il principale strumento. Come si legge nella relazione pubblicata sul sito della Commissione, infatti, «Il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) è la concreta risposta dell’UE alle preoccupazioni circa la continuità nel rigore di bilancio nell’Unione Economica e Monetaria (UEM). Stipulato nel 1997, il PSC ha rafforzato le disposizioni sulla disciplina fiscale nella UEM di cui agli articoli 99 e 104, ed è entrato in vigore con l’adozione dell’euro, il 1º gennaio 1999». In base al PSC, gli Stati membri che, soddisfacendo tutti i cosiddetti parametri di Maastricht, hanno deciso di adottare l’euro, devono continuare a rispettare nel tempo quelli di ordine fiscale, ossia: un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL; un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL (o, comunque, un debito pubblico che dia segnali di rientro). A tale scopo, il PSC ha implementato la PDE di cui all’articolo 104 del Trattato, la quale nello specifico consta di tre fasi: avvertimento, raccomandazione e sanzione. Se il deficit di un Paese membro si avvicina al tetto del 3% del PIL, la Commissione europea propone, ed il Consiglio dei Ministri europei in sede di Ecofin approva, un “avvertimento preventivo” (early warning), al quale segue una raccomandazione vera e propria in caso di superamento del tetto. Se a seguito della raccomandazione lo Stato interessato non adotta sufficienti misure correttive della propria politica di bilancio, esso viene sottoposto ad una sanzione che assume la forma di un deposito infruttifero, da convertire in ammenda dopo due anni di persistenza del deficit eccessivo. L’ammontare della sanzione presenta una componente fissa pari allo 0,2% del PIL ed una variabile pari ad 1/10 dello scostamento del disavanzo pubblico dalla soglia del 3%.

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